Mercati all’ingrosso, un sistema da 11 miliardi ma troppo frammentato

I mercati all’ingrosso italiani muovono oltre 11 miliardi di euro e impiegano più di 26mila addetti. A calcolarlo è il rapporto Italmercati–Ismea 2025, presentato al Cnel, che analizza un sistema diffuso ma ancora frammentato, al centro della filiera agroalimentare nazionale. Le 22 strutture aderenti alla rete Italmercati coprono 9,6 milioni di metri quadrati, di cui 2,5 milioni coperti, e accolgono ogni anno oltre 7 milioni di veicoli e 9 milioni di visitatori. Operano al loro interno 4.000 imprese tra grossisti, aziende agricole, logistica e servizi, con l’80% del giro d’affari concentrato nell’ortofrutta.

Nonostante la capillarità – oltre 130 mercati attivi in Italia, sei volte più che in Francia o Spagna – il settore soffre la mancanza di coordinamento nazionale. Per questo, Italmercati propone una riforma complessiva, con la creazione di pochi poli strategici, più grandi, sostenibili e digitalizzati. “È il momento di riconoscere il ruolo dei mercati come infrastrutture pubbliche al servizio della filiera e dei cittadini”, spiega il presidente Fabio Massimo Pallottini. “Vogliamo mercati connessi e tracciabili, pronti a guidare la transizione verde”. Tra le proposte del Rapporto figurano: la costruzione di una rete nazionale dei mercati strategici con investimenti pubblico-privati; un tavolo tecnico su logistica e digitalizzazione; il rafforzamento dei legami con Gdo e produttori; il rilancio del comparto ittico; e nuove partnership con la ristorazione collettiva per valorizzare i prodotti freschi nelle mense pubbliche.

La logistica resta un punto di forza: oltre l’80% dei mercati è vicino a svincoli autostradali, la metà è collegata a scali ferroviari e un terzo a porti o aeroporti. Il volume complessivo dei prodotti movimentati supera i 7 milioni di tonnellate l’anno, con punte di eccellenza nell’ortofrutta (18,9 miliardi di euro alla produzione), nel florovivaismo (3,2 miliardi, di cui oltre il 70% esportato), nelle carni (12,6 miliardi) e nell’ittico (700 milioni di valore aggiunto). La transizione ecologica è già in corso: oltre la metà delle strutture ha investito in impianti fotovoltaici e sistemi di efficienza, e quasi tutte hanno programmi contro gli sprechi alimentari, dal recupero dei prodotti invenduti alle donazioni solidali. “L’evoluzione verso modelli più moderni, sostenibili e digitali è indispensabile per rendere l’intero sistema più competitivo”, commenta il presidente di Ismea, Livio Proietti.

Secondo l’indagine del Censis, cambia anche il comportamento dei consumatori: il 73% degli italiani presta maggiore attenzione all’origine dei prodotti, il 68% privilegia alimenti locali e di stagione, mentre il 39% ha ridotto gli acquisti di frutta e verdura per effetto dei rincari. Una tendenza che, avverte il Censis, rischia di accentuare la “frattura alimentare” tra chi può permettersi una dieta sana e chi, pur volendolo, non riesce più a sostenerne i costi.

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