L’intelligenza artificiale entra nei portafogli d’investimento
L’intelligenza artificiale sta entrando nel mondo del risparmio gestito italiano, seppure in maniera non sempre evidente. Un recente white paper realizzato da Assogestioni, con il supporto tecnico e scientifico di Bain & Company, fotografa per la prima volta in modo dettagliato come, quanto e perché l’IA sta trasformando il settore. Lo fa con un linguaggio tecnico, ma i messaggi chiave sono chiari: la nuova frontiera della tecnologia può migliorare le performance, ridurre i costi, offrire un servizio più personalizzato. Ma solo se utilizzata in modo etico, trasparente e sicuro.
Del resto, già diverse ricerche internazionali avevano offerto indicazioni evidenti delle grandezze in gioco. Secondo uno studio di PwC, il 77% delle società di asset management a livello globale ha già implementato soluzioni di AI e machine learning nei propri processi decisionali. Mentre per McKinsey, l’adozione diffusa dell’IA potrebbe aumentare i profitti complessivi del settore fino a mille miliardi di dollari entro il 2030. Infatti, l’automazione delle attività ripetitive (back-office, reportistica, compliance) libera risorse per attività a maggior valore aggiunto, come la gestione attiva o la consulenza personalizzata. Si spera con ricadute positive sui costi per la clientela, aspetto quest’ultimo tutto da dimostrare.
Oggi esistono diverse forme di intelligenza artificiale: alcune si limitano ad analizzare informazioni per suggerire mosse ai gestori dei fondi, altre arrivano a creare vere e proprie previsioni sui mercati o persino a generare contenuti, come rapporti d’analisi o alert per i clienti. Le applicazioni più promettenti vanno dalla previsione dei rendimenti di un titolo, alla selezione degli investimenti migliori in base al rischio, fino alla costruzione automatica di portafogli su misura per il cliente. Uno studio condotto da Morningstar segnala che anche l’analisi Esg può essere più accurata grazie all’AI, che consente di leggere report non strutturati, monitorare notizie e social media per individuare comportamenti poco trasparenti o impatti ambientali negativi. Il tutto facendo emergere in maniera più netta eventuali casi di greenwashing.
Secondo lo studio realizzato da Assogestioni, nel 2024 le società italiane di gestione hanno investito circa 30 milioni di euro in IA. Una cifra destinata quasi a raddoppiare nei prossimi tre anni. Anche se l’Italia è ancora indietro rispetto a giganti come Stati Uniti o Cina, il trend è chiaro: questa frontiera sarà sempre più presente nei prodotti di risparmio offerti ai clienti. Per ora, le applicazioni più diffuse sono legate all’analisi dei dati (ad esempio per capire l’andamento dei mercati) e alla costruzione di modelli predittivi. Ma crescono anche le soluzioni più “visibili” per i risparmiatori, come i chatbot che assistono i clienti o le piattaforme che propongono in tempo reale soluzioni d’investimento in linea con i bisogni e le aspettative del singolo risparmiatore.
Per chi affida i propri soldi a un gestore, i benefici potenziali dell’IA sono diversi, a cominciare da una maggiore efficienza (le analisi automatiche riducono gli errori e permettono di reagire più rapidamente ai cambiamenti di mercato), per proseguire con una crescente personalizzazione (grazie ai dati raccolti, queste soluzioni possono suggerire portafogli su misura, in base all’età, agli obiettivi e alla propensione al rischio del singolo cliente). Senza trascurare la componente dei costi: automatizzando molte attività, le società possono ridurre le spese di gestione. Questo, nel lungo periodo, può tradursi in minori commissioni.
Ma ci sono anche dei rischi, soprattutto se usata senza trasparenza. Spesso i sistemi IA sono delle “scatole nere”: difficili da capire, anche per gli stessi gestori. Per il risparmiatore questo può significare meno controllo e meno consapevolezza. Occhio, poi, a eventuali bias (pregiudizi): se i dati su cui si allena un algoritmo sono distorti, anche le decisioni saranno parziali o errate. Sullo sfondo resta sempre il nodo della privacy: i sistemi IA si basano su grandi quantità di dati, spesso personali. È fondamentale che siano rispettate le norme europee sulla protezione dei dati. Per queste ragioni, l’Unione europea ha varato l’AI Act, normativa che regola l’uso dell’intelligenza artificiale e che impone obblighi di trasparenza e controllo soprattutto per i sistemi ad alto rischio, come quelli usati per investimenti o analisi finanziarie.
L’evoluzione in corso non riguarda solo gli strumenti, ma anche le persone. Secondo il Cfa Institute (organizzazione internazionale non profit che si occupa di definire standard etici e professionali nel settore della finanza), nei prossimi anni i gestori dovranno possedere competenze ibride: capacità analitiche, alfabetizzazione tecnologica e una forte etica professionale. Per i risparmiatori, invece, la parola d’ordine è consapevolezza. L’ondata di cambiamento investirà anche il mondo della distribuzione, con i consulenti che sempre più spesso affiancati da assistenti virtuali evoluti, capaci di elaborare scenari in tempo reale. Dalla capacità di aprirsi alle nuove potenzialità tecnologiche senza subirle, bensì valorizzandole al massimo, dipenderà la capacità dei professionisti di restare competitivi senza farsi sostituire dagli algoritmi.
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