Storie di Storia / 78. NO! a Napoli Milionaria
Nel 2025 Napoli celebra i 2.500 anni dalla sua fondazione con una programmazione di iniziative culturali che si protrarrà nell’arco dei prossimi mesi, grazie alla collaborazione tra il Comune e oltre 80 enti, istituzioni culturali, università e realtà del territorio ma anche importanti centri internazionali. Il cartellone per il compleanno della metropoli si è aperto lo scorso 24 marzo al Teatro San Carlo di Napoli con la proiezione della versione Rai del 1962 di “Napoli milionaria!”, scritta e interpretata dal drammaturgo Eduardo De Filippo. Proprio il 25 marzo di 80 anni fa, con la Seconda guerra mondiale ancora in corso, il teatro napoletano tenne a battesimo la vicenda di Gennaro Jovine destinata a entrare nella storia italiana. Storie di Storia di Repubblica, celebra a suo modo Napoli millenaria con un saggio sul dramma di De Filippo scritto dalla storica e archivista Maria Procino, che per anni ha lavorato accanto a Eduardo e suo figlio Luca. Buona lettura.
LA STORIA
‘Napoli Milionaria!’ non va in scena
Nel 1955 Eduardo De Filippo viene invitato a Parigi per rappresentare l’Italia al prestigioso Festival international d’art dramatique a cui partecipano compagnie famose nel mondo che mettono in scena autori come Sean O’ Casey, Thorton Wilder, Bertold Brecht, Schnitzler. Eduardo prepara Napoli milionaria! che sta avendo un successo straordinario non solo in Italia; ma dal governo arriva non un vero e proprio veto ma un invito ad evitare la commedia. Per quale motivo? Cosa sta accadendo in Francia?
Nello stesso anno i primi giorni di marzo al Theatre des Arts a Parigi è andata in scena Poppi di Georges Sonnier con la regia di Pierre Valde. La produzione è dello stesso Theatre des Artes.
L’interprete maschile è Louis De Funès (Poppi) che insieme a Maryce Vallier (Jaconde sua moglie), Marie Blanca Vergne (Pola la figlia), Roger Saltel (Benito suo figlio che con l’arrivo degli Alleati cambierà il nome in Franklin), Bernard Revon (il figlio Beppo), Serge Netter (un soldato americano di colore), Jacques Thebault (l’altro figlio Vittorio Emanuele), danno vita a una storia che, se fa restare sbigottiti i critici francesi, fa indignare il governo italiano.
Questa la trama: siamo nel 1943 la famiglia Girgenti vive di espedienti, di imbrogli e della prostituzione della giovane Pola. Napoleon Janvier Girgenti detto Poppi è il capofamiglia: non sa più quanti figli ha 17 o 18 e, dal giorno del suo matrimonio, non si è più alzato dal letto se non per grandi occasioni senza perdere mai di vista il fiasco di vino che tiene accanto. La guerra ha immiserito anche moralmente questo nucleo che riesce a mantenersi grazie al lavoro della ragazza. Poppi sa che sua figlia si prostituisce ma non si ribella, anzi. La scenografia e i costumi di Dominique Gascuel rendono bene il degrado fisico in cui vive la famiglia, in qualche modo metafora del disorientamento etico provocato da un conflitto, con la decomposizione della dignità e di ogni valore. I Girgenti infatti abitano in un palazzo fatiscente che della sua antica bellezza non ha più nulla, la stanza è piena di oggetti, troneggia anche la statua di San Gennaro tra il finto marmo e le pareti sporche. Il santo dovrebbe proteggere il patriarca dal male che, per Poppi, è il lavoro.
Il manifesto creato da Paul Colin ritrae un De Funès stilizzato con barba e cappello portato al contrario sulla fronte, su un volto quasi anonimo. La prova generale per la stampa doveva esserci il 23 febbraio, rimandata poi di qualche settimana per un incidente occorso al protagonista, una distorsione grave che costringerà De Funès a recitare prevalentemente a letto. Nel programma la commedia viene descritta come una farce napolitaine et morale en trois actes e si ride con la grandezza tragicomica di De Funès, capace di esprimere la variegata gamma delle emozioni solo con una smorfia o un gesto. Tragico sì perché anche se nella sua carriera, non ha voluto interpretare personaggi drammatici nemmeno al cinema, in qualche modo trasmette l’amarezza dell’uomo, a volte sprovveduto a volte perverso, incapace di svincolarsi dalla volontà di sopravvivere a qualunque costo. E anche in questa pièce porta tutta la sua maestria interpretativa.
La grande attraction de Poppi est la création effectuée par Louis de Funès qui, après avoir excellé dans des silhouettes, déploie toute sa fantaisie dans un rôle de premier plan. Agité. Truculent, les mains papillonnantes, la paupière lourde de sommeil, il est d’un comique dont la force seerait encore bien plus grande si son metteur en scène, M. Pierre Valde, ne l’avait inexplicablement contraint à etre le seul à adopter l’accent napolitain au milieu de ses partenaires qui conservent le “bec parigot”.
L’opera di Sonnier, all’indomani della rappresentazione, viene stroncata dalla stampa: “Poppi est une erreur” – scrive il critico di «Le Parisien libéré» Georges Lerminier. Robert Kemp su «Le Monde»: “Mais le thèâtre est-il donc si malade qu’il faille jouer Poppi?”. E ancora: “Dans cette satire outrancière un Italian aurait le droit de voir une agression délibérée si tout dans cette pièce n’etait si gros si lourd si appuyé si excessif que rien n’y a plus aucune signification véritable” – tuona Paul Gor-deaux dalle pagine di «France-Soir». Non c’è per i critici alcun alibi sulla libertà dell’arte che possa difendere Poppi. Non si comprende l’offesa ai vicini, ai napoletani, che si nasconde dietro il titolo di fantaisie napolitaine. La capacità del popolo napoletano di cavarsela nei momenti più tragici, non può trasformarli in maniaci dell’incesto, non può trasformare in “proxénètes, le fils en virtuoses du marché noir et les filles en commercantes avisées de leurs charmes, il ya une marge que l’on hésite à franchir”, scrive su «Le Figaro» il 7 marzo Claude Baignères.
Nella prefazione di Poppi, il romanzo che Sonnier scrive nel 1957 tratto dalla commedia, l’autore prende le distanze da quello che definisce “l’affaire Poppi”, affermando che la sua opera non vuole offendere Napoli, come del resto: “Volpone, par exemple, ne fut une aggression contre Venise”. Sonnier precisa che ha chiesto a Napoli: “qu’un peu de son soleil pour dorer la misère de mes personnages, un air de mandoline pour l’égayer, et quelque chose de cette insouciance qui y fait la pauvreté moins pauvre qu’ailleurs et l’immoralité elle-méme innocente”. Non si rende conto di offrire della città proprio quell’immagine ricca di cliché che il “laurismo” in quel momento diffonde, mentre Eduardo De Filippo ne prende chiaramente le distanze. In Italia Lucio Ridenti sulla rivista «Il Dramma» ricorda che De Funès aveva dichiarato che per interpretare il personaggio era stato in Italia, studiando l’accento di Augusto Genina e le espressioni di Gino Cervi, informandosi sui napoletani ma senza essere mai stato nella città.
Certo il tema dell’opera non è distante dalla realtà che verrà poi descritta analizzata da storici e scrittori, nonostante un processo di rimozione trasversale che ha cercato di cancellare le violenze, gli stupri, la prostituzione, la fame, conseguenze drammatiche per una popolazione a qualsiasi latitudine, quando è costretta a subire una guerra.
La gente cerca di rubare […]. Le donne sono talvolta costrette ad andare a letto con i soldati […]. Gli uomini parlano con amarezza di quella che chiamano la prostituzione istituzionalizzata delle loro donne, eppure molti genitori mandano le figlie per strada di modo che la famiglia possa avere di che mangiare.
La radice del nome Poppi genera riflessioni pensando ad esempio alla parola inglese pimp che indica il pappone, il protettore. Poppi è descritto come un uomo magro con capelli folti e corti che si vanta di essere “l’ultimo dei lazzaroni” e di essere protetto dal suo San Gennaro che “lo illumina” e al quale si rivolge spesso:
Mon bon Saint-Janvier je vous remercie foutrement de m’avoir fait tout comme vous bon e sans malice. Naturellement je sais qu’il y aurait bien à redire sur votre tutélaire activité, vu que pour être heureux il nous manque encore pas mal de petites choses e que ça pourrait aussi aller plus mal de petites choses et que ça pourrait aussi aller plus mal.
Poppi resta una opera goffa che suscita risate in una parte del pubblico ma anche irritazione, imbarazzo, provocando non solo la protesta di artisti e intellettuali, ma perfino l’intervento dell’ambasciata italiana in Francia. Tutto questo influisce sulla decisione di Eduardo di portare al festival Napoli milionaria! scritta dieci anni prima.
Come è nata la commedia? Nel 1944 la situazione in Italia è drammatica: i De Filippo riescono a raggiungere Napoli con mezzi di fortuna. Scrive Eduardo all’indomani del suo ritorno:
ho trovato tutto cambiato. La miseria s’era fatta ricchezza, chi trafficava con i chicchi di caffè era diventato padrone di camions niente più gente malvestita e affamata, tutti parevano impazziti, le Am-lire circolavano come acqua, la borsa nera dilagava, sulle rovine si ballava e si banchettava, tutti milionari.
I primi artisti che si interrogano su quanto era accaduto e stava accadendo sono, nel cinema Roberto Rossellini con Roma città aperta e in teatro Eduardo con Napoli Milionaria! La commedia era stata scritta tra metà febbraio e metà marzo del 1945 e messa in scena quando ancora non era del tutto terminata, come racconta l’autore all’amico Paolo Ricci anche se il giorno non fu il 31 ma il 25:
Con Peppino abbiamo terminato le nostre recite al Vomero nel dicembre 44. Napoli Milionaria fu scritta fra la metà di febbraio e la metà di marzo del 45, fu provata in 6 giorni e andò in scena al San Carlo alle ore 10 del 31 marzo 1945. A quel tempo ero pieno di preoccupazioni e mi mancava ogni opportunità di trattenermi con gli amici, difatti non vi fu lettura del copione né con te né con gli altri!
In teatro Peppino decide di intraprendere un’altra strada, mentre Titina e Eduardo restano insieme. Eduardo legge il lavoro a sua sorella nell’appartamento che oggi ospita la Fondazione Eduardo De Filippo; lo modifica sul palcoscenico del San Carlo dove la compagnia prova anche di notte; cancella, aggiunge battute; il copione conservato nel fondo De Filippo all’Archivio contemporaneo del Gabinetto Vieusseux, lo conferma:
Le pagine, dopo il numero 12, fino alla fine della commedia non corrispondono alla versione definitiva, in quanto essa fu elaborata durante le prove. Le prove furono nove (poche in verità) e una generale alle sei del mattino, al teatro San Carlo, prima dell’andata in scena alle ore 10 (dieci) della stessa mattinata! E le sei prove si svolsero in casa di Titina mia sorella perché i teatri erano tutti requisiti dagli “alleati”.
Tra i vari organismi alleati in Italia lo Psychological Warfare Branch è responsabile della propaganda per tutto il settore del Mediterraneo. L’’ufficio, coordinato dall’OWI (Office of War Information), controlla stampa, radio, teatro, cinema. Viene concessa a Eduardo la possibilità di rappresentare Napoli milionaria! al San Carlo teatro agibile nelle mani alleate. È il momento in cui i compromessi, gli accordi si stanno concludendo determinando il futuro assetto del Paese, come il regista Francesco Rosi ha ben individuato e narrato nel film Lucky Luciano. Il 25 marzo 1945 si apre il sipario sul basso di don Gennaro e donna Amalia. È una matinée: Eduardo devolve l’incasso ai bambini poveri della città.
Ottenni il “San Carlo” per una sera. I professori per assistere allo spettacolo, si erano infilati nel golfo mistico. “vedrete che ci diffamerà”, pensava qualcuno allamato dal titolo […] Arrivai al terzo atto con sgomento. Recitavo e sentivo attorno a me un silenzio assoluto, terribile. Quando dissi l’ultima battuta […] ci fu un silenzio ancora, per otto, dieci secondi, poi scoppiò un applauso furioso, e anche un pianto irrefrenabile, tutti avevano in mano un fazzoletto, gli orchestrali del golfo mistico che si erano alzati in piedi, i macchinisti che avevano invaso la scena, il pubblico che era salito sul palco, tutti piangevano e anch’io piangevo, e piangeva Raffaele Viviani che era corso ad abbracciarmi. Io avevo detto il dolore di tutti.
Il drammaturgo partenopeo non considera avvenimenti particolari e questo gli permette di svincolarsi dalla cronaca, per poter fare della commedia il racconto di una intera umanità persa, spaventata, per certi versi, moralmente allo sbando, ma anche con la voglia di ricominciare. Trasforma Napoli in un simbolo che travalica spazio e tempo per diventare metafora universale. “La commedia, non nel fatto specifico, ma in genere, vuol significare la società, la nostra società”.
Nell’opera nessuno è assolto: nè Amalia, né gli abitanti del vicolo, nemmeno Gennaro Jovine che smette di parlare solo per sé e diventa il narratore dell’umanità intera che si riconosce in lui. Gennaro si protegge nascosto nel suo tramezzo “costruito con materiali di fortuna”, dove dorme distante da tutti. Tornato dalla guerra promette allo spettatore il cambiamento etico e morale dopo aver vissuto l’orrore; eppure di nuovo si separerà dalla famiglia, dalle responsabilità, chiedendo di ricostruire il suo tramezzo, il suo “Palazzo delle Illusioni”.
A ben guardare è il ragioniere Riccardo Spasiano, che modifica la storia, eppure Eduardo non guarda nemmeno lui con occhi benevoli: è la rappresentazione dell’intellettuale che ha già perso, quando non saprà rispondere alle domande incalzanti degli abitanti del vicolo e di Gennaro che commenterà: Signurì ma vuie nun sapite niente.
Come in Poppi anche qui verrà affrontata la prostituzione ma con ben altro spessore.
Sonnier fa dire a Poppi che Pola lo nutre con il sudore della sua fronte; non capisce la sua protesta e ne discute con la moglie: Trop d’Américains! – Tu te rends compte? Trop de nègres surtout. Et elle se plaint! Au lieu de se réjouir en pensant à ceux qui chôment. […] les jeunes générations ne valent pas le nôtre.
Eduardo attraverso le parole di Gennaro chiede allo spettatore pietà: A prostituzione? Embe’, brigadie’… E ‘a guerra nun porta ‘a miseria? E ‘a miseria nun porta ‘a famma? E ‘a famma che porta?
Anche il letto un oggetto particolare e fondamentale ha una valenza diversa nelle due opere. Nella scenografia del lavoro francese si trova al centro della scena, assume un ruolo evidente per la presenza di De Funès che pare trasformarsi quasi in una protuberanza dell’oggetto e connota il personaggio di indifferenza e amoralità, lontano da ogni capacità di empatia e solidarietà. Nell’opera italiana è un silenzioso ed imperante soggetto: messo al lato a sinistra, è diventato un contenitore quasi blasfemo, testimone partecipe della rovina del nucleo familiare, della coesione sociale. A Parigi al Festival d’art dramatique Eduardo, pur raggiunto dall’eco dell’opera di Sonnier, decide di presentare Napoli milionaria! ed è Jean Darcante direttore del Thèâtre de la Renaissance a suggerirglielo, dopo averne parlato con Julien:
Il m’a dit sa joie de t’avoir […]. Toi seul, naturellement, décidera de ce qu’il te plait d’amener à Paris mais, au cours de notre conversation, et en tenant compte des désirs spontaneès qu’exprimaient les gens autour de nous, il semble que deux pièces excitent beaucoup la curiositè Parisienne: Naples Millionnaire et Les Fantasmes.
Eduardo scrive a Nicola De Pirro direttore generale dello spettacolo proponendo quindi la commedia alla Presidenza del consiglio, attraverso il Sottosegretariato. La vicenda Poppi però riesce ad influenzare le decisioni: De Pirro infatti lo invita a scegliere un altro titolo.
Al riguardo, penso che potresti orientarti su Questi fantasmi nonché su Natale in casa Cupiello o su Non ti pago. Nella scelta tralascerei Napoli milionaria non per la validità e la popolarità del testo sulle quali non vi possono essere dubbi di sorta, ma in considerazione delle impressioni che ho riportato recentemente a Parigi dopo le vive reazioni suscitate dalla rappresentazione di Poppi commedia che, pur non avendo nulla a che fare con Napoli milionaria, ricalca tuttavia con cattiveria situazioni ed ambienti che, sia pure con altri intendimenti, appaiono nella tua commedia.
Eduardo obtorto collo opterà per Questi fantasmi che va in scena il 7 giugno al Thèâtre Sarah Bernhardt. L’amministratore Guido Argeri in una lettera informerà Julien: “Lo spectacle choisi en accord avec nos autorités est Questi fantasmi”. Il 5 aprile Eduardo stesso avvisa il direttore della SIAE Ciampi: “Circa il programma abbiamo convenuto con l’amico De Pirro che la commedia ufficiale sarà per noi Questi fantasmi, e che terremo in riserva, se fosse necessario, Non ti pago! Così avremo ogni possibilità di ricondurre al giusto livello le relazioni culturali italo-francesi, come desiderio di tutti”. Rivela a Paolo Ricci: “Per l’Italia è stata invitata la mia Compagnia con l’opera Napoli milionaria, ma io dovrò dare Questi fantasmi, perché il governo italiano mi ha impedito di rappresentare la mia più cara commedia del dopoguerra”. Spiega Ricci nell’articolo:
“hanno risposto di non considerare consigliabile la messa in scena di quella commedia dopo lo scandalo di quella farsaccia qualunquista di Georges Sommier [sic] intitolata Poppi. Si tratta di una misera contraffazione di Napoli milionaria e di un gratuito affronto allo spirito di sacrificio, al patriottismo e al buon senso del popolo napoletano. […] quale doveva essere allora, l’interesse nostro, dell’Italia? Quello evidentemente, di permettere, attraverso la commedia di Eduardo, la conoscenza del vero volto di Napoli, del suo profondo desiderio di liberarsi dai pregiudizi plebei”.
Continua l’attore: “Capisci? Quale occasione migliore per dare una lezione a coloro i quali, come l’autore di Poppi, sostengono che Napoli è una città corrotta e incapace?”.
Eduardo non si arrende e, nell’ambito del festival che organizza anche un ciclo di proiezioni cinematografiche, arriva il film Napoli milionaria “e questa volta il nostro governo non me lo potrà proibire, perché il film è stato già proiettato in Francia, col successo che tutti sanno”. Il cinema supera l’impasse governativo.
Perché Napoli milionaria – spiega Eduardo – è una pagina di storia della mia città. Perché essa poteva apparire, all’estero, come una opera più larga e rappresentativa. Perché, infine, proprio Napoli milionaria (il film) era servita agli stessi francesi per denunciare l’inconsistenza, la falsità, la inumanità dei ritratti napoletani presentati dal loro compatriota Georges Sonnier in Poppi.
Poppi dal 21 aprile 1955 verrà dimenticata, non così Napoli milionaria! che continua a raccontare quanto una guerra porti orrore e distruzione non solo fisica.
Negli anni Cinquanta Eduardo De Filippo parteciperà alle manifestazioni per la pace: “Io lo dico sempre. Quella non è finita, non la vogliono far finire: leggi i giornali, apri la radio, non parlano d’altro! Si parla più oggi di guerra che quando c’era la guerra”. Nel 1977 propone al Festival di Spoleto una Napoli milionaria diversa dove la celebre battuta: Ha da passa’ ’a nuttata viene eliminata. Sono gli anni percorsi da atrocità: la dittatura in Spagna, i sequestri di persona, le stragi. Eduardo non può restare estraneo agli avvenimenti. Se Ha da passà a nuttata è certo la battuta più famosa, oggi forse la battuta focus è La guerra non è finita non è una guerra che finisce questa. Lo stesso allarme che Primo Levi metterà sulla bocca di uno dei personaggi del libro La tregua: La guerra è sempre. E su questo forse dovremmo meditare, senza rifugiarci oltre il tramezzo dell’indifferenza e della rassegnazione e guardando ai ragazzi come faceva Eduardo:
hanno lasciato a terra […] lembi della loro carne, della loro giovinezza, si sono smarriti, si sono perduti, si sono drogati, sono finiti male: e questi non sono vittime della guerra? Che cosa sono? C’è una gran parte dei giovani però che ha preso coscienza e oggi non gliela raccontano più, perché le generazioni non si susseguono più ogni vent’anni, ogni trent’anni, ma ogni cinque cambia la generazione […] in cinque anni cambia tutto, […] vengono su i ragazzi di 11, 15, 14, 16 anni che capiscono, che prendono coscienza e cambieranno il mondo.
(*) Laureata in Lettere, e laureata in Scienze archivistiche, dottore di ricerca, storica e archivista storica, studiosa di diaristica e di archivi di personalità della cultura dello spettacolo, da giovanissima ha lavorato con la compagnia Il Teatro di Eduardo e più tardi come assistente di Luca De Filippo nella Compagnia di teatro di Luca De Filippo. È impegnata in progetti di recupero riordino e valorizzazione di archivi di donne e di personalità artistiche, ha partecipato con università e centri studio a ricerche e guide alle fonti con vari interventi in campo archivistico, nel settore della ricerca scientifica e culturale. Ha collaborato con il regista Francesco Rosi e per il Museo nazionale del cinema di Torino si è occupata del riordino dei fondi di Francesco Rosi, Elio Petri e Gian Maria Volonté, Carla Gravina. Ha collaborato con il DBI (Dizionario biografico degli Italiani) Treccani, alla redazione di voci relative ad attori ed attrici dell’Ottocento e del Novecento. Ha partecipato alla realizzazione del Portale per gli archivi della scienza creato dall’Accademia nazionale delle scienze detta dei XL e dal Museo nazionale scienza e tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.Collabora con la Fondazione Eduardo De Filippo come consulente storico-artistica. È stata cosceneggiatrice del documentario Il nostro Eduardo regia di Didi Gnocchi e ha partecipato alla realizzazione del documentario Citizen Rosi regia di Carolina Rosi e Didi Gnocchi.
LA FRASE
«Poche settimane dopo la liberazione mi affacciai al balcone della mia casa di Parco Grifeo, e detti uno sguardo al panorama di questa città martoriata: allora mi venne in mente in embrione la commedia e la scrissi tutto d’un fiato, come un lungo articolo sulla guerra e sulle sue deleterie conseguenze».
(Eduardo De Filippo)
SEGNALAZIONI
Libri: Napoli milionaria, Eduardo De Filippo, Collezione di teatro, Einaudi editore, 1964
Eduardo dietro le quinte. Un impresario capocomico attraverso cinquant’anni di leggi, sovvenzioni e censura, di Maria Procino, 1920-1970, Roma, Bulzoni, 2003
La commedia: Napoli milionaria, 1962 Italia 122 min, Rai Play
Regia: Eduardo De Filippo. Interpreti: Eduardo De Filippo, Regina Bianchi, Antonio Casagrande, Elena Tilena, Carlo Lima, Pietro Carloni, Nina De Padova, Angela Pagano.
Napoli, 1942. Sotto le bombe della guerra, Gennaro Jovine e la sua famiglia vivono in un basso e sbarcano il lunario con la borsa nera. Per salvare la sua famiglia, durante un’ispezione, l’uomo si finge morto ma la messinscena non va a buon fine per l’infuriare di un bombardamento.
La Fondazione: Fondazione Eduardo De Filippo
Costituita a Napoli il 19 giugno 2008. Nata per volontà di Luca De Filippo e del Comune di Napoli e con la successiva adesione della Regione Campania, la sua missione è la promozione di ogni iniziativa volta a favorire la salvaguardia ed il recupero del teatro della tradizione napoletana e lo sviluppo del teatro contemporaneo.
Palazzo Scarpetta, Via Vittoria Colonna, 4, 80121 Napoli – Telefono: 081 218 9577
I Luoghi: Real Teatro di San Carlo, anche noto come Teatro San Carlo, è il teatro lirico di Napoli.
Fondato nel 1737, è il più antico teatro d’opera del mondo ad essere tuttora attivo, primo teatro italiano ad istituire una scuola per la danza; anticipa di 41 anni il Teatro alla Scala di Milano e di 55 anni il Teatro La Fenice di Venezia. In origine, poteva ospitare 3285 spettatori, poi ridotti a 1386 in seguito alle normative sulla sicurezza. Conta una vasta platea (22×28×23 m), cinque ordini di palchi disposti a ferro di cavallo più un ampio palco reale, un loggione ed un palcoscenico (34×33 m).
«Gli occhi sono abbagliati, l’anima rapita. […] Non c’è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea.»
(Stendhal, Roma, Napoli e Firenze nel 1817)
Via San Carlo, 98, 80132 Napoli – Telefono: 081 797 2331
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