Aberdeen Investments: “Il rischio dei dazi, le sorprese”
Le misure annunciate da Trump porteranno il tasso medio dei dazi statunitensi ben oltre il 10%, anche se riteniamo che alcuni di essi verranno parzialmente ridotti nelle prossime settimane e mesi. Tuttavia, il rischio rimane orientato verso politiche ancora più dirompenti. E sebbene questi annunci possano rappresentare un picco di incertezza, è probabile che ci siano ancora molte sorprese nella politica tariffaria statunitense.
Ci aspettiamo che le discussioni sul commercio culmineranno in tre principali filoni: azioni specifiche contro la Cina, un quadro tariffario reciproco e misure settoriali specifiche per automobili, semiconduttori e prodotti farmaceutici.
Si è ipotizzato che alcune di queste iniziative possano essere posticipate, il che sarebbe accolto positivamente dai mercati. Tuttavia, Trump ha respinto questa ipotesi e ci aspettiamo annunci di vasta portata. L’amministrazione ha dichiarato che tutti i dazi annunciati saranno implementati immediatamente.
Tuttavia, data la rapidità con cui la politica commerciale è stata formulata, esiste un rischio significativo che questi annunci non rappresentino il punto massimo dei dazi, lasciando spazio a ulteriori misure e cambiamenti.
Come funzionerà il quadro tariffario reciproco?
Secondo indiscrezioni, l’attenzione iniziale si concentrerà sui 10-15 Paesi che rappresentano circa l’80-90% delle importazioni statunitensi. Tuttavia, Trump ha indicato di voler estendere il numero di paesi coinvolti, il che potrebbe rappresentare una sorpresa negativa per i mercati.
Inoltre, sarà importante la misura in cui questo quadro si applicherà sia alle barriere tariffarie che a quelle non tariffarie. Riteniamo che la maggior parte delle misure si concentrerà sui dazi più facili da misurare e abbattere. Tuttavia, un focus maggiore sulle barriere non tariffarie, come le imposte sulle vendite, potrebbe avere un impatto negativo sui mercati, rendendo i dazi più difficili da eliminare.
L’impatto dei dazi sulla Cina
I dazi sulle importazioni cinesi sono già aumentati del 20%, e prevediamo un ulteriore incremento del 10%, portando il tasso effettivo vicino al 45%. Tuttavia, il rischio rimane orientato verso un incremento ancora maggiore, considerando l’ampia gamma di motivazioni dell’amministrazione: il fentanyl, i sussidi statali, le barriere non tariffarie alle esportazioni statunitensi, la manipolazione valutaria e il mancato rispetto dell’accordo “Phase 1”.
Il rischio di “somma” dei dazi
Esiste incertezza su come interagiranno le diverse misure tariffarie. Ad esempio, se l’Ue venisse colpita con un dazio reciproco del 10%, il dazio del 25% sulle automobili si sommerebbe per raggiungere il 35%, o le misure specifiche per prodotto rappresenteranno un tetto? Nel nostro scenario base, abbiamo considerato quest’ultima ipotesi, ma il rischio di somma dei dazi rimane.
Un altro punto chiave riguarda gli scambi con Messico e Canada. Se i beni conformi all’Usmca continueranno a essere esentati, ci sarà margine per ridurre la quota di prodotti soggetti a dazi nel tempo. Tuttavia, riteniamo possibile un approccio più aggressivo volto al reshornig della produzione negli Stati Uniti. Anche in questo caso, Messico e Canada rimangono nella posizione migliore per negoziare un accordo che stabilizzi l’Usmca.
È possibile che i mercati mitighino la politica tariffaria
La retorica dell’amministrazione in materia di dazi suggerisce un impegno concreto a modificare i modelli di commercio e produzione globali. Questo approccio è stato talvolta descritto come una disponibilità a tollerare un “dolore a breve termine” nell’ottica di un presunto “guadagno a lungo termine”.
Di conseguenza, una reazione negativa dei mercati potrebbe non scoraggiare l’agenda politica, con il cosiddetto “Trump put” ancora al di sotto delle aspettative.
D’altro canto, indiscrezioni dalla Casa Bianca indicano che la responsabilità dei movimenti negativi del mercato potrebbe essere attribuita sempre più spesso al Segretario al Commercio Howard Lutnick. I cambi di personale all’interno dell’amministrazione saranno quindi un indicatore chiave per capire quanto le pressioni di mercato influenzeranno la politica tariffaria.
*Deputy Chief Economist di Aberdeen Investments
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