Gli effetti dei dazi: per farmaci, navi, auto un conto da 5 miliardi. Giorgetti: “Un danno”
MILANO – Farmaceutica, cantieristica e comparto auto sono i settori dell’industria tricolore che rischiano di pagare il prezzo maggiore – in termini di perdita di fatturato – al braccio di ferro sul commercio estero con Donald Trump e i suoi States. Una partita che, per il complesso del tessuto produttivo italiano, nella peggiore delle ipotesi significa dover cancellare 5 miliardi di fatturato nel corso del 2025. Ma quel che più preoccupa nelle tolde di comando delle aziende sono le possibili ferite, ancor più profonde, sulla marginalità, ovvero la capacità di generare profitto dalle vendite: l’automotive resta tra gli ambiti più deboli, con macchine per imballaggi, vino e macchinari agricoli a seguire.
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Sono questi i risultati di un focus di Cerved sull’impatto dei dazi, nell’ambito dell’indagine sulle prospettive dell’industria italiana. «Il quadro generale è già di debolezza – premette Serenella Monforte, responsabile del servizio analisi settoriali di Cerved – perché sulla manifattura italiana nel corso del 2024 si è scatenata una tempesta perfetta» generata dai venti contrari di tassi ancora elevati, calo della domanda estera e fiacchezza dei consumi interni.
Le previsioni per il prossimo biennio sono ora molto incerte: il fatturato delle imprese italiane potrebbe salire dell’1,9%, in termini reali, da qui al 2026. Ma se tensioni geopolitiche, commercio internazionale, inflazione e politiche monetarie, capacità di scaricare a terra il Pnrr non dovessero andare per il verso giusto, il segno dei ricavi girerebbe in negativo con un calo cumulato del 2%. Già una forbice di previsione così ampia è il segno di tempi nebulosi. Le aziende si presentano al cospetto del ciclone Trump «ricapitalizzate e con la prospettiva di una sostenibilità dei debiti in miglioramento, grazie al calo dei tassi» ma le incognite sono dietro ogni angolo. Quelle stesse che ha ricordato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, alla Camera: «È innegabile – ha detto ieri – che la politica di introduzione di dazi Usa potrebbe danneggiare l’economia italiana». Ma ha anche voluto sottolineare che «decenni di concorrenza totale», la «mitica globalizzazione» spesso «senza regole», hanno generato altrettanti «danni e concorrenza sleale» di cui spesso «ci dimentichiamo». per questo l’Italia si prepara a presentare un piano per allargarsi su altri mercati – come ha annunciato il ministro degli Esteri Tajani – che verrà presentato il prossimo 21 marzo.
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Sta di fatto che ancora le ultime notizie, tra «effetto yo-yo» tra annunci di tariffe e successive retromarce da un lato all’altro dell’Atlantico, per Monforte «non fanno che rendere impossibile ogni programmazione d’investimento».
Cerved ha calcolato quanto peserebbe sull’industria tricolore un dazio orizzontale al 25 per cento, sul modello di alluminio e acciaio. Considerato il peso dell’export verso gli Usa per ciascun settore e il diverso grado di elasticità al prezzo (è più facile continuare a vendere i beni destinati direttamente ai consumatori, come gli articoli di lusso o il cibo di qualità, piuttosto che un macchinario non specializzato facilmente sostituibile) ne viene la classifica di chi rischia di soffrire maggiormente.
Le specialità farmaceutiche potrebbero perdere 753 milioni di euro in fatturato, i cantieri 281 milioni, le auto oltre 200 milioni. Anche il vino pagherebbe un conto salato, da oltre 130 milioni. Importante l’impatto nel complesso del settore moda, per oltre 560 milioni. «Qualsiasi simulazione si presta alla volatilità dello scenario», precisa Monforte.
Come detto, l’impatto non riguarderebbe solo il fatturato ma anche i margini: l’extra-costo derivante dai dazi peserebbe maggiormente sui settori che già oggi hanno un livello di profittabilità schiacciato: le automobili, che partono da un quota di margine operativo sul fatturato di 11 punti percentuali, «rischiano di dimezzarlo». Altre filiere su cui si accende un allarme rosso dato dal mix di alta esposizione agli Usa e bassa marginalità per attutire i contraccolpi sono affini alle quattro ruote: organi di trasmissione e componentistica di autoveicoli e altri mezzi di trasporto, segnala il cruscotto Cerved.
Senza contare che «all’orizzonte c’è sempre la minaccia di un dazio reciproco», che ancora ieri Trump agitava contro «l’Irlanda che ha portato via aziende americane». Significa che gli Usa pareggerebbero le tariffe imposte loro dai partner commerciali. Nel caso dell’Europa, la mannaia «interesserebbe» ancora una volta «in particolare l’automotive: mentre noi applichiamo tariffe intorno al 10%, gli Usa sono infatti al 2,6% e un riequilibrio sarebbe oneroso per il settore».
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