Digitale, una leva per tagliare i costi delle pmi. Ma siamo in ritardo

È la solita storia del mondo a due velocità. Da una parte ci sono colossi che investono miliardi in ricerca e sviluppo, lanciando sul mercato innovazioni tecnologiche capaci di riscrivere completamente i modelli di business globali. Dall’altra c’è un ecosistema di piccoli, sempre in ritardo e quindi costretti a correre per colmare i gap.

Pagamenti, lo storico sorpasso: il digitale batte (in valore) il contante

Le pmi italiane – cuore pulsante del tessuto imprenditoriale nazionale – vivono in questo secondo emisfero. Nei loro bilanci la transizione digitale ha preso sempre più spazio alla voce investimenti, supportati dai fondi pubblici Industria 4.0 e (in piccola parte, visto lo scarso successo) Transizione 5.0, ma prevalgono ancora le tecnologie di base, come software gestionali o applicativi di collaborazione. L’anno scorso uno studio del Politecnico di Milano ha rivelato che meno del 20% delle piccole e medie imprese del Paese ha sviluppato progetti che prevedono l’impiego di big data, blockchain e intelligenza artificiale.

Cosa racconta il report Visa

Una premessa, questa, che spiega uno dei risultati tra i più interessanti emerso in un report redatto dalla società dei servizi di pagamento digitali Visa: nelle piccole imprese italiane, il 75% del tempo viene impiegato per adempiere ad attività cosiddette “non core”, con relativa perdita di efficienza. L’adozione di tecnologie digitali innovative poterebbe fornire la risposta per riportare la macchina in equilibrio. Nonostante i numeri ancora piccoli (ma comunque in crescita) se ne sono accorti per primi i manager delle piccole e medie imprese, che ora hanno preso ad avanzare richieste specifiche ai player del settore. Una su tutte è quella rivolta proprio all’industria dei pagamenti, settore chiave nella gestione aziendale, a cui è stata prospettata l’esigenza di poter avere soluzioni che possano rendere le attività più efficienti, sicure e semplici. Andando magari oltre l’utilizzo prevalente che viene fatto oggi delle carte business, impiegate soprattutto per spese di viaggio e rappresentanza. Aumento dei costi d’impresa (42 per cento) e difficoltà connesse al ritardo nei pagamenti da parte dei clienti (27 per cento) sono infatti due tra le principali sfide che le pmi stanno affrontando in Italia.

Il Visa commercial day

Il tema è stato quindi inserito al centro del primo Visa commercial day tenutosi la settimana scorsa a Milano, dato che le carte commerciali possono davvero avere un’azione trasversale sull’operatività: da un maggior controllo sulla movimentazione del denaro, alla gestione del capitale circolante; da una riduzione degli anticipi di cassa ai dipendenti a una più efficiente amministrazione delle attività. E infatti, lo confermano le parole di Lucy Demery, head commercial solutions di Visa per l’Europa: «Registriamo un forte aumento nella domanda di pagamenti digitali b2b, con un incremento delle transazioni online e un uso crescente di soluzioni innovative, capaci di migliorare l’esperienza dell’utente e ridurre le frodi, garantendo maggiore sicurezza per le aziende». C’è da dire che il mondo dei pagamenti commerciali sta vivendo una metamorfosi, con innovazioni come la tokenizzazione, la biometria e i pagamenti virtuali che stanno davvero creando un reale valore economico per le imprese, dalle micro alle grandi. La rivoluzione sta in realtà abbracciando il sistema delle transazioni nel suo complesso. E l’anno scorso si è verificato un sorpasso storico in Italia, quando i pagamenti digitali hanno superato per la prima volta i contanti in termini di valore transato: 43% per i primi contro il 41% del secondo, nelle analisi del Politecnico di Milano.

Il centro del cambiamento

E-commerce, embedded finance e intelligenza artificiale sono i volti al centro del cambiamento, secondo Visa. Tre pilastri «che stanno ridefinendo il modo in cui le aziende operano – afferma Demery – migliorando l’efficienza, semplificando l’accesso al credito e offrendo esperienze sempre più integrate e personalizzate».

Qualche numero di contesto: ad oggi una società come Visa ha già emesso oltre 12 miliardi di token (nel 2019 erano meno di un miliardo). Ciò significa niente più inserimento manuale della carta e niente più codici otp. In parallelo, l’embedded finance b2b (ovvero la fornitura di prodotti finanziari da parte di entità non finanziarie) sta rapidamente trasformando il modo in cui le imprese effettuano transazioni tra loro, con un tasso di crescita stimato tra il 20 e il 30% annuo.

Negli ultimi dieci anni in Europa, dice McKinsey, i volumi di finanza incorporata sono cresciuti tre volte più velocemente dei prestiti distribuiti direttamente. Solo nel segmento delle pmi, le stime di Visa indicano che l’embedded finance ha il potenziale di espandere il mercato bancario complessivo di 92 miliardi di dollari.

L’Ia per la lotta alle frodi

In futuro si aspetta invece molto dall’intelligenza artificiale in termini di lotta alle frodi e personalizzazione dei prodotti. In dieci anni Visa ha investito 3 miliardi di dollari per rendere i pagamenti più intelligenti e sicuri. Su questo punto specifico le aziende tricolori sono però ancora indietro. Un ritardo che è emerso a ottobre, durante la seconda riunione ministeriale del G7 su industria e innovazione tecnologica: in Italia il tasso di adozione di applicazioni IA è al 4,4% nelle imprese tra dieci e cinquanta dipendenti (9,7% il dato tedesco, 4,7% quello francese). La fascia 50-249 dipendenti è al 7,3%, contro il 16,2% della Germania e il 10,2% della Francia, mentre nella categoria delle grandi aziende si torna a scendere al 5 per cento. «A questo punto – sostiene la manager di Visa – per incrementare il livello di digitalizzazione, il settore dovrà concentrarsi sullo sviluppo di soluzioni che coinvolgano sia gli acquirenti che i fornitori e che ne dimostrino chiaramente a entrambi il valore commerciale».

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