Dieci anni di Msc in Italia: il bilancio (guardando al futuro) di un decennio di pesca sostenibile

Un marchio sempre più riconoscibile, una missione ambientale concreta e dieci anni di impegno lungo tutta la filiera ittica. Il Marine Stewardship Council (Msc) è un’organizzazione internazionale non profit che promuove la pesca sostenibile attraverso un programma di certificazione ambientale e che arriva nelle nostre case con il suo marchio — un pesce bianco su fondo blu — che certifica i prodotti provenienti da attività di pesca che rispettano rigorosi criteri scientifici per la tutela degli stock ittici e degli ecosistemi marini. In occasione del decimo anniversario della presenza di Msc in Italia, abbiamo intervistato Francesca Oppia, direttrice del programma nel nostro Paese, per riflettere sui traguardi raggiunti, sulle criticità ancora da affrontare e sulle prospettive future.

Dall’evoluzione del mercato ai cambiamenti nei comportamenti di consumo, dal ruolo strategico della grande distribuzione alla necessità di un’educazione alimentare più consapevole, fino all’impatto crescente del cambiamento climatico sugli oceani: un viaggio attraverso dieci anni di lavoro per rendere la pesca più sostenibile, dal peschereccio allo scaffale.

10 anni in Italia: il bilancio

Nel 2014, quando il Marine Stewardship Council (Msc) ha aperto il suo ufficio in Italia, parlare di sostenibilità ittica significava rivolgersi a una nicchia di esperti e appassionati. Oggi, a dieci anni di distanza, il panorama è profondamente cambiato. È il primo grande risultato che Francesca Oppia evidenzia tracciando un bilancio di questo primo decennio del programma Msc nel nostro Paese. “Quando abbiamo aperto l’ufficio in Italia – spiega – la sostenibilità ittica era ancora un argomento di nicchia, anche tra le aziende”. L’interesse era limitato, la sensibilità sul tema ancora in fase embrionale. Eppure, passo dopo passo, il lavoro di Msc ha saputo incidere profondamente sulle dinamiche del settore. “Oggi collaboriamo con le principali aziende del settore, che scelgono volontariamente il marchio Msc come garanzia imparziale di approvvigionamento responsabile”.

Il cambiamento non ha riguardato solo l’industria della pesca, ma si è propagato lungo tutta la filiera, arrivando fino ai consumatori. “La consapevolezza dell’importanza di questa tematica è cresciuta ovunque – sottolinea la direttrice del programma – nel settore della pesca e lungo la filiera, dove si percepiscono con maggiore urgenza le conseguenze della pesca eccessiva, e tra i consumatori, che sempre più spesso fanno scelte alimentari legate all’impatto ambientale”. A dimostrazione di questa crescente sensibilità, Francesca Oppia cita i dati di una recente indagine condotta con l’istituto di ricerca internazionale GlobeScan. I numeri parlano chiaro: “Il 94% degli italiani è preoccupato per la salute degli oceani e il 48% ha modificato la propria dieta per motivi ambientali. Quasi l’80% ritiene che acquistare pesce sostenibile sia un gesto concreto per proteggere gli oceani”. Un decennio che ha dimostrato dunque che il cambiamento è possibile – non solo necessario – ma che il lavoro in questa direzione è tutt’altro che concluso.

Mercato: il ruolo chiave della Gdo

Il percorso verso una pesca più sostenibile in Italia non si misura solo in termini di consapevolezza, ma anche attraverso dati concreti: oggi i prodotti certificati Msc sono oltre 1.300, contro i soli 73 del 2015. Un balzo in avanti impressionante che, come afferma Oppia, rende sempre più accessibile ai consumatori la possibilità di scegliere pesce pescato nel rispetto del mare. Questo ampliamento dell’offerta è il frutto di un lavoro costante con tutta la filiera, ma un ruolo particolarmente strategico lo gioca la grande distribuzione organizzata (Gdo). Supermercati e ipermercati sono diventati il primo canale attraverso cui i cittadini possono orientare le loro scelte verso il consumo responsabile. “La Gdo ha un ruolo chiave – sottolinea la direttrice del programma – è il punto d’incontro tra produzione e consumo, ed è quindi in grado di orientare entrambi verso scelte più sostenibili”. In altre parole, se da un lato può influenzare le pratiche degli operatori della pesca e dei fornitori, dall’altro ha la capacità di sensibilizzare milioni di consumatori attraverso l’assortimento e la comunicazione sui punti vendita. “È per questo che collaboriamo con i principali retailer italiani”, aggiunge Oppia.

Tuttavia, nonostante i progressi, esistono ancora aree in cui il percorso verso la sostenibilità è solo agli inizi. In particolare, uno dei nodi critici resta il segmento del pesce fresco: “È molto importante incrementare gli sforzi in questo settore – ammette la rappresentante di Msc -dove a oggi non sono ancora disponibili prodotti ittici certificati sostenibili”. In sintesi, il mercato sta evolvendo: le referenze aumentano, la distribuzione si espande e i consumatori rispondono. Ma la vera sfida del prossimo futuro sarà estendere questi risultati anche alle categorie rimaste indietro, per completare il quadro di una filiera davvero responsabile dal peschereccio al piatto.

Educazione al consumo e filiera

Accrescere la disponibilità di prodotti sostenibili è solo una parte del lavoro. L’altro fronte, ugualmente cruciale, è l’educazione del consumatore: senza consapevolezza diffusa, anche l’offerta più virtuosa rischia di rimanere invisibile. “In Italia promuoviamo iniziative di sensibilizzazione per raccontare l’importanza degli oceani e la necessità di proteggerli dalla pesca eccessiva”, racconta Francesca Oppia. Tra le azioni più significative, spiccano le Settimane della Pesca Sostenibile, una campagna corale che coinvolge l’intera filiera: “È una delle iniziative di maggior impatto – sottolinea – perché riunisce i principali brand e retailer della filiera ittica in un’attività corale per far conoscere l’impatto positivo della pesca certificata e rendere più riconoscibile il marchio Msc”.

Ma il cambiamento non parte solo dai consumatori. Alla base della trasformazione ci sono soprattutto i pescatori, il primo anello della filiera, spesso dimenticato ma essenziale. “I pescatori sono il cuore del nostro programma – afferma Oppia – aderendo, trovano un riferimento solido e basato sulla scienza che li guida verso pratiche di pesca più sostenibili. E l’approccio tecnico e scientifico non è solo uno standard da rispettare, ma diventa una bussola per il futuro: “Questo permette di preservare le risorse ittiche nel lungo periodo e di ridurre al minimo l’impatto sull’ecosistema marino. E fa sì che i consumatori abbiano a disposizione prodotti ittici provenienti da una pesca sostenibile verificata e certificata”. Un esempio concreto arriva dal nord della Spagna, nelle Asturie, dove la pesca del polpo ha rappresentato un vero caso di successo. “Attraverso regole di gestione più rigorose, una collaborazione con il governo regionale e una pesca a basso impatto, i pescatori hanno ottenuto la certificazione Msc, migliorato la governance e avuto accesso a nuovi mercati”, racconta la direttrice del programma.

Sfide globali e impegni futuri

La lotta per la sostenibilità della pesca non può prescindere dal contesto più ampio in cui oggi operano pescatori, aziende e istituzioni: quello della crisi climatica, che sta già impattando in modo profondo sugli oceani, con effetti che si riflettono direttamente sulla disponibilità delle risorse ittiche e, di conseguenza, sull’efficacia dei programmi di pesca sostenibile. “Il cambiamento climatico sta modificando profondamente gli ecosistemi marini – spiega Francesca Oppia – riscaldando e acidificando gli oceani a causa dell’eccesso di CO?. Questi fenomeni stanno alterando la distribuzione degli stock ittici, con spostamenti delle specie verso latitudini più elevate (come Nord Atlantico e Nord Pacifico) e un declino fino al 40% del potenziale di pesca nelle aree tropicali entro il 2050. Le ondate di calore marino, sempre più intense secondo il Copernicus Climate Change Service, aggravano ulteriormente la situazione, minacciando la produttività degli oceani e creando sfide per la gestione sostenibile della pesca”.

In uno scenario simile, il ruolo di un programma come quello del Marine Stewardship Council non può che evolvere: “Promuoviamo pratiche che rafforzano indirettamente la resilienza della pesca – afferma Oppia – Le attività certificate adottano un approccio precauzionale, basato su una gestione efficace, governance solida e aggiornamento costante alle evidenze scientifiche, per rispondere prontamente ai cambiamenti nella salute degli ecosistemi marini”. “Questo – aggiunge – consente di adattare in modo rapido ed efficace le proprie pratiche in risposta agli effetti del cambiamento climatico, contribuendo così a preservare la salute degli stock ittici e degli oceani nel lungo periodo”.

Guardando al futuro, Msc Italia è consapevole che le sfide non sono finite. Tutt’altro: il prossimo decennio sarà decisivo per consolidare i progressi ottenuti e affrontare i nodi ancora irrisolti. “Il mercato non è ancora pienamente sostenibile – ammette la direttrice del programma italiano – serve continuare a collaborare, investire nella pre-certificazione, sostenere la scienza e lavorare a politiche che incentivino scelte più consapevoli”. Gli obiettivi per i prossimi dieci anni sono chiari e ambiziosi. “Vogliamo creare un mercato sostenibile per i prodotti ittici data l’importanza del consumo pro-capite degli italiani e la sensibilità che si è sviluppata nei confronti della sostenibilità. E vogliamo crescere soprattutto nei segmenti del fresco, del tonno (dove l’Italia è già leader), e nei cefalopodi, lavorando per connettere domanda e offerta” dichiara Francesca Oppia.

Un altro fronte cruciale sarà il Mediterraneo, un’area complessa e ricca di biodiversità ma anche fortemente soggetta a stress ambientali. “Continueremo a lavorare nel Mediterraneo – promette Oppia – e a promuovere una comunicazione trasparente e scientificamente fondata, in linea con il Green Deal europeo”. Infine, un appello ai cittadini, perché il consumatore ha un ruolo fondamentale nella trasformazione del mercato. Se dovesse lanciare un messaggio agli italiani, Francesca Oppia non ha dubbi: “Non bisogna lasciarsi scoraggiare dalla complessità delle sfide ambientali. Ogni scelta che facciamo, anche la più semplice, contribuisce a orientare il mercato e a creare una domanda sempre più forte per modelli sostenibili. È proprio la somma delle scelte individuali che può generare un cambiamento reale e duraturo”. Concludere un bilancio decennale con questa consapevolezza — che la sostenibilità non è solo un obiettivo, ma una responsabilità condivisa — è il segno più concreto di un percorso che guarda al futuro con coraggio e determinazione.

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