L’ultimo rally di Sticchi Damiani, il sovrano dell’Aci che aveva sfidato il governo

ROMA — «Qualcuno mi vorrebbe pensionare», aveva detto a dicembre, subito dopo aver ricevuto dal presidente del Coni Malagò il collare d’oro, massima onorificenza sportiva in Italia. «Ma io non ho questa voglia e a fine gennaio correrò il rally di Montecarlo». Detto fatto: pochi giorni fa l’ingegnere Angelo Sticchi Damiani, 79 anni e non sentirli, ha tagliato il traguardo della corsa storica monegasca al volante della Fiat 124 Abarth azzurra con cui romba dagli anni ’70. Numero uno sulla fiancata, ovviamente, posizione 97 all’arrivo e qualche prudenza più del solito – dicono le malelingue – per non rischiare di finire fuori pista. E invece è successo lo stesso: dopo tre mandati e ben tredici anni alla guida del potentissimo Automobile Club d’Italia, Sticchi Damiani è stato commissariato e pensionato dal governo.

Il governo commissaria l’Aci. Elezioni a luglio, in pole La Russa jr

Un altro mandato

Lo stesso governo che l’ingegnere rallista aveva sfidato lo scorso ottobre, convinto di poter giocare ancora sull’ibrido statuto dell’Aci: negli enti pubblici il limite è di tre mandati, ma per le federazioni sportive è rinnovabile all’infinito se si superano i due terzi dei voti. Sticchi Damiani si è preso un quarto mandato – scadenza 2028 – con un plebiscito del 90%. D’altra parte se l’Aci è «la lobby più potente d’Italia» (copyright di Pier Luigi Bersani, il primo che cercò invano di fonderlo con la Motorizzazione e risparmiare il doppio balzello agli automobilisti) negli anni lui l’ha fatto crescere portandolo a oltre un milione di iscritti e 400 milioni di euro di fatturato. Cumulando lungo il percorso una carica dietro l’altra: presidente di Aci informatica, di Sara assicurazioni, la fabbrica di polizze dell’Automobile club, e poi anche della controllata nel ramo vita. Nel 2021 la dichiarazione dei redditi dell’ingegnere, inclusi quelli privati, recitava 2 milioni 199 mila euro, secondo nella particolare classifica dei dirigenti pubblici italiani.

Da Lecce a tutta velocità

Leccese, la sua carriera sulle strade d’Italia è iniziata progettandole con l’azienda ingegneristica Pro.Sal di cui è ancora socio di maggioranza e direttore tecnico. In parallelo si è sviluppata quella di manager pubblico. Presidente dell’Aci leccese dal 1990, consigliere di amministrazione di Anas dal 1992 al 1994, poi nell’esecutivo nazionale dell’Automobile Club di cui diventa presidente – e quindi membro del consiglio del Coni – a marzo del 2012. Entra anche negli organi di vertice della Federazione internazionale, riuscendo a risollevare il Gran Premio di Monza quando sembrava che il circo dorato della Formula 1 dovesse abbandonare la pista costruita un secolo fa e tutt’ora gestita dall’Automobile Club di Milano. Non è l’unico degli Sticchi Damiani a farsi un nome nello sport. Dal 2017 il nipote Saverio, avvocato, è presidente del Lecce calcio, che con doppia promozione ha riportato in serie A. «Da non tifoso che ero sono diventato accanito», ha detto lo zio, anche se la sua grande passione sono sempre state e restano le auto sportive.

Cambia il vento

In dodici anni, dall’ufficio romano con vista su Stazione Termini, Sticchi Damiani ha governato l’impero italiano delle quattro ruote con governi di ogni colore. I segnali di un nuovo vento politico sono iniziati lo scorso anno, quando il capogruppo leghista al Senato Romeo, vicinissimo a Salvini, ha iniziato ad attaccare l’Aci per la gestione dell’autodromo di Monza. Pare che Sticchi Damiani abbia fatto appello proprio al ministro dei Trasporti per non perdere la poltrona, visto che se la presidenza andrà a Geronimo La Russa, numero uno del club milanese e figlio di Ignazio, anche l’Aci finirà in quota ai rivali-alleati di Fratelli d’Italia. Non è servito, per l’ostilità del ministro delle Finanze Giorgetti e del governo nel complesso, che con un blitz di fine anno ha stabilito retroattivamente che l’Aci, cioè lui, non potessero andare oltre il terzo mandato. Non è servito neanche il collare al merito sportivo ricevuto da Malagò, altro dirigente al terzo mandato che ne vorrebbe un quarto. Tornato a Roma dal rally di Montecarlo, l’ultimo atto di Sticchi Damiani è stato formalizzare le elezioni che daranno all’Aci un nuovo presidente.

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