La sfida di Trump al mondo: “Dazi al 20% per l’Europa, ci avete derubato per anni”

NEW YORK – Il giorno della liberazione dell’America annunciato da Donald Trump passerà alla storia come quello in cui il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato guerra commerciale al mondo. Quello dei dazi reciproci a tutti i Paesi, a cominciare dal 25 per cento sulle importazioni di auto straniere a partire dalla mezzanotte di ieri. E poi: il 20 per cento imposto all’Unione Europea, il 10 al Regno Unito, il 34 alla Cina. E ancora: il 32 all’Indonesia, il 46 al Vietnam, il 32 a Taiwan, il 24 al Giappone, il 25 alla Corea del Sud, il 26 all’India, il 10 a Brasile e Argentina. «Oggi è il giorno della liberazione – ha dichiarato Trump, aprendo il suo cupo discorso dal Giardino delle Rose della Casa Bianca – il 2 aprile 2025 sarà ricordato per sempre come il giorno in cui è rinata l’industria americana, l’America sarà di nuovo ricca».

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In un intervento durato quarantotto minuti Trump ha ridisegnato gli accordi economici con tutti i partner commerciali. Ha presentato un lungo elenco di Paesi, apparso simile a un regolamento di conti: «L’amico è spesso peggiore del nemico in termini di commercio, ma questi equilibri hanno devastato la nostra base industriale e messo a rischio la nostra sicurezza nazionale». La linea, ha spiegato, è “semplice”: «Gli altri faranno con noi quello che faremo noi a loro». Non si è salvato un altro storico alleato, l’Australia, “colpevole” di aver messo al bando la carne americana mentre gli Stati Uniti importano prodotti per tre miliardi di dollari. Trump ha accusato l’Europa di «aver imposto dazi superiori al 10 per cento e ha un’Iva del 20, molto, molto più alta». «I Paesi dell’Unione Europea – ha detto – sono stati molto duri sul piano commerciale: ci hanno derubato tantissimo, è triste, hanno imposto dazi per il 39 per cento del valore. Noi, in risposta, applicheremo il 20».

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Ha avvertito anche gli alleati asiatici: «Forse la cosa peggiore di tutte sono le restrizioni non monetarie imposte dalla Corea del Sud, dal Giappone e da molte altre nazioni». «A causa di queste barriere commerciali – ha ricordato – l’81 per cento delle automobili in Corea del Sud è prodotto in Corea del Sud. Il 94 per cento delle auto in Giappone è prodotto in Giappone. Toyota vende un milione di auto fatte negli Stati Uniti, mentre General Motors quasi nessuna, e Ford pochissime. Nessuna delle nostre aziende ha il permesso di entrare in altri Paesi». Trump ha parlato di «gravi squilibri commerciali» ma ha spiegato di «non dare la colpa» a questi altri Paesi, ma «agli ex presidenti del passato che non hanno fatto il loro lavoro». Trump ha citato Svizzera, Indonesia, Malesia. «Oh, guardate la Cambogia – ha aggiunto – Hanno fatto una fortuna con gli Usa». Poi è toccato a Brasile, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka.

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Il tycoon non ha mai ammorbidito il tono duro e rabbioso. E non lo farà presto. Un rappresentante della Casa Bianca, dopo la fine dell’intervento, ha avvertito i Paesi destinatari dei provvedimenti: «Se qualcuno pensa a ritorsioni, contro gli Stati Uniti, Trump farà in modo che il suo ordine non venga indebolito».

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