Energia e resilienza, così le imprese italiane affrontano il nuovo decennio
Il 2024 si chiude con un calo del fatturato per le grandi e medie imprese italiane (-2,4% complessivo), ma con segnali di tenuta sul fronte dei margini e soprattutto una decisa accelerazione degli investimenti energetici. È quanto emerge dall’ultima edizione dei Dati Cumulativi dell’Area Studi Mediobanca, che analizza 1.905 società rappresentative di quasi metà dell’industria e della manifattura nazionale.
Il decennio 2015-2024 è stato segnato da forti oscillazioni: alla crisi pandemica del 2020 (-10,8%) sono seguiti i rimbalzi del 2021 (+22%) e 2022 (+28,1%), sostenuti anche dall’inflazione. Alla fine, il bilancio resta positivo: +37,6% di ricavi in dieci anni. Il made in Italy ha fatto ancora meglio, con +52,6% di fatturato, trainato dalle esportazioni (+59,6%).
Ma la vera novità sta nella traiettoria degli investimenti: nel 2024 il rapporto tra investimenti materiali netti e fatturato ha raggiunto il 4,1%, massimo del decennio, contro una media 2015-2022 del 3,3%. A trainare è stato il comparto pubblico, che ha destinato quasi il 9% dei ricavi a nuove infrastrutture: energie rinnovabili, in particolare fotovoltaico, digitalizzazione delle reti, mobilità elettrica. Una svolta che conferma il ruolo decisivo delle utilities nel guidare la transizione energetica del Paese. Le imprese private si sono fermate al 3%, comunque sopra la media storica del 2,7%.
Sul piano della redditività, i margini hanno tenuto: l’Ebit margin medio si è mantenuto al 6,5% nel 2024, ben sopra la media del 5,5% del periodo 2015-2022. Le società pubbliche hanno fatto registrare livelli superiori al 9% nel biennio 2023-2024, grazie al peso nei settori energia e gas, caratterizzati da alte barriere all’ingresso e ritorni stabili. Le private si sono fermate al 5,7%, in calo rispetto al 6,1% del 2023.
La solidità dei margini ha consentito di assorbire l’impatto dei nuovi dazi Usa del 15% sul manifatturiero, stimato in appena 0,2 punti percentuali. Una resilienza che si lega alla diversificazione dei settori e al protagonismo delle imprese energetiche. Sul fronte occupazionale, il decennio si chiude con un +9,5% di forza lavoro, trainato dal “IV Capitalismo” delle medie e medio-grandi imprese familiari (+16,9%) e dal made in Italy (+16,7%).
La creazione di valore conferma il ruolo centrale dell’energia. Le imprese pubbliche hanno generato 22.700 euro l’anno per addetto, circa cinque volte la media delle private (4.600). In alcuni comparti energetici la cifra schizza a +85.800 euro l’anno per dipendente, seguita dai petroliferi (+49.100) e dai servizi di pubblica utilità (+34.300). Nella manifattura spiccano farmaceutico (+28.000), bevande (+23.900), gomma e cavi (+21.300). In negativo il terziario, zavorrato dalle telecomunicazioni (-32.200).
Il rapporto Mediobanca evidenzia anche il nodo dei salari. L’inflazione cumulata del 19,7% nel decennio ha eroso il potere d’acquisto: -2,8% rispetto al 2015, -5,8% rispetto al 2021. Mediobanca calcola che un aumento medio di 4.000 euro lordi all’anno per dipendente — assorbendo il 38% del valore creato tra 2021 e 2024 — sarebbe bastato a riportare il costo del lavoro reale ai livelli pre-inflazione.
La sfida per il nuovo decennio sarà dunque bilanciare competitività e redistribuzione, facendo leva sulla spinta degli investimenti energetici che già oggi si configurano come motore industriale e di valore per il sistema Paese.
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