Green jobs, motore della transizione
Digitalizzazione, intelligenza artificiale, transizione energetica e cambiamenti climatici sono i principali fattori che trasformeranno il mercato del lavoro a livello mondiale da qui al 2030. A prevederlo sono le proiezioni del World Economic Forum (Wef), pubblicate a inizio gennaio nel rapporto “Future of Jobs 2025”, condotto su un campione di oltre 1.000 datori di lavoro globali che rappresentano complessivamente più di 14 milioni di lavoratori in 22 cluster industriali e 55 economie da tutto il mondo.
Gli analisti del Wef sottolineano che le profonde trasformazioni in corso creeranno 170 milioni di posti di lavoro entro fine decennio, il 14% dell’occupazione attuale, bruciandone circa 92 milioni. La crescita netta sarà di 78 milioni di nuovi lavoratori, in buona parte generati dai green jobs. Il 47% dei datori di lavori prevede infatti che gli investimenti per ridurre le emissioni di carbonio guideranno la trasformazione aziendale nei prossimi 5 anni; e il 41% sostiene che serviranno per adattare le organizzazioni ai cambiamenti climatici e mitigarne l’impatto.
Nell’agenda delle priorità, queste due “emergenze” si collocano rispettivamente al terzo e sesto posto. Se affrontate nel modo giusto, il Wef stima che potrebbero garantire entro il 2030 una crescita netta di 5 milioni di posti di lavoro (nel primo caso) e 3 milioni (nel secondo). Un altro milione dovrebbe arrivare dalle trasformazioni in atto nel settore della generazione, stoccaggio e distribuzione di energia. In tutto, 9 milioni di risorse aggiuntive.
Il Wef però evidenzia che ad oggi la domanda di competenze green adeguate alle richieste del mercato risulta ancora molto superiore all’offerta, nonostante quest’ultima sia aumentata a livello globale del 12% tra il 2022 e il 2023. Tra i 15 profili più attenzionati e in forte crescita, ci sono ingegneri delle energie rinnovabili e ambientali, specialisti della sostenibilità, tecnici e operai per la transizione energetica. Questa tendenza è confermata dalle rilevazioni di LinkedIn (luglio-agosto 2024) prodotte per il rapporto del Wef, secondo le quali i tassi di assunzione dei profili “green” hanno costantemente superato negli ultimi anni quelli complessivi del mercato del lavoro. C’è stato solo un calo nel corso del 2021 e all’inizio dell’anno successivo, subito compensato da una crescita esponenziale e ininterrotta che è iniziata dopo il mese di maggio 2022, quando si è toccato il punto più basso, ed è proseguita fino ad oggi.
In Italia, la traiettoria è simile a quella registrata a livello mondiale. Almeno così dicono i dati del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Secondo il rapporto, aggiornato lo scorso luglio, le previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali nel nostro Paese a medio termine (2024-2028) evidenziano che la transizione energetica ha portato a una maggiore propensione delle imprese italiane agli investimenti green e a una crescente attenzione verso i professionisti con competenze in grado di supportare questa transizione.
Tra il 2018 e il 2023, se si esclude l’anno della pandemia, si osserva una crescita costante nel numero di imprese che hanno deciso di investire in competenze green. Si è passati in 5 anni dal 49,4% al 56,4%. Un trend che, secondo l’indagine Excelsior, in uno scenario positivo dovrebbe proseguire anche nei prossimi 5 anni. Tra il 2025 e il 2028, si stima infatti che le imprese e la pubblica amministrazione avranno bisogno di oltre 2,4 milioni di professionisti green di livello intermedio (quasi due terzi del fabbisogno quinquennale) e più di 1,5 milioni con un elevato livello tecnico e di specializzazione (poco più del 40% sul totale).
Allo stesso tempo, i dati Excelsior evidenziano, sempre in uno scenario positivo, che tra il 2024 e il 2028 serviranno circa 2,2 milioni di lavoratori con competenze digitali (circa il 59% del fabbisogno totale). La richiesta varia a seconda del grado di specializzazione dei lavoratori: dal 22% per operai e professioni non qualificate, al 57% per professioni impiegatizie e dei servizi, fino all’85% per professioni specializzate e tecniche.
Inoltre, la stima per il quinquennio delle figure con “e-skill mix”, cioè in possesso di almeno due delle tre e-skill mappate nell’indagine Excelsior (competenze digitali di base, capacità di utilizzare linguaggi e metodi matematici e informatici, capacità di gestire soluzioni innovative), indica un fabbisogno di oltre 920mila professionisti, poco meno di un quarto del totale. Dal momento che la richiesta di personale punta a due o tre competenze digitali integrate (e-skill), si osserva una maggiore concentrazione della domanda tra le professioni altamente specializzate e tecniche. Queste includono analisti e progettisti di software, ingegneri dell’informazione, progettisti e amministratori di sistemi, tecnici programmatori, gestori di reti e sistemi telematici.
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