Franciacorta: frenano i volumi ma cresce il fatturato, segno della solidità del brand

L’incertezza geopolitica che ha continuato a farsi sentire nell’arco del 2024 ha inevitabilmente condizionato l’export Franciacorta, spumante metodo classico made in Italy. A rivelarlo è l’Osservatorio Economico interno, che prende in riferimento i dati relativi alle cantine aderenti al Consorzio, nella zona collinare situata tra Brescia e l’estremità meridionale del Lago d’Iseo. Nel dettaglio, il 2024 si è chiuso con un venduto in volumi in lieve flessione rispetto all’anno precedente (-2,0%). Il dato rassicurante, però, è il trend dei fatturati che, anche nel 2024, mostrano performance superiori rispetto ai volumi. Questo ha portato a un ulteriore incremento dei prezzi medi rispetto al 2023 (+0,7%) confermando la solidità del brand. Silvano Brescianini, presidente del Consorzio, fa il punto della situazione attuale e rivela le sue previsioni per il 2025.

I dati stimati per il 2024 rilevano una flessione nei volumi di vendita, ma un aumento dei prezzi medi a favore di un fatturato in aumento. Rispetto al periodo pre-Covid, però, si registra un andamento positivo. Possiamo parlare di un “ridimensionamento” del mercato?

“Direi di sì, ‘ridimensionamento’ inteso come un processo di assestamento dopo gli anni di picchi e di straordinarietà causati dalla pandemia e dalle sue conseguenze. La flessione dei volumi di vendita, accompagnata da un aumento dei prezzi medi, sembra indicare una sorta di normalizzazione, come se il mercato stesse tornando a un equilibrio più stabile dopo la fase di ‘euforia’ legata alla riapertura. Tuttavia, considerando il fatto che il fatturato rimane in crescita, si potrebbe comunque parlare di un andamento positivo, almeno in termini di valore. Il nostro settore dipende molto dalle variabili esterne e da quelle riguardanti la produzione annuale. Questo evidenzia quanto sia importante la componente imprevedibile, che si traduce in una continua necessità di adattarsi e rimanere flessibili di fronte alle incertezze del mercato e delle condizioni globali”.

L’export ha rallentato: la crisi tedesca si è fatta sentire, lo yen forte ha penalizzato le vendite in Giappone, considerato il mercato numero uno. Nell’insieme come vede la situazione oltreconfine?

“Nonostante queste difficoltà, il Consorzio sta compiendo importanti investimenti all’estero e, in particolare, stiamo registrando buoni risultati negli Stati Uniti, che ci confortano e dimostrano che la strategia di posizionamento sul gusto e sul valore sta dando i suoi frutti. Per quanto riguarda il Giappone, prevediamo di incrementare ulteriormente gli investimenti, cercando di adattare la nostra offerta alle specificità locali e puntando su un posizionamento più mirato. In generale, la spinta verso l’internazionalizzazione continua a essere una delle priorità del Consorzio, con l’obiettivo di ampliare la nostra presenza sui mercati stranieri e di consolidare la nostra competitività globale”.

Aumentano le vendite nella Grande Distribuzione Organizzata mentre diminuiscono in Horeca ed enoteche. Può voler dire che Franciacorta sta vivendo una fase di leggero livellamento verso la fascia più bassa del mercato?

“Non direi. I consumi fuori casa, infatti, rappresentano ancora oltre il 60% del totale, e questo dimostra che c’è una forte domanda per il prodotto nei canali tradizionali come ristoranti, bar ed enoteche. Tuttavia, è vero che durante il periodo natalizio abbiamo visto alcuni brand fare vendite promozionali nella Gdo, in diverse regioni, il che potrebbe indicare un tentativo di spingere il prodotto in nuovi segmenti o di rispondere a dinamiche di mercato particolari. Più realisticamente, credo che la crescita nelle vendite tramite Gdo e grossisti/importatori stia favorendo un’espansione del Franciacorta in un ambito più ampio, senza però compromettere la sua posizione di brand premium. La Gdo sta contribuendo a rendere il prodotto più accessibile, pur mantenendo un’immagine di qualità legata al territorio, e questo sta permettendo al Franciacorta di arrivare a un pubblico più vasto senza sacrificare la sua reputazione. In sostanza, la distribuzione sta cambiando, ma non in una direzione che comporti un abbassamento del posizionamento del Franciacorta”.

Lei è anche General manager e vice presidente di Barone Pizzini, che per quanto riguarda il biologico ha fatto da traino all’intero territorio. La Franciacorta oggi è totalmente sostenibile, tutte le aziende, o quasi tutte, hanno adottato sistemi biologici. Questo fattore premia sul mercato?

“Assolutamente, la crescente diffusione della cultura della biodiversità tra i viticoltori è un segnale positivo per il settore, ed è un aspetto che sicuramente gioca un ruolo importante anche sul mercato. Non rappresenta però una strategia di marketing, quanto piuttosto un vero e proprio impegno verso la sostenibilità e la protezione del nostro principale patrimonio: la terra. Adottare pratiche biologiche non è solo un vantaggio per il consumatore, che oggi è sempre più attento alla qualità e alla sostenibilità dei prodotti che acquista, ma è anche un dovere verso l’ambiente. Nel caso di Barone Pizzini, siamo stati pionieri in questo ambito, e come prima azienda biologica del territorio abbiamo avuto il privilegio di trainare un cambiamento che ha coinvolto l’intera Franciacorta. Questo impegno verso l’ambiente, che rispetta la biodiversità e le risorse naturali, non solo valorizza il nostro prodotto, ma contribuisce a creare una connessione più forte tra il vino e il suo territorio d’origine. Oggi, la sostenibilità è un valore imprescindibile per tutte le aziende di Franciacorta, e sono convinto che questo approccio, che rispetta la natura e migliora la qualità del prodotto, premi sempre di più sui mercati internazionali, dove i consumatori cercano sempre più trasparenza e impegno concreto verso la sostenibilità”.

Nel corso degli anni, Franciacorta è arrivata a competere alla pari con i blasonati champagne. Cosa si può fare in più per valorizzare il vostro territorio e le realtà che lo caratterizzano?

“Nonostante il Franciacorta abbia raggiunto un livello di riconoscimento internazionale, il suo patrimonio, fatto di tradizione, biodiversità e di un forte legame con il territorio, è una storia affascinante che merita di essere raccontata in modo più completo e coinvolgente. Il Consorzio sta certamente lavorando in questa direzione, ma credo che la sfida principale sia riuscire a trasmettere l’unicità del Franciacorta in modo coerente e capillare, a livello mondiale. Non si tratta solo di promuovere un prodotto, ma di raccontare un intero ecosistema che rende il nostro vino speciale. In questo, la cultura della sostenibilità, la tradizione vitivinicola e l’innovazione che caratterizzano la nostra zona devono diventare parte integrante della comunicazione. Ogni azienda, anche se di dimensioni diverse, ha un ruolo da giocare nel rafforzare il legame con il territorio e nel diffondere la consapevolezza della qualità e del valore che il Franciacorta esprime. Le strategie del Consorzio mirano a consolidare la nostra identità, a fare in modo che il pubblico comprenda non solo il prodotto, ma anche la sua origine, il suo terroir, il lavoro che c’è dietro, creando così una connessione emotiva più profonda con i consumatori. Quindi sì, c’è ancora tanto da fare, e sono convinto che con il giusto impegno riusciremo a far conoscere ancora meglio le bellezze e le peculiarità della nostra terra”.

Qual è il suo outlook sul 2025 per la Franciacorta e, più in generale, per il mondo del vino?

“Il 2025 si preannuncia un anno di sfide, con molta incertezza che deriva da vari fattori globali, economici e geopolitici. Per il mondo del vino, non sarà un periodo facile, e dovremo affrontare realtà come l’inflazione, i cambiamenti nelle abitudini di consumo, le difficoltà logistiche e i problemi legati al clima. Tuttavia, è proprio in momenti di incertezze che il nostro impegno e la nostra capacità di adattamento devono fare la differenza. Per la Franciacorta, in particolare, sono ottimista. Siamo ben posizionati nel mercato e il nostro impegno verso la sostenibilità, la qualità e l’innovazione continua a essere un valore distintivo che ci consente di affrontare le difficoltà con fiducia. Pur essendo prudente nell’affrontare le sfide, siamo consapevoli della forza che il nostro territorio e il nostro prodotto hanno costruito nel tempo. Continueremo a promuovere la Franciacorta in modo costante, puntando su mercati internazionali, ma senza perdere di vista l’importanza di consolidare la nostra presenza anche in quelli più maturi. La chiave sarà essere flessibili, capaci di rispondere rapidamente ai cambiamenti e di raccontare sempre meglio la nostra storia”.

Come vede l’impatto del boom dei vini no-alcol?

“Mi sembra una risposta a nuove esigenze dei consumatori, e non lo considero un problema, anzi, un’opportunità. La crescente attenzione verso stili di vita più sani, l’interesse per il benessere e la consapevolezza riguardo al consumo responsabile di alcol stanno spingendo sempre più persone a cercare alternative. I vini no-alcol, quindi, rappresentano un nuovo canale che si inserisce in un mercato in evoluzione, dove i consumatori vogliono ancora godere dell’esperienza del vino, ma senza gli effetti dell’alcol. Per il nostro settore, potrebbe anche essere una possibilità di espandere il nostro pubblico, raggiungendo consumatori che magari prima non avrebbero scelto un vino tradizionale, ma che ora sono attratti da una proposta senza alcol. Per quanto riguarda il Franciacorta, che è un vino con un forte legame con la tradizione e la qualità, l’introduzione di varianti no-alcol potrebbe non essere direttamente in linea con il nostro core business, ma è interessante osservare come l’industria del vino, nel suo complesso, si stia adattando alle tendenze del mercato. È un segmento che merita attenzione e che potrebbe evolvere nel tempo in maniera interessante”.

Condividi questo contenuto: