Europee, Picierno: “Penalizzate noi uscenti, le liste non sono l’Isola dei famosi”

ROMA – «Non posso accettare che siano marginalizzate le dirigenti del Pd e, più in generale, gli europarlamentari dem uscenti. Il “panino” si mangia al bar. Si può accettare di non essere candidati, non si può pretendere che si accettino formule vuote». Pina Picierno è la vice presidente dell’Europarlamento, l’unica italiana a rivestire un ruolo-chiave a Strasburgo. Non è una che le manda a dire. Sulle liste ipotizzate dalla segretaria Elly Schlein ha dato battaglia. Casertana, 42 anni ma una lunga militanza dem, dice di essere «dispiaciuta» per le liste bazar e il metodo da Isola dei famosi. Se ci fosse Schlein terza al Sud, potrebbe non esserci lei.

Picierno, lei è stata tra i primi a sollevare il problema della composizione delle liste del Pd per le europee. Cosa teme, la rottamazione degli uscenti?

«Noi eurodem siamo stati protagonisti di una legislatura importante e complessa, affrontando sfide epocali: dalla pandemia al Next generation Eu, all’aggressione cruenta dell’Ucraina da parte di Putin. Ci siamo mossi nel solco di David Sassoli, mostrando visione e autorevolezza. Nel gruppo S&D, di cui il Pd fa parte, siamo a Bruxelles un modello e punto di riferimento. Questo è un patrimonio che non va disperso».

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Quale è il problema, troppi esterni civici?

«Innanzitutto c’è un problema di metodo. Il nostro partito è democratico di nome e di fatto. Sono gli organismi dirigenti regionali e nazionali e i militanti a discutere e indicare le decisioni. Questa è una caratteristica a cui il Pd non può rinunciare per diventare il partito della donna o dell’uomo solo al comando. Io ho appreso la testa di lista della “mia” circoscrizione Sud da una trasmissione tv. La politica è una cosa seria, i nostri elettori non sono follower».

Lei si è sfogata: sembra l’Isola dei famosi.

«Si moltiplicano nomi, figure certo autorevoli. Il Pd ha sempre accolto indipendenti nelle sue file, ma è una anomalia sostituire il gruppo dirigente con esterni scelti come capolista. Soprattutto poi, se i nomi che circolano non rispecchiano la linea che il Pd si è dato in Italia e in Europa su questioni molto importanti, a cominciare dalla guerra in Ucraina».

Non vede di buon occhio l’ipotesi di candidare Marco Tarquinio e perché?

«Il Pd è con nettezza a sostegno di Kiev e per l’invio delle armi perché l’Ucraina è stata aggredita in un disegno egemonico di Putin che minaccia le nostre democrazie liberali. Il Pse nel suo programma ha scritto con nettezza che non può mancare il sostegno, anche militare, a Kiev. Nella prossima legislatura noi dovremo affrontare il nodo della politica di sicurezza e difesa comune, in un coordinamento con la Nato ma anche in modo complementare. Dovremo sostenere inoltre lo sviluppo delle industrie europee per la difesa».

E Tarquinio?

«Ne rispetto le convinzioni. Ma la domanda è: lui condivide il programma del Pse? Altrimenti diventa un caos. Tanto più, ripeto, perché andremo incontro a una legislatura costituente con la riforma dei trattati. Le liste del Pd non possono essere un bazar. Se però il problema di Schlein è che la linea tenuta finora non è giudicata convincente, allora bisogna dirlo esplicitamente e aprire una discussione. Non si può fare adottare un cambiamento di rotta politica al Pd attraverso le candidature».

Ma c’è un caso donne dem penalizzate o è una faccenda appunto politica?

«È una questione politica, dentro la quale c’è quella di genere. Il Pd ha fatto del femminismo il suo tratto identitario. Ora se solo donne esterne guideranno le liste (senza il giusto riconoscimento del lavoro svolto dalle uscenti) e ci sarà la segretaria in una ipotesi “panino”, sulla base del meccanismo delle preferenze, io per essere eletta dovrei invitare gli elettori a non votare la capolista o la segretaria. Le pare comprensibile?».

Schlein si deve candidare?

«Sono convinta che se ci si candida in Europa, poi si debba svolgere quella funzione. Certo come capolista sarebbe un valore aggiunto, ma come capolista».

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