Dazi Usa, pasta italiana a rischio. “Tassa al 107 per cento da gennaio”

Dazi Usa, tutto finito? Neanche per sogno. L’ultima minaccia che arriva dallo Studio Ovale ha come oggetto la pasta italiana, per la quale è in vista un dazio addirittura prossimo al 107 per cento. All’origine di tutto sarebbe una spinta ricevuta dai competitor nordamericani del made in Italy, desiderosi di produrre pasta che giochi sull’origine italiana a prezzi (ancor più) concorrenziali.

Il meccanismo innescato è quello di un’indagine per dumping commerciale, da cui il Departement of Commerce di Washington ha decretato – per alcuni produttori italiani – delle inadempienze tali da giustificare, a partire da gennaio, un dazio aggiuntivo del 91,74 per cento, da sommare al canonico 15 per cento, per un totale appunto di 106,74 per cento.

Il meccanismo dell’inchiesta

L’indagine del Doc ha avuto come oggetto i prodotti esportati negli States da La Molisana e Pastificio Giulio Garofalo, selezionate come “mandatory respondents” e in qualità di primi esportatori italiani di pasta oltreoceano e sottoposte a revisione completa dei dati di vendite e costi. L”incompletezza” delle risposte ottenute ha innescato la decisione di applicare dazi punitivi. Che però sono stati estesi – postulando che il comportamento dei due marchi primi venditori di pasta negli States rifletta quello degl altri presenti sul mercato – a Barilla (che tuttavia ha stabilimenti in loco), Rummo, Agritalia, Aldino, Antiche Tradizioni di Gragnano, Gruppo Milo, Liguori, Pam, Dalla Forma, Sgambaro, Tamma, Castiglioni, Chiavenna, Cav. Giuseppe Cocco.

Filiera Italia: “Altro che stabilità”

La decisione di Washington è stata commentata dall’ad di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia che lo ha dichiarato “inaccettabile”. Secondo il manager è “una forzaturà, intervenuta “in un momento particolarmente delicato” e che “avvantaggerà chi produce pasta negli Stati Uniti, danneggiando tutti quelli che esportano invece la pasta dall’Italia verso gli Usa”. “Abbiamo accettato – aggiunge Scordamaglia – un dazio del 15 per cento, alto per moltissimi prodotti del nostro food and beverage, per avere garanzia di stabilità. E invece, appena raggiunto l’accordo, gli Usa escono con questo provvedimento strumentale e sproporzionato”. Il manager ha poi sottolineato l’immediato interessamento dei ministeri di Affari esteri e Agricoltura per l’immediato interessamento e auspicato “l’immediato ritiro di questo ingiustificato provvedimento, prima della sua entrata in vigore”.

Se questo non accadesse, Scordamaglia promette contromisure, che pure riconosce controproducenti “in un momento in cui Filiera Italia è impegnata nell’aumentare l’export di alcuni prodotti agricoli Usa in Italia”. Infine, auspica “che le aziende italiane che producono pasta negli States evidenzino in etichetta il luogo di produzione”.

Coldiretti: “Sarà un boomerang per gli Usa”

Sul tema in gererale dei dazi Usa, e sul continuo florilegio di iniziative, di cui il superdazio sulla pasta è solo l’ultimo ed ennesimo caso, è intervenuto anche il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – Secondo luim, la imposta dagli Stati Uniti “per favorire il mercato interno diventerà un boomerang per gli Stati Uniti perché su tante filiere produttive loro non producono quei beni che sono andati a tassare”. Quell’aumento di costo – ha aggiunto Prandini, intervenendo alla 13ma edizione della Leopolda, a Firnenze – “lo pagheranno i cittadini statunitensi con un tema di svalutazione del dollaro che è già avvenuto, con un tema inflattivo che ci sarà, con un tema di impoverimento delle fasce più deboli della popolazione. Di fronte a questo bisogna reagire con la capacità di saper fare politica”.

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