Percival Everett: “Il mio Pulitzer per resistere all’America che cancella la storia”

Il premio Pulitzer Percival Everett risponde da casa sua, in California. Alle sue spalle – appeso al muro – c’è uno strumento portoricano a dieci corde che si chiama cuatro. Poi ci sono un banjo, un violino, «ma sì, suono anche la chitarra». Oltre a dipingere: una mostra antologica dei suoi quadri sarà inaugurata per la prima volta in Italia il 12 giugno, all’interno della Milanesiana. Del fatto che il suo romanzo, James (La nave di Teseo), abbia vinto il Pulitzer per la narrativa subito dopo il Booker Prize, dice: «È fantastico, ma i premi sono quello che sono. Un gruppo di scrittori prende una decisione. Se si fossero incontrati un altro giorno, avrebbe vinto un altro libro».

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Ma stavolta ha vinto “James”, un romanzo che racconta la storia di Jim – di “Huckleberry Finn” – dandogli la voce che nell’opera di Mark Twain non ha. Raccontando di una presa di coscienza della schiavitù, e di una ribellione che nasce dalle parole. Crede ci sia una ragione, per questa vittoria?

«Probabile abbia avuto una certa risonanza con la cultura attuale. E di sicuro è stato un viaggio divertente, ma posso essere onesto?».

Deve.

«Sono un po’ stanco di questo libro. Non c’è niente di male nei premi, ho più lettori, è fantastico, ma adesso è al prossimo romanzo che penso».

Ammetterà che la “risonanza” di cui parla è cruciale in un tempo in cui – uso parole sue dello scorso novembre – «l’ignoranza e la stupidità sono state normalizzate e trasformate in valore».

«Questo momento negli Stati Uniti è piuttosto assurdo. Stiamo affrontando un’amministrazione che vorrebbe davvero cancellare la storia. Quindi qualsiasi libro sulla storia che entusiasmi i lettori, che li porti a discutere della realtà, penso sia grandioso. Ma non siamo una cultura della lettura. Probabilmente, in proporzione, non saranno molte le persone a leggere James. Ci sono 350 milioni di americani. Se anche solo un milione lo leggesse — e sarebbe una cifra fantastica e assurda — sarebbe una percentuale minima».

“James”, il libro di Percival Everett che riscrive Mark Twain

L’ultima volta che abbiamo parlato Trump non aveva ancora vinto. Mi disse di avere un po’ di speranza nei voti degli afroamericani, ma era molto preoccupato dalla volontà del potere di usare l’ignoranza delle persone per manipolarle.

«L’educazione è ciò che ci salverà, ma serve un governo interessato a istruire le persone. Di sicuro abbiamo un partito al potere, o almeno un’amministrazione, che trae vantaggio da una popolazione ignorante. Non vogliono che la gente vada all’università. Non vogliono che la gente pensi in modo critico. Di certo non vogliono che la gente conosca la storia in modo critico. Un tempo, la mobilità sociale in questa cultura dipendeva dall’istruzione. Ora dipende da altro. Anzi, l’abbiamo proprio eliminata. Una piccola percentuale di americani avrà ricchezza e fregherà tutti gli altri».

La sua vita è cambiata?

«Come potrebbe non esserlo? Abbiamo persone, che vivono fra noi, che sono in pericolo. Abbiamo visto cittadini americani deportati per errore, senza alcuna intenzione reale di riportarli indietro. Se anche solo uno di noi è a rischio, sì, le nostre vite sono cambiate. Abbiamo la polizia segreta. E se non riconosciamo questo fatto, allora diventeranno una presenza normale nella nostra società. E sappiamo dove porta tutto questo».

Al fascismo. È peggio di quanto si aspettasse?

«In un certo senso sì. Sono dei pagliacci al comando di un circo. Il problema è che stanno cercando di fare così tante cose contemporaneamente che ci vorrà una vita per riparare i danni. Spero solo che si tengano davvero le elezioni di metà mandato, così si potrà rimettere tutto in carreggiata. Ma non sono sicuro non trovino un modo di sovvertire anche quelle».

Ha mai avuto paura di scrivere o dire liberamente ciò che pensa? Anche gli scrittori possono diventare un bersaglio?

«Finora no. So perfettamente di rientrare nel profilo, ma non ho paura dei bulli. Che vengano. Non mi impressionano. E tanto vale smettere di scrivere, se devo farmi bloccare dalla paura».

Aveva anche previsto che Trump avrebbe peggiorato la situazione a Gaza?

«Vogliono l’acqua, vogliono il territorio. Era chiaro fin dall’inizio. E in qualche modo hanno convinto Trump che dopo il suo mandato, o forse anche durante, ne avrebbe tratto profitto economico. L’unica cosa che lo motiva. Chiamarlo ideologo sarebbe sbagliato. È solo un uomo egoista, non molto intelligente, ma purtroppo anche chi non è molto intelligente può avere successo».

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Cosa pensa dello scontro con università come Harvard, gli atenei hanno speranza di non soccombere a questa ribellione?

«Se restano unite, forse c’è una possibilità. La parte triste è che il nostro sistema giudiziario è corrotto. E non è chiaro se la Costituzione sia davvero la cosa a cui sono fedeli».

Crede che la letteratura possa diventare una forma di resistenza, come la scelta dei Pulitzer quest’anno sembra suggerire?

«Penso che l’arte sia resistenza, E la storia che mi ripeto per non deprimermi troppo è che il dipinto di Picasso, Guernica, ha cambiato il mondo illustrando il dolore e la sofferenza imposti da Franco agli spagnoli. Pochissime persone lo videro, eppure ebbe un effetto. Quindi devo almeno illudermi che sì, forse anch’io posso avere un effetto sul mondo».

Chi sono i suoi amici?

«Mi piace stare con gli artisti. Non direi la maggior parte, ma una buona parte dei miei amici sono musicisti, artisti, scrittori».

Ha pubblicato più di 30 libri. Dove trova ispirazione?

«Mi piace studiare. Trovo qualcosa, comincio a leggere e vengo risucchiato in un mondo che non conoscevo, o che devo riscoprire».

Quindi dalla lettura?

«E dall’esplorazione. Un romanzo, a esempio, mi ha portato a esplorare grotte. Entravo con il casco e la torcia. Mi bagnavo. Ho detto a un amico: “Non so perché continuo a entrare nelle grotte”, e lui mi ha dato un colpetto sulla testa e ha detto: “Stai lavorando a qualcosa”. E aveva ragione».

E il prossimo romanzo, da dove arriva?

«Sto per finirlo. Le mie ricerche sono iniziate dalla teoria musicale. Ho letto il libro di Schönberg sull’armonia e ho capito che non capivo molte cose. Quindi ho dovuto fare un passo indietro e rieducarmi. E questo mi ha portato al romanzo».

Il libro

James di Percival Everett ( La nave di Teseo, trad. A. Silvestri, pagg. 336, euro 20)

L’appuntamento

L’autore alla Milanesiana ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi: l’11 giugno al Volvo Studio di Milano (ore 21); il 12 giugno apre la sua mostra di pittura (qui un dipinto), Carlocinque Gallery, fino al 2 agosto

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