FederBio, un milione di specie viventi è a rischio estinzione
La biodiversità è in pericolo a causa di molteplici fattori, dal cambiamento climatico all’agricoltura intensiva, dal consumo di suolo all’aumento delle specie esotiche invasive. Basti pensare che degli oltre otto milioni di specie viventi presenti sulla Terra, un milione è a rischio estinzione. In Europa poi, più dell’80% degli habitat versa in un cattivo stato di conservazione con ripercussioni sui servizi ecosistemici. Per questo, in occasione della Giornata mondiale della biodiversità che si celebra il 22 maggio, FederBio, la federazione che raggruppa la quasi totalità della rappresentanza del settore biologico, tra cui le principali realtà italiane nei settori della produzione, distribuzione, certificazione, normazione e tutela degli interessi degli operatori e dei tecnici bio, sottolinea l’urgenza di intraprendere azioni concrete per proteggere gli ecosistemi, fondamentali per costruire un futuro più sostenibile. L’agricoltura biologica, non utilizzando sostanze chimiche di sintesi ma basandosi su pratiche ecologiche che preservano la fertilità del suolo e gli habitat naturali, contribuisce in modo significativo alla tutela della diversità biologica e costituisce uno strumento di conservazione attiva dei servizi ecosistemici.
Nel rapporto annuale sulla biodiversità in Italia tracciato dal National biodiversity future center (Nbfc), il primo centro di ricerca nazionale dedicato a questo, viene evidenziato come l’Italia sia il cuore pulsante della diversità biologica mediterranea, visto che ospita circa il 50% delle specie vegetali e il 30% di quelle animali di interesse conservazionistico. Secondo l’Ipbes (Intergovernmental science-policy platform on biodiversity and ecosystem services), considerata la più importante autorità scientifica su questi temi, la biodiversità e i benefici che essa offre alla popolazione umana sono le fondamenta su cui costruiamo il benessere e la prosperità delle comunità di tutto il mondo. Numerosi studi e ricerche confermano gli impatti positivi dell’agroecologia sul piano ambientale. In particolare, la meta-analisi condotta dall’istituto di ricerca Fibl, che ha esaminato 528 pubblicazioni scientifiche per analizzare gli effetti dell’agricoltura biologica, evidenzia che le aziende agricole biologiche, rispetto a quelle convenzionali registrano un incremento fino al 95% delle piante, in particolare di quelle erbacee spontanee, una crescita del 35% dell’avifauna, un aumento del 23% degli insetti impollinatori e del 61% di varietà di specie di semi dormienti nel suolo. Inoltre, le pratiche biologiche contribuiscono alla protezione dei terreni, delle acque e alla riduzione delle emissioni di azoto, con una diminuzione media del 28%. Anche l’analisi “Study on the environmental impacts of achieving 25% organic land by 2030 published” di Nicolas Lampkin e Katrin Padel sostiene gli effetti positivi dell’agricoltura biologica sulla protezione della biodiversità, rilevando che con il 25% di terreni coltivati a biologico si eliminerebbero 68 milioni di tonnellate di CO2 l’anno mentre la biodiversità aumenterebbe del 30% e che la conversione al biologico determinerebbe la drastica riduzione del 90-95% dell’uso dei pesticidi di sintesi di chimica.
“Cambiamento climatico, agricoltura intensiva, consumo di suolo e aumento delle specie esotiche invasive stanno mettendo a rischio gli habitat naturali e sono tra le cause principali del declino della biodiversità” sottolinea Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, “l’agroecologia, di cui il biologico e biodinamico costituiscono le espressioni più avanzate è essenziale per salvaguardare la qualità e la salute dei nostri ecosistemi poiché, favorendo un incremento significativo delle specie animali e vegetali, è decisiva per preservare la ricchezza degli habitat naturali”. Un’ulteriore conferma in questo senso arriva dalla sperimentazione comparativa Trial DOK dell’istituto Fibl, che dal 1978 mette a confronto sistemi di coltivazione biologici, biodinamici e convenzionali dimostrando come i terreni bio siano caratterizzati da una maggiore varietà vegetale, con un numero di specie e semi germinabili, da due a tre volte superiore rispetto ai sistemi convenzionali. Per tutto questo, continua Mammuccini, “rinnoviamo il nostro appello affinché istituzioni, decisori politici, operatori del settore e cittadini spingano sempre di più verso la transizione agroecologica, che coniuga sostenibilità, tutela degli habitat naturali, mitigazione climatica e valorizzazione dei servizi ecosistemici”.
Condividi questo contenuto: