“Come ne usciremo”: otto storie sul mondo che verrà
Non siamo soliti leggere la saggistica dell’anno 2040 ma forse dovremmo iniziare, nel 2025 distopico che corre. La mera cronaca delle prime settimane dell’anno rende complicato riconoscere il vero dal falso, distinguere gli oppressori dagli oppressi, le manifeste idiozie da idee sperimentali basate sui fatti. Già, quali fatti? La fiducia tra persone, istituzioni, mercati, viene demolita un post alla volta. Gli effetti di un decreto presidenziale sono pervasivi: un signore seduto a Washington fa una bizzarra firma su un pezzo di carta e dall’altra parte del mondo un’azienda fallisce, o un malato di Aids nel Sud Sudan non ha più le sue medicine salva-vita.
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Il rischio di soccombere all’ansia esiste. E se la storia, il passato, ciò che è già successo, non sembra proprio servirci da guida (purtroppo), forse è tempo di studiare il futuro. L’esperimento di un libro edito da Bompiani è avvincente: Come ne usciremo utilizza uno stratagemma narrativo per portarci al 2040, e propone una serie di letture su come saremo usciti da questa impasse globale, dai conti del nostro welfare che non tornano, dalle tensioni migratorie, dalle scintille militari per illudere di risolvere qualcosa, e ovviamente dalla crisi climatica. La prima buona notizia dal 2040 è dunque che ne usciremo. «Il mondo finisce ogni giorno», leggeremo nelle pagine finali, ma in qualche modo ogni giorno riparte.
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È quasi un esercizio leggere un libro dal futuro, e un libro che non è fantascienza né un romanzo. Ma è una sfida che rinfresca la mente, obbliga a utilizzare la propria immaginazione, a farsi una domanda dopo l’altra, e persino a riconoscere di non essere d’accordo con alcune previsioni, certo. Lo sguardo al futuro anteriore fa forse parte di una intima ricerca di questi tempi incerti: poche settimane fa l’inserto culturale del Financial Times ha fatto scrivere al premio Nobel per l’economia Daron Acemoglu un report dal 2050 per immaginare come il declino degli Stati Uniti sia (sarà? era?) iniziato con la seconda presidenza Trump, con i dazi imposti agli storici alleati, l’assenza di stabilità, la fine della fiducia.

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Il libro di Bompiani, curato da Fabio Deotto, è persino più ambizioso. La voce narrante costruisce una selezione di articoli a partire da un dialogo tra generazioni con il nipote nato negli anni Trenta. È un avvenimento salvifico nel 2040 a giustificare la raccolta di dispacci che spiegano appunto l’uscita (il “come” ne siamo usciti) dalla grande crisi.
L’articolo che apre la raccolta è datato 2037, lo firma Omar El Akkad, e ricostruisce la commissione intergovernativa che indaga sui crimini di shadowing, le tecniche adottate da vari paesi per smussare o omettere, dunque ignorare alcuni dati ufficiali. Per esempio le vittime di un conflitto, ma anche quelle di una crisi climatica, oppure dei migranti che provano ad attraversare un confine. Tutto questo sarà avvenuto e poi superato (le cose devono andare peggio prima di andare meglio, sembra suggerire il libro), fino alla nascita di questa commissione. L’articolo di Vincenzo Latronico è invece del 2031, un reportage dall’Agro Pontino dove i residenti sono in rivolta per il tentativo di comprare tutti i casolari da parte di una ex startupper berlinese. Sergio del Molino scrive di quando nel 2036 l’Europa in crisi deve tagliare i fondi per il programma Erasmus, Claudia Durastanti (nel 2034) del programma di esplosioni controllate che demolendo edifici incompiuti danno nuova vita alle aree interne italiane. E ancora il reportage dalla Nigeria di Chigozie Obioma nel 2033: le previsioni di banche e istituti internazionali sono state smentite e dopo la crescita il paese africano ha scoperto lo spopolamento. Francesca Coin, invece, riferisce della settimana corta a 32 ore introdotta nel 2031 dall’Unione europea («ciò che non poterono le rivoluzioni, poté il burnout»).
Ogni istantanea del libro è di fatto un’esplosione di segnali che possiamo già vedere ora. Incontriamo un’estate con picchi di calura a 50 gradi, la formalizzazione dei cittadini di serie B, senza diritti, che – volendo vederla – c’è già oggi. O un’improbabile stenografo al lavoro nel 2037, quando l’intelligenza artificiale avrà senza dubbio in mano funzioni del genere. Alcune soluzioni stonano perché assomigliano al passato. Nel 2028 un attentato a un candidato musulmano laico sveglia le coscienze della “classe media” (quale?) che deve «arrivare sull’orlo del precipizio» per «politicizzarsi e mobilitarsi». La protesta che ne segue, nel 2029 a Parigi, scade nel paragone con il 1968. Qui il gioco si ferma, perché per tanti il 1968 non significherà nulla, e comunque il futuro potrebbe persino sorprenderci, nel bene del male, e ignorare i fili del passato.
Il libro
Come ne usciremo, a cura di Fabio Deotto, Bompiani, pagg. 260, euro 19
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