“Mamma ha 97 anni e va seguita h24. Mio marito e io senza assistenza”

«Fino a due anni e mezzo fa mia madre era una persona autonoma e molto vivace. Adesso è rimasta vivace, ma non autonoma». Maria Sgabelluri, 66 anni, insegnante di sostegno di Bovalino, comune calabrese, in provincia di Reggio Calabria, si occupa insieme al marito, pensionato, della madre di 97 anni. «Ha avuto una serie di problemi che l’hanno portata ad aver bisogno del pacemaker. Da allora, forse per via dell’anestesia, ha iniziato ad avere delle allucinazioni, ha bisogno di essere seguita sempre. Spesso scambia il giorno con la notte, ieri abbiamo passato la notte in bianco, non c’era verso di farla dormire».

Maria e il marito da 12 anni dedicano buona parte del loro tempo libero all’Auser, un’associazione di volontariato costituita dalla Cgil, e che promuove l’invecchiamento attivo. Eppure, confessa, è difficile trovare qualcuno che l’aiuti a occuparsi di sua madre: «Si sta atrofizzando sempre di più, avrebbe bisogno di un terapista che le facesse fare un po’ di ginnastica, ma le strutture pubbliche non sono in grado di fornire questo tipo di servizio».

Come tutti gli anziani affetti da demenza senile, sarebbe anche importante «avere di tanto in tanto delle persone che venissero a trovarla, aiutandola a uscire da queste quattro mura: a parte me e mio marito, e qualche vicino di casa, mia madre ormai non vede nessuno. Ho due fratelli, uno è ammalato e l’altro vive a Torino. Anche i miei figli vivono fuori. Sopportiamo insieme questa solitudine, non sappiamo come farla svagare». Portare un anziano in sedia a rotelle a fare una passeggiata del resto non è facile: «Ci sono molto problemi di barriere architettoniche». E anche trovare delle attività su misura per una persona che passa la giornata a casa è difficile in presenza di un insieme di malattie, fisiche e mentali: «A mia madre piaceva molto lavorare a maglia, ha fatto le scarpe da notte a tutti, le abbiamo mandate anche a Milano, in Germania. Era un modo per occupare il tempo, ma adesso ha le mani troppo intorpidite, non riesce più. Allora le dò un gomitolo, le dico ‘scioglilo’, per farle fare qualcosa».

Del resto in zona la carenza di servizi pubblici non è limitata agli anziani: «I ragazzi disabili dopo la scuola spariscono, diventano un mondo a parte, non sono né aiutati né valorizzati. Io lo so perché faccio l’insegnante di sostegno. In zona ci sono due centri riabilitativi, ma nessun centro ricreativo, per questo abbiamo aperto l’Auser. Anche la Caritas ci manda delle persone, ci dice ‘fategli fare qualcosa’».

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