Dalle corsie d’ospedale al gigante del farmaco. “Volevo la parte scientifica per fare la differenza”
Dalla vita dell’ospedale all’industria farmaceutica. Passare sull’altro versante della cura è stata una sfida che Paola Coco ha affrontato con un cambio di passo rispettoso dello spirito che l’aveva mossa quando ha scelto di diventare un medico specialista in oncologia. “Volevo fare cose che avessero un riscontro pratico, che avessero impatto. La parte scientifica, i meccanismi di azione dei farmaci, mi hanno sempre affascinata”. Dal 2022 Coco è alla guida della divisione medico-scientifica di Novartis Italia, nel ruolo di country chief scientific officer and medical affairs head, in un’area che spazia dall’oncologia al cardiovascolare, dall’immunologia alle neuroscienze. L’azienda ha appena ottenuto la certificazione di parità di genere.
Coordinare la strategia della adozione del farmaco fin dalle sue prime fasi di sviluppo è il compito quotidiano di Paola Coco, fornire il background a tutte le funzioni aziendali aiutando i colleghi a gestire gli studi che portano alla registrazione del prodotto. “Dobbiamo capire a quali pazienti è destinato, quali alternative terapeutiche ci sono, come può fare la differenza nella specifica patologia, fino a quando diventa disponibile sul mercato. È l’ossatura scientifica dell’azienda”. L’attività implica anche la collaborazione con le associazioni dei pazienti e, in maniera più ampia, con gli organismi istituzionali, per realizzare l’accesso appropriato alle cure. “Il ruolo che ho da due anni mi dà molto, ho ancora tanto da imparare e mi permette di portare avanti le mie passioni, l’attenzione ai pazienti e di fare crescere le persone del mio team”.
Come affiliata della casa madre, Novartis Italia segue una strategia globale con due siti produttivi e duemila dipendenti. “Noi puntiamo su trattamenti innovativi. Nello stabilimento piemontese di Ivrea produciamo i radioligandi, la terapia capace di riconoscere selettivamente le cellule tumorali e eliminarle attraverso l’uso di particelle radioattive, senza danneggiare le cellule sane e contemporaneamente ridurre gli effetti collaterali”. Il sito di Ivrea è l’ultima frontiera della medicina nucleare di precisione in oncologia, e punto di riferimento per il mercato nazionale e internazionale: Europa, Usa, Canada, Giappone, Cina, Corea del Sud, Singapore e Taiwan. È uno dei tre stabilimenti Novartis al mondo, due dei quali in Europa, nonché unico in Italia, in grado di produrre e distribuire questa tipologia di terapie.
“Una realtà di eccellenza in Italia e nel mondo come pure quello di Torre Annunziata, focalizzato sulla produzione di farmaci cardiovascolari, Campus per le Life Science, all’avanguardia negli standard di produzione e di sostenibilità, hub per l’innovazione, nucleo intorno a cui gravitano anche start-up del territorio campano e di tutto il Sud Italia. Abbiamo più di 200 studi clinici in Italia su diverse aree terapeutiche, e per ricerca e sviluppo investiamo 60 milioni di euro l’anno che rientrano nella cornice complessiva di un piano di investimenti per l’Italia di 350 milioni di euro nel triennio 2023- 2025”. Nel 2024 a livello globale i ricavi della società sono arrivati a 50,3 miliardi di dollari, più 12 per cento con un utile pari a 11,9 miliardi di dollari.
Milanese del 1976, liceo classico e laurea in Medicina nel 2001 alla Statale di Milano, Paola Coco ha conseguito quattro anni dopo la specializzazione in oncologia all’Istituto nazionale dei tumori. “Non ho avuto la classica illuminazione ‘camice bianco’, la vocazione del medico. Ma fin dall’adolescenza volevo fare cose che avessero un riscontro pratico. Il mio primo vero e proprio mentore è stato il professore Paolo Casali che mi ha seguito nella specializzazione, ha dato un imprinting al mio percorso di carriera, la passione in primo luogo, mi ha insegnato ad affrontare le sfide professionali facendo squadra, mai da soli, coinvolgendo tutte le figure che stanno intorno al malato. A volte si specula un po’ su questo, ma ho imparato che quando si fa il medico bisogna portare il paziente a stare bene”.
Dieci anni come oncologa all’Istituto tumori, un centro di riferimento. “Ci occupavamo di tumori rari, sarcomi che spesso colpiscono le persone giovani, in un rapporto particolare col paziente che si sente solo senza quelle connessioni con gli altri che fanno avvertire meno il peso della patologia. Ero giovane anche io per cui è stata un’esperienza emotivamente molto forte. E anche una lezione importante per trovare equilibrio e dare il giusto peso alle cose, che penso mi porterò dietro tutta la vita”.
Poi, mentre non si vedevano prospettive di stabilizzazione, è arrivata per Coco l’opportunità di tentare una strada in un mondo nuovo, un’azienda farmaceutica. “Via il camice bianco, ma quella scelta mi dava ancora una volta la possibilità di generare l’impatto che continuava a essere il movente della mia vita professionale. Casali mi disse provaci, vedi se ne vale alla pena, e ricorda che un posto per te qui ci sarà sempre”. Un cambiamento non semplice dalla vita di ospedale. “Ho iniziato dalla gavetta con Roche, come medical advisor di un prodotto specifico all’interno dell’area terapeutica di oncologia, dove si stava per lanciare il farmaco che ha rivoluzionato la storia del melanoma. Ecco l’impatto con la vita del paziente che cercavo.
A Basilea, nell’headquarter di Roche per poco più di anno, ho conosciuto l’organizzazione aziendale e capito quel che volevo. Il mio obiettivo era crescere all’interno della direzione medica, dare un contributo più ampio e diffondere i principi che regolano il mio modo di lavorare”. Nel 2016 è approdata in Novartis come medical head dell’ematologia. Nella nuova avventura professionale ha ottenuto sei anni dopo il raggiungimento di un traguardo più ambizioso in quel ruolo di manager che ricopre oggi. “Come azienda siamo impegnati a costruire partnership di valore con il Sistema sanitario nazionale mettendo a disposizione risorse e competenze per raggiungere gli obiettivi indicati dal Pnrr, e contribuire alla gestione delle grandi sfide sanitarie, a partire da quelle che hanno i maggiori impatti sociali ed economici e rappresentano un onere per le attività dei servizi di assistenza del Paese. In particolare, gli interventi sono rivolti ad attività di prevenzione, presa in carico del paziente, gestione della cronicità e del cancro”.
Novartis punta a siglare almeno un accordo di collaborazione con tutte le Regioni entro cinque anni. A oggi sono otto i progetti di collaborazione già attivati con Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Abruzzo, Piemonte, Toscana, Puglia, Sicilia e Campania.“Vogliamo essere un interlocutore importante. Puntiamo ad avere un dialogo costruttivo, sostenerlo nel difficile momento che sta vivendo, con una popolazione sempre più vecchia. Andare oltre la produzione del farmaco, a favore di una sanità in primis pubblica, che deve ingaggiare sfide e complessità grandi, offrendo sostegno in modo sempre più stretto e efficace laddove ci sono possibili aree da migliorare”. In campo farmaceutico la componente femminile è ben rappresentata. In tutto il settore delle life science c’è il 44per cento di donne, il 53per cento nella ricerca e sviluppo. Novartis Italia vanta una prevalenza nella rappresentanza femminile nel leadership team: due su tre sono donne. “La valorizzazione del contributo femminile da noi è assodato. È recente la certificazione di parità di genere che si accompagna al wellness e al wellbeing aziendale, con la giusta attenzione a ciò che circonda il benessere del lavoratore e della lavoratrice”.
Accomodare tutto in un bilanciamento equilibrato tra lavoro e casa, per la responsabile medico-scientifica della multinazionale svizzera non è stato semplice. “Occorre avere bene in mente quali sono le priorità della vita. Ho creato la mia famiglia, mi sono sposata, ho due figlie di 15 e 17 anni e devo dire grazie a mia mamma che mi ha aiutato davvero tanto nella gestione. Questo lavoro mi porta anche lontano per intere settimane, mi capita spesso di partecipare a congressi internazionali dove vengono diffusi i dati dei principali studi clinici. Anche mio marito è medico, pediatra in ospedale, ci siamo ben organizzati, divisi i compiti perché nessuno debba rinunciare a farsi avanti nel proprio ambito lavorativo”. I viaggi più belli Paola Coco li fa con la sua famiglia, on the road, un po’ avventurosi se possibile, l’estate scorsa in Alaska. “Mi piace la preparazione del viaggio, poi la passione è l’Africa, ogni volta ci lascio un po’ il cuore”. Cerca di fare sport, “soprattutto però passeggiate per svuotare la mente, fare il punto, potrei fare molto di meglio”.
Ama i libri gialli, conserva la passione giovanile per classici di Agatha Christie, e poi le saghe familiari e i romanzi ambientati in epoche storiche. “Ora sto leggendo ‘L’età fragile’ di Donatella Dipietrantonio”. Conosce le insidie della competizione per il lavoro. “Per arrivare a determinate posizioni devi essere orientato su quello che vuoi ottenere. Mi piace competere ma in modo leale, ad armi pari. Nella vita non ho mai avuto grandi spinte, ma soltanto quando qualcuno ha capito che era giusto puntare su di me. Per il resto ho fatto agire lo spirito di sacrificio e la determinazione ed è ciò che cerco di trasmettere alle mie persone. Rifarei tutto, forse godendomi di più qualche momento speciale, vivendo meno di corsa. Ma sempre con lo stesso piglio”.
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