Angelo Galafati. Era un operaio edile, ma lavorava poco perché si era rifiutato di prendere la tessera fascista
Io sono Francesca Galafati, figlia del martire delle Fosse Ardeatine, Angelo Galafati, la nostra famiglia era composta di sette figli, cinque maschi e due femmine. Noi in famiglia in quel momento eravamo soltanto in quattro, noi tre figli piccoli e mia madre, perché gli altri fratelli grandi per fortuna non c’erano anche se i tedeschi li cercavano.
Io continuavo a fare avanti e indietro tra le case e loro sono stati tanto tempo appoggiati con le mani in alto perché i tedeschi cercavano per tutto il quartiere ragazze che si chiamavano Maria… le trovavano e le portavano lì davanti a quel piccoletto italiano col cappello, e lui diceva sempre di no. Questa cosa è andata avanti per molto tempo, poi ho saputo che cercavano Maria Baccante, l’operaia partigiana, perché frequentava la nostra casa. Ma non l’hanno trovata.
Dopo un bel po’ è venuto un camion di quelli coperti col telone, e io ho visto che hanno fatto salire tutti i prigionieri, incluso papà… io stavo lì, cercavo di vederlo, era davanti e vedevo un pezzo della sua giacca. Poi il camion è partito ed è sparito.
Che tipo di uomo era papà, cosa mi ricordo di lui? Era bravo, buono e molto affezionato a me anche perché ero la prima femmina dopo cinque figli maschi. E tante volte uscivamo insieme e lui si fermava un attimo all’osteria. Era sempre tanto amoroso e affettuoso e quando lo vedevamo da lontano io e mio fratello più piccolo di tre anni gli andavamo incontro e lui si metteva in ginocchio, con le braccia aperte, e ci prendeva in braccio tutti e due. Quando tornava il sabato e aveva finito il lavoro e io e mamma lo andavamo a prendere… e mamma si aggiustava tutta… lui di mestiere faceva il pontarolo, montava i ponteggi nei cantieri edili, lavorava ogni tanto ma per tanto tempo è rimasto disoccupato perché non aveva voluto prendere la tessera fascista.
Dopo l’irruzione in casa, era il 13 marzo del ’44, ci hanno detto che avevano portato papà a Regina Coeli e mamma lo andava a trovare per portargli il cambio. Ci andavo qualche volta anche io, e papà chiedeva di prendergli le sigarette che stavano in casa in un cassetto… ma non le abbiamo trovate. Quando siamo rientrati in casa abbiamo trovato tutti i cassetti aperti… si erano rubati tutto, incluso quel poco di oro delle comunioni e dei battesimi e anche le sue sigarette…
Il giorno dell’arresto successe anche che mentre stavano prendendo mio padre e gli altri, uscendo videro mio fratello di 14 anni e cominciarono a dargli schiaffoni in faccia urlando «dove stanno le armi? dove stanno le armi?» e mio fratello urlava di non saperne nulla… Dopo qualche giorno mia madre tornò da Regina Coeli piangendo, «hanno portato via papà», le avevano detto che lo avevano mandato a lavorare in Germania… Da quel momento non l’abbiamo più visto, né abbiamo saputo più niente anche se mia madre aveva qualche dubbio sul fatto che papà fosse in Germania perché i miei fratelli grandi spesso parlavano fra loro insieme a Maria e quando si avvicinava mia madre loro rimanevano in silenzio… Finché un giorno mia madre mi chiamò urlando e piangendo: «Franca! Franca! Papà non c’è più, non c’è più» e aveva visto mio fratello che tornava in bicicletta e che aveva un pacco in mano e l’aveva messo nel cassetto del comò. Poi è andato al lavoro e mia madre è andata a vedere cosa c’era nel pacco e ha trovato i vestiti di papà, un pezzo di camicia, un pezzo di pantaloni…
Insomma, mamma ha saputo della morte di papà quando ha trovato i suoi indumenti nel cassetto… i miei fratelli non le avevano voluto dire niente prima, nessuno aveva il coraggio di dirle la verità. A riconoscere il cadavere sono stati miei fratelli, e papà venne ritrovato senza testa, e quel pacco con i brandelli degli indumenti era stato dato ai miei fratelli dal professor Ascarelli…
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