Imprese e investitori, l’impatto del clima

Tra inondazioni, ondate di calore e siccità, gli eventi meteorologici estremi legati alla crisi climatica minacciano la vita delle persone e l’ambiente, e comportano enormi perdite economiche per le società. La temperatura media globale è cresciuta molto dai tempi della rivoluzione industriale, e siamo sulla traiettoria di un aumento di 3°C entro la fine del secolo: uno scenario che potrebbe comportare una riduzione della produzione economica cumulativa tra il 15% e il 34%. Questa prospettiva si potrebbe evitare, come chiarisce un report di Bcg: un incremento rapido e sostenuto degli investimenti globali in mitigazione e adattamento aiuterebbero a rallentare il riscaldamento globale grazie al taglio delle emissioni e a ridurre la vulnerabilità agli effetti del climate change.

econdo lo studio Landing the Economic Case for Climate Action with Decision Makers, un investimento tra l’1% e il 2% del Pil cumulativo in queste attività per limitare l’incremento della temperatura a 2°C dai livelli pre-industriali contribuirebbe a ridurre il danno economico a un valore compreso tra il 2% e il 4%. Il costo netto dell’inazione sarebbe equivalente a una percentuale del Pil cumulativo compresa tra l’11% e il 27%. A pagare il prezzo di questa crisi sono anche le imprese, chiamate a uno sforzo maggiore sul piano della sostenibilità, e i loro investitori. In questo contesto, l’asset manager Schroders e il Global Labor Institute (Gli) della Cornell University hanno sviluppato delle linee guida per sostenere l’attività di engagement con le aziende sui temi dell’adattamento, della resilienza e del rischio climatico.

Il modello è stato realizzato grazie al contributo di esperti aziendali e ricercatori della Cornell School of Industrial and Labor Relations (Ilr), e intende aiutare gli investitori ad avere un dialogo costruttivo con le realtà più esposte a questi rischi, con l’obiettivo di incoraggiare azioni per fronteggiare nel modo migliore gli impatti fisici del cambiamento climatico, come l’adozione di buone pratiche in termini di valutazione dei rischi e piani d’intervento. Si raccomanda inoltre ai brand di sostenere i fornitori nelle attività di adattamento, visto che i rischi climatici sono diffusi in tutti i centri di produzione. Come fa notare Schroders, la crisi del clima avrà un impatto sui rendimenti degli investimenti e sui risultati per i clienti, a causa di minori ricavi, maggiori costi operativi e stranded asset, attività finanziarie che perdono valore a causa di cambiamenti economici, ambientali e normativi.

L’asset manager ha già cominciato ad applicare le linee guida nella sua attività di engagement con i brand dell’abbigliamento, per sostenere la performance degli investimenti e la resilienza dei portafogli dei clienti. E prevede di estenderne l’adozione anche ad altri comparti, tra cui l’alimentare e l’edilizia. Per comprendere la portata degli effetti climatici, Schroders ha condotto una ricerca con il Gli: i principali produttori dell’industria dell’abbigliamento potrebbero fare i conti con costi associati a riscaldamento estremo e inondazioni in media fino al 5% o più dei profitti operativi. Questi rischi specifici hanno un impatto che può comprendere le conseguenze sulla salute dei lavoratori, il rallentamento della produzione, la chiusura totale delle fabbriche e dei sistemi stradali, ferroviari e portuali. Un’altra analisi di Schroders e dell’Ilr ha evidenziato che entro il 2030 quattro Paesi centrali per la produzione di abbigliamento potrebbero perdere 65 miliardi di dollari di utili derivanti dalle esportazioni per motivi legati al caldo estremo e alle inondazioni.

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