Tony Gentile: “Il mio Enzo Sellerio, maestro mancato per colpa del mio carattere”
Se c’è una cosa che non mi perdonerò mai è di aver avuto un brutto carattere quando ero giovane. Troppo timido e forse anche troppo orgoglioso. Troppo timido per avvicinare i grandi reporter siciliani che avevano scritto pagine importanti della storia della fotografia, troppo orgoglioso da ritenere che la mia carriera poteva trovare la sua strada anche senza l’appoggio di nessuno di loro. Forse proprio per questo ho perso l’opportunità di conoscere persone straordinarie che sicuramente avrebbero potuto contribuire, ciascuna a suo modo, alla mia crescita umana, più che professionale.
I nomi sono noti e molti di loro li ho poi conosciuti soltanto quando la mia carriera era quasi finita. Uno invece non ho mai avuto l’onore di conoscerlo, Enzo Sellerio.Certamente da ragazzo conoscevo i lavori più noti di Sellerio, immagini che erano entrate nel mito e che inevitabilmente ispiravano un giovane apprendista fotografo come ero io a metà degli anni Ottanta. Io nel 1989 intraprendevo ufficialmente la mia strada di fotoreporter mentre Enzo riteneva la sua carriera ufficialmente conclusa. Quasi un passaggio di testimone mai realmente afferrato.
La meraviglia irripetibile dei fanciulli fotografati da Enzo Sellerio. Oggi i bambini sono ritratti dai genitori ma sembrano animali ammaestrati
Come è possibile che in più di 20 anni non ci siamo mai incrociati? Perché non ho cercato di conoscerlo? Forse per via del suo carattere, che alcuni amici mi riferivano burbero, sicuramente perché non mi ritenevo alla sua altezza, neanche degno di fargli vedere le mie foto. E poi, perché avrebbe dovuto guardare i miei lavori? Ero troppo lontano dalla grandezza delle sue fotografie. A distanza però l’ho conosciuto grazie soprattutto ai racconti di un amico che invece ha avuto la fortuna di frequentarlo e di lavorare con lui a stretto contatto, mettendo le mani nel suo straordinario archivio, non solo quello fotografico ma soprattutto quello dei documenti e delle esperienze. Il mio amico si chiama Giuseppe Prode.
Giuseppe ha curato la prima grande antologica di Enzo Sellerio che si è tenuta ai Cantieri Culturali alla Zisa a Palermo nel marzo del 2000. È stato forse tra i pochissimi privilegiati a frugare nel suo importante archivio fotografico selezionando un ingente numero di fotografie che ne definirono sempre di più il grande valore di narratore per immagini. Ma soprattutto ebbe modo di scoprire le importanti relazioni internazionali che intratteneva sia come fotografo che come editore.
“Non ricordo se ho conosciuto prima le sue fotografie e poi i suoi libri come editore, ma poco importa – ricorda Prode – Ciò che so è che quando mi avvicinai a lui si aprì un mondo fatto di scoperte, un uomo fuori dal comune con una storia incredibile dietro un carattere non semplice. Mi occupavo di fotografia da anni – partii da dietro le quinte, gli archivi – e questo mi aiutò moltissimo; nessuno si avvicinava a lui da tempo, giravano le solite fotografie ma mai una ricerca profonda nel suo archivio e dietro mia insistenza iniziammo. Una immagine che mi colpì fin da subito: era uno scatto a un Robert Rauschenberg giovane (ricorre il centenario della nascita quest’anno), durante una performance al Village a New York: lui che emerge dal buio, era il 1965. E di quel periodo altro con Tomi Ungerer, Virgil Tompson, Hugh Masakela e poi Manuel Gasser – storico direttore della rivista d’arte svizzera DU, che annoverava tra i suoi più assidui collaboratori fotografi del calibro di Henri Cartier-Bresson, Werner Bischof e Réne Burri – che conobbe lui le sue fotografie e gli dedicò due numeri monografici. Questo era il mondo che non solo frequentava ma del quale faceva parte. Quando ebbi più confidenza, chiesi a Enzo perché – secondo lui – la fotografia lo avesse dimenticato. Ma lui era già avanti con i suoi progetti e con sua moglie Elvira ci regalò una visione: edizione ESSE prima, Sellerio Editore poi. Insieme cambiarono il corso dell’editoria in Italia restando sempre nella città che ha sempre amato, Palermo”
Tanti intellettuali ha conosciuto e frequentato Enzo Sellerio e tra questi c’è anche Goffredo Fofi. Fu lui stesso a raccontarmi di averlo conosciuto attraverso un servizio fotografico che gli ha letteralmente cambiato la vita. “Devo a Enzo Sellerio la decisione più importante della mia vita. Cresciuto nella provincia umbra, fanatico di cinema, scoprii sulla rivista “Cinema nuovo” – un numero della metà del 1955 – un servizio fotografico di Enzo dedicato a Partinico, o meglio al quartiere di Spine Sante dove operava socialmente e pedagogicamente Danilo Dolci men che trentenne, con metodi nonviolenti di protesta civile e con inchieste e denunce. Banditi a Partinico era stata edita da poco da Laterza e corsi a comprarlo. Mi ero appena diplomato maestro elementare – diciotto anni compiuti da poco – e scrissi a Dolci tramite la rivista, lo raggiunsi a Roma e lo seguii in Sicilia, con una scelta che decise del mio futuro. Poco tempo dopo, passai da Partinico a Palermo lavorando con i bambini nelle baracche del Cortile Cascino, uno dei luoghi più miseri non solo dell’Italia ma del Continente. Enzo abitava non lontano da lì, al Capo, e mi fu molto vicino in quel duro passaggio. Vidi molti suoi lavori, e seguii abbastanza da vicino l’avventura di una rivista di grande formato che aveva fondato con altri amici e intitolato Il ciclope. Non era ancora nata la casa editrice che fondò assieme a Elvira e dalla quale si distaccò ben presto per fondarne una sua, pochi libri di grande formato, riccamente illustrati, ciascuno dei quali un’opera d’arte”.
Resta in sottofondo la domanda che si faceva Giuseppe Prode. Possibile che di Sellerio fotografo sia rimasta così poca memoria? “Non sarebbero mancate le possibilità, per Enzo, di diventare famoso come molti suoi colleghi d’Europa e d’America – spiega Goffredo Fofi – ma non so quanto gliene importasse. Enzo Sellerio, palermitano di forte ceppo ispanico e liberamente barocco, era un uomo e un artista di forte carattere, un individualista vero, come ho avuto modo di conoscerne pochi (Sciascia, Levi, Pasolini, la Morante e la Ortese…). Un artista inquieto dentro un mondo in trasformazione, amante più del passato e del presente che lo ricordava, più che del futuro”.
Dalla Sicilia a New York: una vita da romanzo nelle foto di Sellerio
Non un semplice fotografo, dunque, ma un grandissimo fotografo che mi auguro possa essere valorizzato a livello nazionale ed internazionale come meriterebbe un artista del suo calibro.Mi piace concludere questo mio personale omaggio al mondo di Enzo Sellerio con le sue stesse parole scritte nell’introduzione di uno dei suoi libri più belli pubblicato nel 1996: “Ancora oggi, e chissà per quanto ancora, la fotografia attende di raggiungere uno statuto definitivo; bighellona svogliatamente nell’anticamera dell’Arte mentre la padrona di casa è partita per chissà quale destinazione. ….. Ed ecco quello che credo: come nell’arte della guerra la fanteria è considerata la regina del campo di battaglia, così nell’arte della fotografia (lo affermo senza falsa modestia) primeggia senza dubbio il reportage, anche il reportage minimalista, forma alla quale mi dedico da quasi un quarto di secolo”.
L’autore
Tony Gentile, palermitano, 60 anni, è uno dei più famosi fotoreporter italiani, autore tra l’altro dello scatto più noti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, diventato un’icona della fotografia mondiale. Nel 2003 si trasferisce a Roma dove entra a far parte della squadra di fotografi dell’agenzia di stampa internazionale Reuters per la quale ha lavorato fino al 2019.
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