Parma Food Valley, la qualità guida gli acquisti degli italiani

Tra le cinque eccellenze agroalimentari del Bel Paese, il 27% degli italiani cita spontaneamente una filiera della Parma Food Valley. E in generale, più del 50% ne riconosce l’eccellenza dei prodotti. È quanto evidenzia una ricerca Ipsos su Parma Food Valley, il territorio rappresentato da Fondazione Parma Creative City of Gastronomy Unesco che racchiude sei tra le più importanti filiere dell’agroalimentare italiano: Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, pasta (Barilla), pomodoro (Mutti e Rodolfi), latte (Parmalat) e le alici (Delicius, Rizzoli e Zarotti). Le stesse che nel 2023 hanno sommato un fatturato al consumo di oltre 11 miliardi di euro.

Le due Dop – 3,05 miliardi per il Parmigiano Reggiano; 1,7 per il Prosciutto di Parma – e Barilla (4,9) rappresentano la fetta maggiore, seguiti dal pomodoro (quasi 800 milioni di euro), latte (720) e le alici (135 milioni) in un settore di cui Parma è leader e che attraverso le tre aziende rappresenta più del 70% delle acciughe consumate in Italia. “In un momento simile, caratterizzato anche a livello internazionale da una conflittualità politica ed economica, è ancora più importante sottolineare l’importanza di un ente che invece è stata capace di fare sistema – afferma Massimo Spigaroli, presidente Fondazione Parma Creative City of Gastronomy Unesco – Attraverso questa occasione lavoreremo ancora di più per far conoscere l’eccellenza dei nostri prodotti, in una valorizzazione in grado di far crescere consorzi, aziende e territorio”.

Quello della Parma Food Valley è un territorio che fa dell’export un fiore all’occhiello: sul fatturato complessivo, circa 5 miliardi (il 44%) derivano dalle esportazioni. Secondo i dati pubblicati da Upi (Unione Parmense degli Industriali), basati sui report Istat dei valori alla produzione, quello ducale rappresenta il 5% dell’intero export alimentare italiano, cifra che sale al 32% se riparametrata sull’Emilia-Romagna.

E in una situazione geopolitica minacciata dai dazi, è possibile analizzare anche i Paesi più importanti. Se Francia e Germania sono ai primi due posti, nell’ultimo anno sono stati proprio gli Stati Uniti a registrare la maggior crescita sull’export con un +21,7% rispetto al 2023, seguiti da Canada, Spagna e Regno Unito. Più in generale, dal 2015 l’export della Parma Food Valley è sempre cresciuto, arrivando in 10 anni a sfiorare il +100%. Mentre per quanto riguarda le importazioni, gli Usa non compaiono nei primi 20 posti di una classifica guidata dalla Spagna.

All’interno dello studio, Ipsos ha intervistato anche gli chef di 13 ristoranti stellati (suddivisi tra Nord, Centro e Sud) come punto di riferimento del ‘fine dining’ per la parte qualitativa della ricerca. Giuseppe Causarano, una stella con il Votavota di Ragusa, e Davide Oldani, 2 Stelle al D’O di Cornaredo, dichiarano: “Solo in Italia ci poteva essere una Food Valley di questo tipo, dal prodotto fresco alla produzione industriale di grande qualità. Siamo un grande popolo che lavora per la valorizzazione della qualità dei nostri prodotti in Italia e nel mondo”.

Una conferma arrivata anche dagli oltre mille intervistati: negli aspetti più rilevanti a guidare gli acquisti, il 63% mette al primo posto la qualità e il 52% il gusto. Ma nella ricerca emergono anche punti di miglioramento. E tra questi c’è il focus principale di Fondazione Parma Creative City of Gastronomy Unesco, ovvero promuovere la conoscenza di Parma Food Valley. Pur avendo prodotti unici in tutto il mondo, più della metà degli intervistati non conosceva il brand. Un potenziale inespresso ribadito anche dallo chef Luca Marchini: “Parma Food Valley ha posto le basi per una riconoscibilità della zona, ma spesso in Italia la conoscenza è superficiale”.

Condividi questo contenuto: