Le parole chiave per parlare di equità retributiva

Trasparenza salariale, ahimè, non fa necessariamente rima con chiarezza linguistica, soprattutto in materia di parità retributiva tra uomini e donne. E proprio in vista dell’attuazione entro il 7 giugno 2026 della direttiva Ue 2023/970 contro le diseguaglianze di genere, gli esperti della piattaforma per la formazione linguistica aziendale Babbel for business hanno stilato il glossario minimo per parlare di questa importante trasformazione del mondo del lavoro. In particolare “stiamo assistendo a un importante cambio del paradigma che riguarda la definizione dei sistemi retributivi, frutto di pratiche culturali diverse da Paese a Paese – commenta Maren Pauli, capo della didattica B2B di Babbel for business – In questo momento la comunicazione diventa uno strumento imprescindibile: utilizzare un linguaggio chiaro e condiviso permette di costruire un clima di fiducia contribuendo a ridurre le diseguaglianze strutturali come il divario retributivo di genere, il cosiddetto ‘gender pay gap’”.

Tra i termini in assoluto più noti in materia di diseguaglianze salariali, il ‘gender pay gap’ indica la differenza tra le retribuzioni medie percepite da uomini e donne. Indicatore chiave per individuare, monitorare e ridurre le eventuali disparità di trattamento economico attuate da parte delle aziende, viene solitamente espresso in percentuale oppure come rapporto monetario. Per individuare eventuali diseguaglianze ingiustificate nei compensi legate al genere e non solo, si possono svolgere delle analisi sistemiche, i cosiddetti ‘pay audit’, che, oltre a prendere in considerazione salari, bonus e benefit, tengono conto anche di ruoli, responsabilità, promozioni e percorsi di carriera.

Sempre auspicabile ai fini di migliorare il clima generale aziendale ovviando al rischio di essere vittime dei pregiudizi ovvero di ‘unconscious bias’, la ‘compensation disclosure’ consiste, a sua volta, nel rendere pubblici i dettagli relativi alla struttura salariale di un’organizzazione. Una volta raccolti i dati retributivi interni è sempre possibile confrontarli con quelli relativi a posizioni simili in altre realtà facendo ‘salary benchmarking’. Estendendo l’analisi al sistema Paese è possibile, inoltre, misurare gli eventuali progressi compiuti in tema di parità di genere nei diversi ambiti della vita sociale, economica e lavorativa all’interno dell’Ue utilizzando il ‘gender equality index’ sviluppato da parte dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige) e pubblicato con cadenza annuale dal 2013. ‘Last but not least’ , l’attuazione della nuova direttiva abolirà la prassi del ‘silenzio salariale’ che equiparava le informazioni contenute nella busta paga a dati sensibili non divulgabili. All’insegna della trasparenza.

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