È morto Amedeo Quondam, cavaliere delle lettere
Gentiluomini e moralisti di Ancien Régime, cortigiani e artisti della conversazione: lo spazio ideale in cui si incontrano è un campo di battaglia fatto di parole, scagliate come frecce per amor di dialettica e di conquista del senso. Pochi studiosi come Amedeo Quondam – scomparso ieri a ottant’anni – hanno, negli ultimi decenni, esplorato con tanta ostinazione e cura questo luogo simbolico in cui, fra Rinascimento e modernità, si è definita una certa “forma del vivere”. Il modello di una civiltà: il gentiluomo moderno come evoluzione dirozzata del cavaliere medievale. «I nostri umanisti-moralisti – chiarì in una intervista a Benedetta Craveri su queste pagine – riescono a convincere il guerriero che studiare le lettere non è disdicevole, anzi conveniente, come supremo ornamento del suo essere nobile e guerriero. Le lettere intese in senso lato: sapere leggere e scrivere, fare musica e danza, curare l’abbigliamento. Passare, insomma, dallo stato di natura allo stato di cultura».
Intorno alla pedagogia delle buone maniere e alla stella polare del Cortegiano di Baldassar Castiglione, Quondam ha elaborato una costellazione di testi, di attraversamenti critici, di riletture, che interrogano le stratificazioni, le articolazioni, le contraddizioni di un’identità che definiamo italiana, ben prima della nazione. Laureatosi nel 1966 con Walter Binni, di cui divenne assistente, ha insegnato a lungo alla Sapienza. L’impegno di filologo l’ha condotto qualche anno fa al compimento di un imponente lavoro sul Cortegiano, da autentico innamorato di questo grande libro europeo: d’altra parte, un maestro come Vittore Branca già nel 1978 citava Quondam fra i nuovi studiosi più attrezzati nell’indagine storico-ideologica-artistica dell’Europa delle corti. Ma gli interessi di Quondam spaziavano: dalla lunga fedeltà a Boccaccio («Non saprei dire quanti corsi universitari ho dedicato al Decameron in tanti decenni d’insegnamento, continuando a seguire da vicino le dinamiche degli studi boccacciani – un po’ troppo incartati – e sempre più persuadendomi che il Decamerone che facevo leggere agli studenti richiedesse altri strumenti e altre chiavi interpretative») agli studi sul Manierismo, sul Risorgimento in poesia, su De Sanctis. In uno dei suoi libri di natura extra-accademica più efficaci e vividi – Petrarca. L’italiano dimenticato (2004, Premio Viareggio) – prova a riscattare l’autore del Canzoniere da decenni e decenni di prevalenza dantesca. Pagine acute e a tratti aspre, con lo stesso tono acceso delle sue lezioni universitarie: severo e ironico Quondam, sempre pronto a sfidare i luoghi comuni più persistenti nelle tradizioni interpretative; critico-conversatore gentiluomo, allenato al rigore morale da un dialogo ininterrotto con le ombre di quegli antichi maestri.
Quondam sarà commemorato a Roma alla Sapienza sabato 6 Aprile alle 10 e 30 nell’Aula Magna della Facoltà Lettere e Filosofia
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