Photovoltaic Energy Space: la nuova frontiera dell’energia

L’energia del sole accompagna da decenni l’esplorazione spaziale. Era il 1958 quando il satellite statunitense Vanguard I divenne il primo veicolo a utilizzare un piccolo pannello solare, con una potenza inferiore a un watt, per alimentare la propria radio trasmittente. Da allora, la tecnologia fotovoltaica ha percorso un cammino straordinario: oggi la Stazione spaziale internazionale, laboratorio scientifico orbitante a 400 chilometri dalla Terra, dispone di circa 2500 metri quadrati di pannelli, capaci di fornire un’energia 240 mila volte superiore rispetto a quella del pionieristico Vanguard. Ora la sfida è ancora più ambiziosa: trasmettere energia solare dallo spazio verso la Terra, in modo continuo e indipendente dalle condizioni meteorologiche. È l’obiettivo del progetto Solaris dell’Agenzia spaziale europea (Esa), a cui partecipa anche il gruppo Enel, con le proprie competenze in fotovoltaico, reti e sistemi di accumulo.

L’idea è di costruire centrali solari in orbita geostazionaria, a circa 36 mila chilometri dalla superficie terrestre. Un’orbita geostazionaria è una traiettoria circolare attorno all’Equatore in cui un satellite completa una rivoluzione attorno alla Terra nello stesso tempo in cui il nostro pianeta ruota su sé stesso: questo gli consente di “restare fermo” rispetto a un punto dato, sulla superficie del pianeta, e di essere allo stesso tempo costantemente esposto alla luce solare, permettendo una produzione continua, 24 ore su 24, interrotta solo per pochi giorni durante gli equinozi. I pannelli solari progettati per lo spazio hanno caratteristiche tecniche specifiche: sono multigiunzione, composte da più strati di semiconduttori – come arseniuro di indio e arseniuro di gallio – capaci di catturare diverse lunghezze d’onda della luce. Sono tecnologie ad altissima efficienza, già oggi oltre il 30% e con l’obiettivo di superare il 40% entro dieci anni. Esistono anche applicazioni terrestri di questa tecnologia, soprattutto in impianti sperimentali a concentrazione (CPV), ma non sono ancora impiegate nel fotovoltaico commerciale “ordinario”, dove prevalgono celle al silicio basate su tecnologie come l’Heterojunction. Proprio queste caratteristiche rendono i pannelli multigiunzione una delle basi della futura solar farm orbitale da 1 MW: una centrale fotovoltaica, costruita nello spazio, che raccoglierà la luce solare in orbita e la trasmetterà verso la Terra sotto forma di microonde, convertendola poi in elettricità. Secondo la roadmap attuale, entro il 2025 verrà verificata la sua fattibilità tecnica e la resa di trasmissione, mentre il lancio è previsto per il 2030.

Un primo esperimento, condotto nel 2023 dal California Institute of Technology con il satellite Space Solar Power Demonstrator, ha dimostrato la possibilità di trasmettere energia wireless accendendo due luci Led sulla Terra. Oltre alla prospettiva industriale, Solaris apre ricadute dirette per la tecnologia terrestre: le celle leggere e altamente efficienti sviluppate per lo spazio potrebbero inaugurare una nuova generazione di pannelli fotovoltaici destinati agli impianti commerciali e domestici, con costi inferiori e prestazioni superiori.

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