Abi, a febbraio tassi a breve termine in calo, su quelli a 10 anni. “Tensioni geopolitiche”
Nei primi giorni di marzo si è osservato un assestamento dei tassi a breve termine che si sono stabilizzati o leggermente ridotti, mentre quelli a lungo termine hanno registrato un rialzo. Una tendenza, la prima, iniziata da ottobre 2023 quando i tassi di mercato hanno cominciato progressivamente a diminuire a seguito dei tagli della Bce. Lo rende noto l’Abi nel rapporto mensile presentato oggi. A febbraio, il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è sceso al 3,98% dal 4,15% del mese precedente e dal 5,45% di dicembre 2023.
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Il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è stato pari al 3,17% (3,12% nel mese precedente e 4,42% a dicembre 2023). Il tasso medio sul totale dei prestiti (quindi sottoscritti negli anni) è sceso al 4,27% dal 4,32% del mese precedente. Nei primi 13 giorni di marzo 2025, inoltre, il tasso Euribor a 3 mesi è stato in media del 2,52%, stesso valore di febbraio 2025. Il tasso lordo dei Bot a sei mesi è stato in media del 2,32% in calo di 9 punti base rispetto a febbraio (2,41%). Il tasso Irs a 10 anni (molto usato nei mutui) è stato in media del 2,64% in aumento di 25 punti base rispetto a febbraio (2,39%). Il tasso lordo dei Btp a 10 anni è stato in media del 3,84% in aumento di 32 punti base rispetto a febbraio (3,52%).
I perché del rimbalzo
Sintetizzando queste cifre, con il rieve rimbalzo dei mutui a contrastare il ribasso dei tassi a breve, il vicedirettore generale vicario di Abi, Gianfranco Torriero, ha confermato “segnali di lieve rialzo sui tassi” a medio e lungo termine”, indicando come il cambiamento sia “determinato da andamenti geopolitici”.
Sul versante della raccolta, l’Abi segnala che il tasso praticato sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) a febbraio 2025 è stato del 2,49%. A gennaio tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’Euro (2,66% vs 2,55%). Rispetto a giugno 2022, (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi Bce), quando il tasso era dello 0,29%, l’incremento è stato di 220 punti base. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso a febbraio 2025 è stato il 3,16%, con un incremento di 185 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%.
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A febbraio 2025 il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato lo 0,82% (0,85% nel mese precedente; 0,32% a giugno 2022). Il tasso sui soli depositi in conto corrente, che non ha la funzione di investimento e permette di utilizzare una moltitudine di servizi, è lo 0,39% (0,41% nel mese precedente; 0,02% a giugno 2022).
Frenata crescita deprime domanda prestiti
Secondo l’Abi, Il rallentamento della crescita economica, confermato dai recenti dati ufficiali, contribuisce a deprimere la domanda di prestiti. A febbraio 2025, i prestiti a imprese e famiglie sono scesi dello 0,6% rispetto a un anno prima, in lieve attenuazione rispetto al -0,7% del mese precedente; a gennaio 2025 i prestiti alle imprese erano diminuiti dell’1,9% mentre quelli alle famiglie erano cresciuti dello 0,4%. L’abi segnala, inoltre, la raccolta indiretta, cioè gli investimenti in titoli custoditi presso le banche, presenta un incremento di circa 147 miliardi tra gennaio 2024 e gennaio 2025 (45,2 miliardi famiglie, 18,1 miliardi imprese e il restante agli altri settori, imprese finanziarie, assicurazioni, pubblica amministrazione). La raccolta diretta complessiva (depositi da clientela residente e obbligazioni) a febbraio 2025 è risultata in aumento del 2,5% su base annua, proseguendo la dinamica positiva registrata da inizio 2024 (+2,6% a gennaio 2025).
Per quanto riguarda i crediti deteriorati netti (cioè l’insieme delle sofferenze, inadempienze probabili ed esposizioni scadute e/o sconfinanti calcolato al netto delle svalutazioni e degli accantonamenti già effettuati dalle banche) a gennaio 2025 sono diminuiti a 30,5 miliardi di euro, da 32,1 miliardi di settembre 2024 (30,5 miliardi a dicembre 2023). Rispetto al loro livello massimo, 196,3 miliardi raggiunti nel 2015, sono in calo di circa 166 miliardi. Nello stesso periodo, i crediti deteriorati netti rappresentano l’1,47% dei crediti totali. A settembre 2024, tale rapporto era l’1,54% (1,41% a dicembre 2023; 9,8% nel 2015.
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