È morto Abdulah Sidran, il poeta che vegliò sull’assedio di Sarajevo: il ricordo dei suoi versi e delle sceneggiature per Kusturica

La sera del 23 marzo è morto Abdulah Sidran. Il suo, come quello di molte altre genti slave provenienti dalle campagne, è un cognome “aggiustato”, che si pronuncia nel modo in cui è più facile dirlo. Sirdan diventa Sidran.

Noi lo ricordiamo come il grande poeta bosniaco, lo sceneggiatore dei celebri film Ti ricordi di Dolly Bell? e Papà… è in viaggio d’affari, con cui Emir Kusturica vinse a Cannes e a Venezia. Chi lo ha conosciuto, letto, tradotto e seguito, ne ricorda allo stesso modo l’eccezionale umanità. Sidran era un osservatore degli altri: gli istanti di vita su cui si è soffermato, le sue intuizioni geniali, hanno sempre attinto al rapporto con il prossimo.

Fortunatamente in Italia molte poesie sono state rese note grazie al lavoro di traduzione di Silvio Ferrari e alla curatela Pietro del Giudice (primo tra tutti “Romanzo balcanico”, edito da Aliberti nel 2009). I suoi versi, anche quelli successivi all’orrore di Sarajevo – che sono stati recentemente pubblicati da L’amico ritrovato e appena presentati a Camogli – sono fughe verso impossibili isolamenti creativi e fanno i conti con una obbligatoria rinascita che non può dimenticare i richiami del passato.

Abdulah Sidran è morto nella sua città, Sarajevo. Quando Andrea Vezzali lo contattò, nel novembre del 2017, Sidran gli diede appuntamento presso la sua casa a Kosevo, poco distante dallo stadio che nel 1984 fu olimpico e che pochi anni dopo ospitò i morti della guerra. In quell’occasione lo scrittore, forse mosso da quel misto di pessimismo e realismo tipico dei bosniaci, disse che avrebbe voluto essere seppellito a Trieste, “nel cimitero acattolico”.

Invece Avdo – così lo chiamavano gli amici – se n’è andato nella sua Sarajevo, quella Sarajevo ombelico del mondo che ha sempre definito più Europa di Madrid, Parigi e Londra; quella Sarajevo di cui non è mai riuscito a fare a meno.

Se n’è andato, per ironia della sorte, il giorno dopo in cui la sua Bosnia tagliava un fondamentale traguardo per entrare nell’Unione Europea.

A Palazzo Ducale di Genova, nel 2012, Moni Ovadia declamò Perchè affonda Venezia: in quell’occasione abbiamo conosciuto per la prima volta Sidran, colui che aveva fatto il turno di notte con altri poeti durante l’assedio, l’uomo capace di raccontare con precisione come la guerra riesca ad uccidere anche coloro che pensano di esserle sopravvissuti.

Ecco, chiunque voglia cercare di comprendere qualcosa in più di quella terra a noi così complementare, e forse dell’Europa stessa, non può prescindere da questo grande poeta.

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