Olio d’oliva: sale il prezzo all’origine, ma l’Italia resta stabile
Torna a salire il prezzo medio all’origine degli oli Evo prodotti in Europa, fatta eccezione per l’Italia, dove rimane pressoché stabile dallo scorso gennaio (9,5 euro/Kg). Qui gli scambi risultano meno sensibili alle forti fluttuazioni riscontrate sui mercati internazionali, ma il Paese deve fare i conti con il divario tra la produzione nazionale, le giacenze a disposizione, la domanda interna e quella dei mercati esteri.
I consumi nazionali, da soli, assorbono infatti tra le 400 e le 550 mila tonnellate all’anno, ovvero un volume quasi doppio rispetto a quanto viene prodotto da oliveti e frantoi italiani, che mediamente forniscono 290 mila tonnellate tra olio extra vergine e categorie inferiori. È il quadro emerso dall’Osservatorio mensile di Certified Origins, tra i principali produttori e distributori di olio d’oliva extravergine certificato (Igp e Dop), oli mono-origine e blend tracciabili a marchio privato.
L’aumento del prezzo in Europa, secondo quanto evidenziato, è sostenuto dall’incertezza dei mercati nei confronti dei volumi e della qualità delle scorte di materia prima che serviranno fino alla prossima campagna olearia. “Investire nella filiera agricola italiana e nella sua trasformazione è il primo modo per affrontare le difficoltà e le incertezze che interessano sempre di più il settore dell’olio – commenta Giovanni Quaratesi, head of corporate global affairs di Certified Origins – Sappiamo che la qualità degli extra vergine italiani e la professionalità delle nostre aziende sono apprezzate nel mondo. I dati degli ultimi anni indicano però che la nostra produzione agricola non è sufficiente neppure a soddisfare la domanda interna. Oggi abbiamo l’opportunità di ridurre parzialmente il divario tra domanda e offerta attraverso interventi a lungo termine che promuovano lo sviluppo di nuovi impianti e il recupero degli oliveti abbandonati. Serve una nuova visione che renda il settore resiliente e capace di affrontare queste nuove dinamiche del mercato che rischiano altrimenti di creare squilibri commerciali di grande impatto sulle aziende e sui cittadini”.
Le consistenti piogge nella penisola iberica, dove si produce circa il 50% degli oli d’oliva consumati a livello mondiale, la prospettiva di una raccolta 2024-2025 abbondante e la diminuzione dei consumi interni di inizio anno, hanno contribuito a un generale ribasso del prezzo degli oli Evo, vergini e raffinati. L’insieme di questi fattori ha inoltre spinto i produttori spagnoli a immettere sul mercato parte delle scorte accumulate, determinando di riflesso un ribasso dei prezzi anche negli altri principali paesi produttori.
Gli ultimi dati della Commissione europea mostrano che i consumi interni si stanno riprendendo dopo l’aumento dei prezzi tra il 2023 e il 2024. Inoltre, le grandi esportazioni dalla Spagna hanno messo in evidenza il problema della mancanza di scorte sufficienti per la prossima campagna. Di conseguenza, i prezzi sono aumentati in tutta Europa. Nel dettaglio, in Spagna il prezzo all’origine medio, dopo aver toccato temporaneamente la soglia di 7.50 euro/Kg in aprile, ha raggiunto i 7.85 euro/Kg. Anche il mercato dell’olio Evo tunisino ha seguito queste flessioni, mentre in Grecia, dove la disponibilità di olio è stata inferiore agli altri paesi osservati, il mercato è risultato meno dinamico e il prezzo medio è rimasto pressoché stabile.
Dopo una lunga siccità, le abbondanti piogge di aprile hanno aiutato la Spagna a ripristinare le riserve idriche nella regione dell’Andalusia, portandole al 43% della capacità, con un aumento del 29% rispetto al 2023. Se ciò va inteso positivamente in vista del raccolto 2024/25, i consumi interni in ripresa e il commercio verso l’estero in aumento stanno sollevando dubbi sulla capacità del Paese di soddisfare la domanda globale nei prossimi sei mesi. La Spagna e quindi l’Europa si stanno avvicinando alla prossima campagna con giacenze ridotte: nel territorio iberico risultano infatti disponibili circa 660 mila tonnellate di olio d’oliva, di cui circa il 30% già riservato per i contratti con i grandi imbottigliatori. Sebbene ci sia ottimismo per la prossima campagna, persiste il rischio reale di un aumento significativo dei prezzi a livello mondiale in caso di imprevisti dovuti a eventi climatici o a variazioni nei consumi globali.
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