Dnv avverte: net zero rinviato oltre il 2090
A dieci anni dall’Accordo di Parigi, la transizione energetica mondiale è rallentata, ma non si è fermata. È il messaggio del Dnv Energy Transition Outlook 2025, uno dei rapporti previsionali più autorevoli al mondo, che quest’anno estende l’orizzonte al 2060.
Il rapporto fotografa una trasformazione profonda del sistema energetico mondiale che, sulla base delle politiche e delle tecnologie oggi in vigore o realisticamente implementabili, non sarà però sufficiente a centrare la neutralità climatica entro metà secolo. Le emissioni globali di CO2 caleranno del 43% entro il 2050 e del 63% nel 2060, ma lo zero netto arriverà solo dopo il 2090. Con il risultato che il budget per restare entro 1,5 °C sarà esaurito già nel 2029, e che il pianeta si avvierà verso un riscaldamento medio di +2,2 °C entro fine secolo.
Nonostante il rallentamento, Dnv prevede un passaggio da un mix energetico primario composto oggi per l’80% da fonti fossili a un equilibrio 50/50 entro il 2050, con il sorpasso delle fonti pulite nel decennio successivo. Il consumo mondiale di energia primaria — espresso in exajoule (EJ) — raggiungerà il picco attorno al 2040 per poi stabilizzarsi intorno ai 670 EJ nel 2060.
Le fonti non fossili cresceranno da 127 a 420 EJ, mentre carbone, petrolio e gas naturale scenderanno da 517 a 250 EJ. In altre parole, la quota fossile passerà dall’attuale 80% a poco più di un terzo del totale. Il gas resterà l’ultimo combustibile fossile dominante, ma in netto calo dopo il 2040.
Il 2060 segnerà anche la maturità delle rinnovabili, che da una quota marginale del 3% nel 2020 saliranno a oltre un terzo dell’intero mix energetico. L’elettricità raddoppierà la sua quota nei consumi finali, passando dal 21% al 43%, e sarà per il 96% prodotta da fonti rinnovabili. Nella produzione elettrica globale, il contributo di solare ed eolico raggiungerà il 32% nel 2030, supererà il 50% nel 2040 e diventerà dominante a metà secolo, mentre la quota fossile crollerà dal 59% al 4%.
Il solare, in particolare, è destinato a un’espansione senza precedenti: nel 2025 la capacità installata mondiale supererà i 3.000 GW, trainata dalla Cina (47%) e dall’Europa (20%). L’eolico — inclusa la componente offshore — triplicherà gli investimenti entro il 2044, raggiungendo 900 miliardi di dollari annui combinati con lo storage. Dnv prevede che entro il 2060 solare ed eolico forniranno complessivamente 247 EJ, più di tutte le altre fonti non fossili messe insieme.
Sul fronte geopolitico, gli Stati Uniti rappresentano il principale elemento di freno: la promozione dei combustibili fossili e il ridimensionamento dei programmi green ritarderanno la riduzione delle emissioni di circa cinque anni, riportandole su livelli 500–1.000 milioni di tonnellate superiori rispetto alle stime 2024. Ma l’impatto complessivo resterà contenuto, compensato dalla Cina, che da sola installerà nel 2025 390 GW di fotovoltaico (56% del nuovo capacity mondiale) e 86 GW di eolico (60%), consolidando la propria leadership nelle tecnologie pulite e nell’export di componenti.
L’Europa, pur mantenendo un buon tasso di crescita nelle rinnovabili, non centrerà gli obiettivi 2030 e fatica nei settori hard-to-abate come acciaio, cemento e aviazione. Tuttavia, la spinta alla sicurezza energetica seguita alla crisi del gas sta favorendo nel medio periodo le fonti non fossili: Dnv stima un impatto netto di –1% a –3% di emissioni globali al 2040, con un calo del –9% in Europa entro il 2050.
La mobilità elettrica è il fronte più dinamico. Oggi nel mondo circolano 50 milioni di veicoli elettrici a batteria, il 60% dei quali in Cina; nel 2030 diventeranno 200 milioni, e nel 2032 un’auto nuova su due sarà elettrica. È un cambio di paradigma che però richiede infrastrutture più solide: secondo Dnv, senza i colli di bottiglia delle reti europee, la capacità solare potrebbe essere +16% più alta al 2035 e quella eolica +8%.
Gli investimenti in reti e accumuli sono già sette volte superiori rispetto a un decennio fa e triplicheranno ancora fino a 300 miliardi di dollari l’anno negli anni Cinquanta, mentre la spesa energetica globale (Capex + Opex) si stabilizzerà attorno ai 6.500 miliardi di dollari annui, pur con un Pil mondiale quasi raddoppiato.
Restano indietro le tecnologie più costose: idrogeno, eolico galleggiante e nucleare modulare, che scaleranno soprattutto dopo il 2040 spinte da politiche pubbliche più che da dinamiche di mercato. La quota di idrogeno nel mix al 2050 è stata rivista dal 4,8% al 3,5%, con un lieve recupero al 6% nel 2060. Invece, per il nucleare, Dnv stima una crescita del 150% entro il 2060 fino a coprire il 9% della produzione elettrica mondiale, grazie soprattutto ai nuovi Small Modular Reactors (Smr). Infine, la domanda di energia dei data center quintuplicherà entro il 2040, ma solo il 3% dell’elettricità mondiale sarà assorbito da applicazioni di intelligenza artificiale (il 12% in Nord America). “Un impatto non trascurabile — conclude Dnv — ma inferiore a quello di veicoli elettrici e condizionamento”.
Condividi questo contenuto: