“Bellagio” di Monica Savaresi, perdersi e ritrovarsi su quel ramo del Lago di Como
Ogni famiglia infelice è infelice a modo suo, anche se affonda le sue radici a Bellagio, la perla del Lario, un borgo incantevole incastonato sul Lago di Como. Ogni famiglia ha i suoi segreti, le sue bugie, i suoi non detti capaci di tingere di grigio anche un luogo di rara bellezza, meta turistica mondiale. «Bellagio, per lei, era grigia» recita l’incipit dell’esordio letterario di Monica Savaresi, Bellagio, pubblicato da Sem. Savaresi, affermata produttrice e manager del mondo dello spettacolo (tra i ruoli ricoperti quello di produttrice esecutiva di Zelig), scrive un romanzo che intreccia la Storia collettiva con le storie individuali, come sempre fanno le narrazioni più riuscite. Due piani temporali, il presente e la Bellagio della Seconda guerra mondiale; un grande albergo – il borgo ha una tradizione di hotel di lusso – che li tiene insieme; una storia d’amore che sfida le convenzioni sociali – siamo negli anni Trenta, lei è ricca e lui no – e il tempo. Ma la forza di Bellagio è anche la cifra autobiografica in controluce. Savaresi è nata sul Lago di Como, a Nesso, a una quindicina di chilometri da Bellagio, e proprio come Isabella, la protagonista del romanzo, sulla soglia dei cinquant’anni è tornata a casa, nel borgo che aveva lasciato per Milano. Isabella è spigolosa. La incontriamo per la prima volta al suo arrivo a Bellagio, mentre ondeggia pericolosamente per le stradine in salita carica di valigie.
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È sgradevole con chiunque le rivolga la parola, arrabbiata, pronta a scappare via non appena avrà risolto la grana della casa di famiglia, quella nella quale viveva il padre, morto poche settimane prima: «Non rimarrò qui per molto», dice a chiunque la incontri. La “figlia della terrona”, era così che la chiamavano da bambina in quel paradiso sul lago che per lei era un inferno: e anche per questo con la perla del Lario non ha mai fatto pace, anzi l’ha odiata, con l’intensità con la quale a volte si odiano le proprie radici. Ma quello che comincia come un breve e fastidioso viaggio per sbrigare incombenze burocratiche, si trasformerà in un percorso di rinascita. Isabella farà pace con se stessa. Esattamente come è accaduto a Savaresi che ha utilizzato gli strumenti della narrativa per scrivere una storia che parla, in fondo, a ciascuno di noi: quando smettiamo di essere figli? L’albergo – il maestoso Grand Hotel Royal Britannia – è l’espediente narrativo, riuscito (e perfetto per una serie tv), che tiene insieme la storia su più piani temporali. È nelle lussuose stanze del Britannia che nel 1938 si intrecciano i destini di Enrico e June.
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Ma cosa c’entra la sceneggiatrice di successo che ha chiesto prima del suo arrivo che tutte le cose del padre venissero stipate in uno stanzino, con il giovane che più di ottant’anni prima si è ritrovato per un caso a lavorare al Grand Hotel dove alloggiava la bella americana June con la sua famiglia? Per scoprirlo bisognerà immergersi nelle oltre 400 pagine del romanzo che restituiscono al borgo il suo ruolo nevralgico durante la guerra. Quell’albergo di lusso che Isabella guarda con sospetto perché le ricorda lo sguardo indecifrabile del padre che diventava malinconico quando ci passava davanti, ha molto a che fare con il suo passato. Ed è per salvarlo – quando Isabella arriva sta per essere demolito – che si metterà alla testa di una protesta. Un’esperienza che, prima ancora di restituirle la verità sulla sua famiglia, le regalerà il calore dell’umanità che aveva perduto in quella corsa a perdifiato per sfuggire alla sua vita. E al suo dolore, con il quale, ce lo insegna questa storia, tutti dobbiamo fare i conti.

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Salvare il Grand Hotel (lo salverà?) significherà provare a salvare se stessa. La strada che Isabella percorrerà passa dalla tenerezza della sua mano nella mano di un uomo che ha perso nel lago la giovane moglie con il figlio in grembo; passa per il desiderio che sente di nuovo fiorire guardando il fisico scolpito di un trentenne figlio di un amico, uno dei pochi dell’adolescenza; passa per Robert, inaspettato compagno di viaggio che incredibilmente, insieme a lei, si ritroverà a scoprire una storia, la sua, che non conosceva. La lacrima che solca il viso di Isabella quando si ritrova per caso davanti a una vecchia foto che ritrae una madre e un padre ormai perduti, è la via. Su quel ramo del Lago di Como, così come dovunque crediamo di essere stati infelici, si può imparare a perdonare e a perdonarsi.
Il libro
Bellagio di Monica Savaresi, Sem, pagg. 416, euro 19
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