La Lega teme il rimpasto. Idea Meloni: Leo al Mef e Giorgetti in Europa

ROMA — Il silenzio di Palazzo Chigi, nelle ore di festa, avvolge tutto e conferma le indiscrezioni. Rafforza soprattutto i timori della Lega che vedono con incertezza la prospettiva del post-voto, in considerazione dei sondaggi che non premiano il Carroccio, e sono preoccupati dal rimpasto cui Giorgia Meloni sta pensando, come scritto ieri da Repubblica. I rapporti della premier con Matteo Salvini si sono di nuovo raffreddati, al di là della consuetudine degli auguri pasquali: pesano ancora le critiche di Marine Le Pen “veicolate” dalla convention di Identità e democrazia organizzata dal Carroccio a Roma.

Negli ambienti parlamentari della Lega molti ritengono, e sperano, che la presidente del Consiglio non alimenterà le tensioni con la vendetta costituita da un siluramento di ministri leghisti. Ma un ridimensionamento potrebbe passare anche dalla promozione di Giancarlo Giorgetti a commissario europeo. Indicando il ministro dell’Economia nell’esecutivo di Bruxelles, Meloni potrebbe lanciare sulla poltrona di via XX settembre il suo vice, Maurizio Leo, esponente di FdI.

La Lega sostanzialmente perderebbe un posto a favore del partito della premier. Giorgetti gode di ottimi rapporti in Europa, anche se non scalpita per fare il grande salto. E il favorito, per il ruolo di commissario, rimane il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, che però potrebbe essere “costretto” a restare nel governo per chiudere il Pnrr. Di certo, l’opzione di Giorgetti ai vertici Ue ricomporrebbe gli equilibri nel governo, destinati a mutare in caso di un calo elettorale della Lega suggerito dai sondaggi. Ancor più profondo potrebbe essere l’intervento di Meloni nella rappresentanza leghista se il calo del Carroccio dovesse avere il senso di un crollo, con la leadership di Salvini conseguentemente in discussione.

Dentro Forza Italia, al contrario, si attende una crescita dopo i buoni risultati delle Regionali in Abruzzo e Sardegna. Il segretario Antonio Tajani non sembra intenzionato a reclamare più spazio nel governo ma la richiesta di qualche modifica è già pronta: Alberto Granillo, manager del settore, potrebbe prendere il posto di Gilberto Pichetto Fratin all’Energia. Si libererebbe la casella della Pubblica amministrazione: fra i possibili nuovi ingressi forzisti quelli di Deborah Bergamini, neo vicepresidente del partito, o del capogruppo alla Camera Paolo Barelli, molto vicino a Tajani.

Di certo, Meloni dopo le Europee dovrà cambiare qualcosa, e non solo in superficie. La precipitazione politica della vicenda Santanchè, la ministra del Turismo alle prese con diverse inchieste giudiziarie, è ormai messa nel conto dalle parti di Palazzo Chigi. E l’esigenza di sostituire Santanchè va di pari passo con quella di trovare un altro ministro al posto di colui che — se non spuntasse un’ipotesi esterna — andrà a fare il commissario europeo. C’è poi il caso Nordio: il Guardasigilli è sempre più un corpo estraneo al governo. La sua permanenza nell’esecutivo è tutt’altro che scontata. Il problema è trovare un sostituto: l’unico che metterebbe tutti d’accordo sarebbe Alfredo Mantovano, che però oggi ha un ruolo centrale a Palazzo Chigi. E, quando arriverà il rimpasto, ci saranno altri movimenti: da tempo il titolare dello Sport, Andrea Abodi, chiede un altro incarico, e la cosa si farà con soddisfazione di entrambe le parti. Insomma, a breve sfumerà giocoforza un’ambiziosa promessa della premier: «Il governo non cambierà fino al termine della legislatura». Con l’avvertenza che sarebbe già stata rimarcata dal Quirinale: modifiche strutturali, e il turn over alla guida di ministeri di peso, comportano un nuovo passaggio dalle Camere. La vera apertura di una fase-due.

Condividi questo contenuto: