Percival Everett: “Finalmente ho sconfitto la paura di non essere nessuno”
NEW YORK
«Un libro che non parla di niente, con protagonista nessuno. Lo ricordo vagamente: dimentico i miei libri subito dopo averli scritti. Il mio obiettivo è non sapere nulla e chi mi conosce sa che sono sulla buona strada». Percival Everett — autore di quel James che misurandosi col genio di Mark Twain e coi dilemmi morali del razzismo ha fatto letteralmente impazzire l’America — Spielberg sta per farne un film — è andato dritto al cuore della questione con Dottor No: il romanzo pubblicato negli Stati Uniti nel 2023 (e intitolato come il romanzo di Ian Fleming che ispirò il primo film della saga di 007, Licenza di uccidere) che ora approda in Italia il 2 settembre, edito da La nave di Teseo.
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Protagonista è il matematico Wala Kitu (nome che combina la parola “niente” in tagalog e in swahili), professore di “nulla” all’università. I suoi studi attraggono il miliardario John Sill, la cui aspirazione è «diventare un cattivo di James Bond», sorta di vendetta per l’uccisione del padre, testimone scomodo dell’assassinio di Martin Luther King.

Altro che niente. In una manciata di pagine si passa dal concetto di zero all’assassinio di Martin Luther King con lo stile di una spy story. Praticamente dal nulla al tutto…
«Ho provato a pulire la mente affrontando uno dei nodi più arcani della nostra civiltà. Inizialmente il concetto di zero esisteva solo nelle culture orientali: India, Cina, mondo arabo. Evocava una sorta di nulla primordiale, permettendo di svolgere pericolosi calcoli matematici. Dico pericolosi perché filosoficamente lo erano: lo zero ha una forza rivoluzionaria, capace di sconvolgere i fondamenti della logica. Invece, la cultura occidentale ha avuto a lungo paura dello zero, potenziale sovvertitore degli equilibri del mondo. Infatti, i greci avevano l’uno da cui derivava tutto. Mentre la cristianità temeva lo zero perché metteva in dubbio l’esistenza di Dio».
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Il libro è sorprendente, ma meno complesso di come lo sta descrivendo… O no?
«Amo la logica, la matematica, la filosofia. Ogni mio romanzo nasce dalla volontà di comprendere meglio un argomento che m’interessa. Cerco di esaurirlo con l’intreccio della trama. Ma quando finisco ho la netta sensazione di saperne meno di prima. Mi sento piacevolmente disilluso. Ho nuove domande e inizio a scrivere un’altra cosa. Lo faccio usando i mezzi narrativi che mi sembrano di volta in volta opportuni, cercandone ogni volta uno che vada oltre l’apparenza delle cose, la sequenzialità dei fatti. Questo libro affronta il nulla e il tutto: lo zero e l’assassinio di Martin Luther King perché odio le idee binarie. Vediamo le cose solo mettendole in opposizione. Se tutto avesse lo stesso valore, non comprenderemmo cosa accade».
Col definirsi “nessuno”, il protagonista sembra una sorta di Ulisse contemporaneo, sebbene navighi in tutt’altro mondo…
«Scrivendo ancora non lo sapevo, ma il romanzo è stato preparatorio a James che è una sorta di Odissea nell’America schiavista. Ma io resisto alle etichette. Sogno da sempre di scrivere un romanzo astratto — qualsiasi cosa significhi perché ancora non lo so — e quello che sempre mi guida è che cosa è davvero reale».
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A proposito di realtà: anche la University of Southern California dove lei insegna è nel mirino di Trump…
«L’amministrazione prende sempre più di mira le università, per impedire alla gente di avere un luogo dove esprimere pensiero critico e indignazione. A Los Angeles, dove vivo, l’atmosfera è pesantissima. Ci ritroviamo agenti dell’Ice all’angolo della strada di casa. Abbiamo amici che hanno paura a uscire. L’America si sta trasformando in un grande Stato di polizia. Non è solo orribile, è anche imbarazzante».
La creatività resta una forma di resistenza?
«Sicuramente. E cerco di insegnarlo ai miei studenti. È difficile motivarli in un’atmosfera così spaventosa. Ma dico loro — e anche a me stesso — che in momenti come questi possono nascere opere importanti. Picasso ha cambiato il mondo col suo sguardo su Guernica. Arte e cultura sono fonte di coraggio e stimolo. Finché c’è qualcosa che continua a farci pensare, nel mondo — anche lontano, anche se è qualcosa che non abbiamo mai visto di persona, letto o ascoltato — deve darci fiducia nel fatto che una resistenza è sempre possibile».
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Ha appena finito un nuovo libro. Parla di quest’epoca particolare?
«In qualche modo sì, ma, a modo mio. Nel frattempo, sto finendo la sceneggiatura di James, le cui riprese inizieranno nel 2026. Un lavoro noioso, perché, anziché inventare un nuovo mondo come accade quando scrivo un romanzo, devo rendere tridimensionale ogni sfumatura. Tutto va esplicitato. Non mi lamento, ma è meno divertente mettere tutto sotto controllo».
Che cosa farebbe Dottor No in questa situazione?
«Niente».
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