Il modello cooperativo come risposta al mercato: l’esempio Cavit

In un settore vitivinicolo italiano dove la frammentazione produttiva è spesso un limite, il modello cooperativo può essere un vantaggio competitivo concreto e misurabile. Un esempio tangibile arriva dai dati di Cavit: il consorzio trentino aggrega infatti 11 cantine sociali e oltre 5.250 viticoltori per un fatturato consolidato di 253 milioni di euro nell’esercizio 2023/2024. Con il 76% del business generato dall’export e una superficie vitata che copre il 60% dell’intera provincia di Trento, Cavit è un caso di studio su come la cooperazione possa creare scala, efficienza e capacità di investimento. Il tutto senza rinunciare alla cura artigianale del vigneto, come ama sottolineare Enrico Zanoni, Direttore Generale di Cavit dal 2009, con cui abbiamo parlato del modello produttivo del consorzio che rappresenta.

Pensare a 10-20 anni: il vantaggio di una visione a lungo termine

Tra gli oltre 5mila viticoltori, le cantine sociali e il territorio frammentato è in dubbio che Cavit gestisca un sistema complesso. Ma ciò che dal punto di vista economico-gestionale può sembrare una situazione complicata per Zanoni ha anche vantaggi competitivi rilevanti. Il primo è la capacità di pianificare con orizzonti temporali che per altre aziende sarebbero impensabili. “Io posso permettermi di parlare in consiglio di amministrazione ragionando a 10-20 anni, che è una cosa abbastanza rara – spiega il manager di Cavit – I viticoltori sono tanti e frammentati, ma riusciamo comunque ad avere nel nostro dna una visione di lungo periodo. Questo perché i vigneti erano dei bisnonni, dei nonni, e le vendite delle vigne sono una rarità. Questa stabilità generazionale si traduce in investimenti strutturali che difficilmente un’azienda orientata al breve termine potrebbe sostenere”.

L’altro vantaggio è quello di disporre di una superficie molto importante. “Investire in 6.000 ettari di vigneto sarebbe un capitale enorme – sottolinea Zanoni – Con il nostro modello, li abbiamo a disposizione senza aver dovuto investire in capitale, ed è un aspetto molto importante”. Il gruppo Cavit comprende anche Cesarini Sforza (100%), GLV (80%) e la società tedesca Kessler Sekt (50,1%), acquisite nel 2019 per rafforzare il presidio sulla spumantistica. Attualmente gli Stati Uniti sono il primo mercato estero, seguiti da Inghilterra, Canada, Germania e Olanda. L’Italia rappresenta il 24,3% del business, seconda solo agli Usa, con una leadership consolidata nella Gdo dove la linea Mastri Vernacoli occupa le prime posizioni nei vini bianchi fermi a livello nazionale.

Qualità accessibile: superare le aspettative in ogni fascia

“Disporre di una superficie così ampia porta di conseguenza altri ulteriori elementi di vantaggio competitivo, tra cui segmentazione e flessibilità”, aggiunge Zanoni. La segmentazione funziona attraverso una struttura di agronomi che valuta e remunera le uve in base a parametri qualitativi specifici, permettendo di costruire linee di prodotto diverse per canali e fasce di prezzo differenti: da Mastri Vernacoli per la Gdo a Bottega Vinai per l’Horeca, fino a Il Maso per le micro-produzioni e Altemasi Trentodoc per il segmento premium. Il concetto di “qualità accessibile” che Cavit rivendica non è uno slogan, ma una strategia operativa precisa che attraversa tutte le fasce di prezzo. “Vogliamo che chi stappa un nostro Müller Thurgau comprato al supermercato rimanga sorpreso positivamente dalla qualità del prodotto in relazione al prezzo accessibile. E questo vale in tutte le fasce”. Un meccanismo che viene replicato anche sul segmento premium, con Altemasi ad esempio. “Questo è il nostro concetto di qualità accessibile, ed è sicuramente figlio del fatto di poter disporre di 6.000 ettari”, aggiunge Zanoni. Ma come si riesce a mantenere un’adeguata redditività anche sulle fasce più affordable? “Grazie a sinergie, segmentazione, attenzione ai costi e masse critiche anche negli acquisti. Siamo un’azienda che fa grandi volumi e questo ci dà modo di avere certi vantaggi da economia di scala”.

La cooperazione elimina intermediari e rendite di posizione, sottolinea il direttore generale di Cavit, permettendo di concentrare il valore creato sulla qualità del prodotto e sul rapporto con il consumatore finale. “La redditività unitaria può essere inferiore rispetto a produttori di nicchia super premium – spiega – ma i volumi e l’efficienza operativa compensano, garantendo sostenibilità economica al sistema e remunerazione adeguata ai viticoltori”.

Resilienza territoriale e costanza qualitativa

La diversità geografica dovuta all’ampia superficie genera un altro vantaggio competitivo misurabile per un sistema cooperativo come quello di Cavit: la capacità di gestire le annate difficili mantenendo standard qualitativi costanti. Un fattore non di poco conto, come sottolinea Zanoni: “Il Trentino è un territorio piccolo, però al suo interno ha tutta una serie di microaree e microclimi. Ogni annata ha le sue peculiarità e può succedere che un anno la zona dell’altopiano di Brentonico esprima qualità eccezionale, l’anno dopo magari un po’ meno, e viceversa invece la collina di Trento. Questo ci consente di avere sempre nelle diverse fasce di prodotto una costanza qualitativa che rispetta l’evoluzione dell’annata”.

Per governare questa complessità, Cavit ha investito in una struttura di circa quindici agronomi che lavora in sinergia con gli agronomi delle cantine di primo grado, coordinando difesa fitosanitaria, scelte agronomiche e gestione della vendemmia.

PICA: tecnologia condivisa come leva competitiva

Il sistema PICA rappresenta l’investimento tecnologico più significativo del consorzio e un esempio concreto di come il modello cooperativo permetta innovazioni altrimenti fuori portata per i singoli produttori. “Siamo stati pionieri”, sottolinea Zanoni. “PICA è una piattaforma informatica che ha digitalizzato una serie di saperi che già avevamo, come il catasto viticolo e le tipologie di terreno, a cui abbiamo aggiunto altri elementi, dalla zonazione alle informazioni già disponibili sulle ore di esposizione solare. Tutto ciò ci permette di portare avanti una viticoltura di precisione, di dare indirizzi chiari sia per la difesa che per altre pratiche agronomiche, sia quando è il momento ideale per la raccolta che eventuali espianti e reimpianti. Il tutto in modo molto mirato”.

Il sistema, che ha ricevuto il Premio Innovazione SMAU 2021, rappresenta oggi uno strumento operativo quotidiano per migliaia di viticoltori che ricevono indicazioni precise via SMS o email su quando e come intervenire nei vigneti. Un investimento che si ammortizza su una base produttiva così ampia e diventa quindi accessibile a tutti i soci cooperatori.

Gli obiettivi di crescita in mercati in contrazione

Guardano al futuro del settore, lo scenario per i prossimi anni non è privo di sfide. “Sicuramente il quadro non è dei più favorevoli e stiamo assistendo a una generalizzata contrazione dei consumi”, ammette Zanoni che sottolinea come la riduzione del consumo pro capite di vino stia interessando ora anche i mercati di esportazione tradizionalmente in crescita. Non solo l’Italia. “Dovremo competere in mercati in contrazione, è un aspetto che non può essere ignorato. Generare crescita è molto più difficile e per certi aspetti anche costoso”.

In questo contesto, Cavit punta su asset strategici specifici. “Per noi la spumantistica è una risorsa fondamentale, lo è da anni e lo sarà nel futuro. E le bollicine all’interno di questo scenario sono sicuramente un’area che ha più chance e più possibilità di soffrire meno o di crescere”. Zanoni vede infatti ancora margini di miglioramento per la spumantistica: “Sicuramente non sarà come quella che abbiamo avuto negli ultimi 5-10 anni, sicuramente sarà più faticosa, ma riteniamo per prodotto, posizionamento, territorio e capacità distributiva di avere ancora margini di crescita”. Sui vini fermi la strategia è diversa. “In questo caso diventa molto difficile generare crescita nei prossimi anni. Noi prevediamo un consolidamento – flessione dei volumi, ma un mantenimento dei valori”, chiarisce il direttore generale. Per Cavit la sfida è difendere il valore economico anche in presenza di volumi in contrazione, spostando progressivamente il mix verso fasce di prezzo più alte senza perdere il dna di azienda che porta qualità a un pubblico ampio.

La gestione dell’impatto tariffario richiede flessibilità strategica. “Monitoriamo settimana per settimana cosa accade per capire se servono degli aggiustamenti o meno. Abbiamo fatto scelte strategiche differenti a seconda delle situazioni: in alcuni casi riduciamo la pressione promozionale, in altri casi trasferiamo sul consumatore o mettiamo anche noi le mani in tasca e riduciamo un po’ i listini”, conclude Enrico Zanoni. Con un fatturato importante e una struttura che ha retto alle turbolenze del mercato post-pandemico, Cavit conferma che la cooperazione non è solo un’eredità del passato ma una formula competitiva per il futuro del vino italiano. La sfida è mantenere l’equilibrio tra scala industriale e cura artigianale, tra accessibilità e premiumizzazione.

Condividi questo contenuto: