Capire i ragazzi guardando la storia di Arsa
Il senso di solitudine e di isolamento così presente negli anni della modernità è stato raccontato nei suoi molteplici significati e nelle sue sfumature dai romanzi e dal cinema. Non può non venire in mente il romanzo giovanile di Dostoevskij Le notti bianche, il cui protagonista si aggira solitario nel silenzio notturno di San Pietroburgo in cui vive da otto anni e in cui, come lui stesso ammette, «non sono stato in grado di intrecciare quasi nessuna relazione». Da questo soggetto è stato tratto il film del 1957 diretto da Luchino Visconti, che lo ha ambientato a Livorno affidando il ruolo di protagonista a Marcello Mastroianni.
È Dostoevskij l’idolo dei ventenni
Ma il senso di solitudine ha anche riguardato i due grandi maestri della psicoanalisi, Freud e Jung. Il primo si è sentito solo e osteggiato dall’ambiente medico per le sue scoperte rivoluzionarie, il secondo ha attraversato un periodo di disperazione e di chiusura quando si è distaccato dal movimento psicoanalitico.
Ma per tornare all’oggi la solitudine e l’isolamento stanno contagiando il mondo dei giovani, come hanno documentato ricerche internazionali secondo cui, dal 2000 al 2018, si è verificato un aumento considerevole di stati di malessere psicologico e di ritiro sociale. Ed è stato inevitabile interrogarsi sul perché i giovani siano oggi così tormentati dal senso di solitudine.
Nel recente libro di Jonathan Haidt, La generazione ansiosa, si ipotizza che l’invasione degli smartphone ha condizionato negativamente il processo di maturazione, impoverendo la vita sociale vissuta in presenza.
Jonathan Haidt: “Restituiamo il gioco ai nostri figli”
È sotto gli occhi di tutti che questa dipendenza da Internet ha trasformato la vita e i ritmi quotidiani degli adolescenti, a cui si aggiungono anche i rapidi cambiamenti delle famiglie e dell’organizzazione sociale, che suscitano un senso di insicurezza nelle nuove generazioni. I cambiamenti sociali degli adolescenti sono stati così imprevedibili negli ultimi decenni da risultare difficili da studiare e interpretare sul piano psicologico e psicoanalitico, mentre il cinema e le serie televisive sono stati più in grado di entrare nelle pieghe della loro vita, svelando i mutamenti dei linguaggi e dei comportamenti delle nuove generazioni. Il successo sulla recente serie televisiva Adolescence è stato sorprendente, spiegabile con il bisogno degli adulti di comprendere quello che sta succedendo nel mondo degli adolescenti, che rimane spesso sotterraneo.
Una nuova finestra sulle esperienze di solitudine degli adolescenti che si ritirano dalla vita sociale ci viene offerta dal film Arsa del duo Masbedo. La protagonista giovanissima, Arsa, dallo sguardo intenso e profondo, vive da sola a Stromboli, in una zona selvaggia. Questa terra di Dio, come l’ha definita Roberto Rossellini nel film girato in questa isola, è lo scenario privilegiato della ricerca spirituale di Arsa che vuole ritrovare dentro di sé la figura del padre scultore che ha perduto. Pur vivendo sola, trascorre le sue giornate piene a stretto contatto con la natura e il mare, le cui meravigliose immagini cambiano continuamente ai suoi occhi e nei sogni. È un mare che l’attrae e che lei esplora, quasi alla ricerca di un significato profondo che rimane ancora inviolato. La figura del padre torna prepotentemente nelle sue fantasie e nei suoi sogni, quando rievoca i momenti di intimità vissuti durante l’infanzia, mentre lui si dedicava con passione alle sue sculture. È il mondo che Arsa vuol far rivivere all’interno di un serbatoio abbandonato divenuto il suo laboratorio, nel quale cerca di tradurre nel presente la magia creatrice paterna.
“Adolescence”, quella serie senza filtri che mette noi adulti di fronte ai nostri limiti
Pur vivendo sola Arsa osserva da lontano i piccoli gruppi di turisti sulla spiaggia e soprattutto tre ragazzi che passano le loro vacanze in una piccola casa non lontana. Uno di loro, Andrea, si sente attratto da Arsa come da un campo gravitazionale inconscio: anche lui sta cercando di ritrovare la figura paterna che ha perso e che non aveva mai apprezzato per la sua fragilità. È un incontro che li avvicina e li allontana, perché Arsa vuole proseguire nel suo percorso di introiezione della figura del padre, per farlo vivere dentro di sé. Quando si avvicinano riescono a riscoprire nelle profondità del mare una statua che emerge dalla sabbia e che cercheranno invano riportare in superficie, ma che alla fine viene riportata a galla dagli adulti. Il percorso si completa per entrambi, ritrovando la figura del padre che finalmente può tornare alla luce. Così loro potranno riprendere il cammino della loro vita.
“Adolescence”, il dubbio di non sapere chi è davvero tuo figlio
È una bellissima storia che ci ricorda il paradosso di cui ha parlato il grande psicoanalista inglese Donald Winnicott: quello di essere soli in presenza degli altri, ossia mantenere la propria individualità e il proprio mondo interiore senza farsi assorbire completamente dal gruppo dei coetanei.
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