Ember: “Il 55% della rete europea è a rischio blackout”

“Fino al 55% del sistema elettrico europeo dispone di opzioni limitate per importare energia dall’estero. In caso di blackout o guasti gravi, oltre metà della rete non potrebbe contare su aiuti rapidi e sufficienti dai Paesi vicini”. È il dato che emerge dall’ultimo rapporto di Ember, New lines of defence: how interconnectors keep the lights on, che analizza le criticità delle infrastrutture di interconnessione del continente.

Spagna, Irlanda e Finlandia risultano i Paesi più esposti, per la scarsa densità di collegamenti elettrici con gli Stati confinanti. Ma la vulnerabilità non si ferma qui: anche l’Italia, pur meglio interconnessa rispetto ad altre aree periferiche, resta dipendente da poche dorsali critiche, in particolare quelle con Svizzera, Francia e Slovenia. In scenari di crisi diffusa, come ha dimostrato la guerra energetica scatenata dalla Russia, i margini di sicurezza potrebbero rapidamente assottigliarsi.

A fare la differenza sono gli interconnettori, le infrastrutture che collegano le reti elettriche nazionali permettendo scambi immediati di energia. Un ruolo spesso invisibile, ma cruciale: sono loro a stabilizzare il sistema quando si verificano improvvisi cali di frequenza o guasti di grande entità. Negli ultimi cinque anni hanno consentito di evitare o gestire tre grandi blackout nell’Unione europea e hanno permesso a Ucraina e Moldavia di mantenere accesa la luce durante gli attacchi russi.

“Senza interconnettori, l’Europa avrebbe potuto sperimentare due blackout aggiuntivi negli ultimi cinque anni, e quello iberico sarebbe stato molto più grave”, sottolinea Ember nel rapporto. “I Paesi come Ucraina, Moldavia, Lituania, Lettonia ed Estonia sarebbero stati completamente esposti al ricatto energetico russo, con conseguenze politiche e sociali drammatiche”.

Gli esempi concreti abbondano. Nel 2021, in Polonia, un errore a una sottostazione collegata alla centrale di Be?chatów ha tolto dal sistema 3,5 GW in pochi secondi: senza il supporto dei flussi transfrontalieri, l’intero Paese sarebbe piombato nel blackout. Nel 2022 la Francia, colpita da una crisi senza precedenti del nucleare, ha potuto soddisfare fino al 17% della domanda di punta grazie alle importazioni via interconnettori. E il 28 aprile 2025, quando la penisola iberica è stata travolta dal più grande blackout della sua storia moderna, sono state proprio le linee con Francia e Marocco a consentire il riavvio della rete, riportando la luce a 60 milioni di persone.

Ma gli interconnettori non sono solo infrastrutture tecniche: sono diventati strumenti geopolitici. Nel febbraio 2022, a guerra già iniziata, l’Ucraina chiese e ottenne in tre settimane la sincronizzazione di emergenza con la rete europea, rompendo la dipendenza da Mosca e Minsk. Da allora ha potuto importare fino a 2,4 GW, pari a un quinto della sua domanda di punta, riducendo l’impatto devastante dei bombardamenti russi sulle centrali termiche. Lo stesso percorso ha seguito la Moldavia, che dal 2022 ha legato il proprio sistema alla Romania, mentre i Paesi baltici hanno completato nel 2025 la sincronizzazione con l’Europa, liberandosi definitivamente dal controllo russo.

Proprio per la loro centralità strategica, queste infrastrutture sono diventate bersagli di attacchi. Dal 2022 si contano almeno nove episodi di sabotaggio nel Mar Baltico: cavi di comunicazione interrotti, gasdotti danneggiati, un cavo elettrico estone reso inutilizzabile da una nave russa “ombra”. Ad aprile 2025 hacker russi hanno colpito una centrale idroelettrica in Norvegia, mentre a settembre, nell’arco di due giorni, si sono registrati un’esplosione di un treno di gas a Vilnius, un blackout doloso a Berlino e incursioni aeree nello spazio polacco.

“Le infrastrutture energetiche europee sono sotto attacco, con la campagna di guerra ibrida russa che si intensifica di giorno in giorno. Gli interconnettori costituiscono la spina dorsale della sicurezza energetica”, avverte Pawel Czyzak, direttore del programma Europa di Ember. “La loro espansione e protezione devono essere trattate non come una priorità energetica, ma come un elemento vitale per proteggere la società europea dagli attacchi”.

Per Ember le raccomandazioni sono chiare: da un lato, accelerare la costruzione di nuove interconnessioni, soprattutto in aree ad alto rischio come la penisola iberica, l’Europa orientale e la Finlandia. Dall’altro, rafforzare la protezione delle infrastrutture esistenti, con strumenti coordinati che spaziano dalla cybersecurity alla sorveglianza navale, fino all’integrazione nella difesa collettiva Nato.

Il “pacchetto europeo per le reti” in discussione a Bruxelles rappresenta un’occasione cruciale per rilanciare la cooperazione politica e finanziaria. Secondo Ember, la capacità di interconnessione europea dovrebbe quasi raddoppiare entro il 2040, o addirittura triplicare, se tutti i progetti pianificati verranno realizzati nei tempi previsti.

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