Pizzarotti a corto di liquidità: composizione negoziata per schivare la crisi

MILANO – Pizzarotti, colosso italiano delle costruzioni da 1,5 miliardi di ricavi, si trova in tensione finanziaria e si appresta ad avviare la procedura di crisi in bonis, ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo 2019 , per la “Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa”.

Il presidente Paolo Pizzarotti, che è espressione della terza generazione, ha preso carta e penna per avvisare i 3mila dipendenti che il 2025 «sarà un anno particolarmente impegnativo». In parallelo con le opere avviate o da ultimare – tra cui la pista di bob per Milano Cortina 2026 – l’azienda sarà impegnata a «una composizione negoziata» con banche creditori, tra cui spiccano anche Sace e Cdp, per ristrutturare i debiti, e che potrebbe essere il preludio a un cambio della governance o dell’assetto azionario.

Oggi il 92,411% dell’Impresa Pizzarotti & C. è controllato dalla Mipien Spa, holding il cui 100% del capitale è in usufrutto a Paolo Pizzarotti e in proprietà ai tre figli dell’imprenditore, che due anni fa era tornato sulla tolda di comando mandando via un management che aveva acquistato 4 miliardi di lavori, per rilanciare il gruppo, i cui conti – e il relativo patrimonio – oggi si trovano appesantiti da alcune commesse infelici in Usa, Polonia, e Sudamerica.

Dal novembre 2023 le deleghe sono in parte state di nuovo affidate a Riccardo Garrè, che insieme al presidente hanno gestito la situazione e che oggi dovranno rinegoziare i crediti con le banche perché il mol (margine operativo lordo) – che a fine 2024 sarà di circa 120 milioni – non riesce a finanziarie l’operatività e a ripianare i debiti, i cui interessi però sono stati sempre onorati.

Nel mettere le mani avanti su un 2025 che si preannuncia in salita, Paolo Pizzarotti ricorda che ci sono stati alcuni imprevisti, come la discontinuità che si creata dopo i disappunti con il revisori Pwc e con il collegio sindacale, che hanno portato alla nomina di un nuovo revisore Rsm, e che hanno dilatato i negoziati già in essere con le banche. Ma anche la situazione contingente di alcune commesse in cui Pizzarotti è in minoranza non ha aiutato: in particolare in alcune gare dove l’azienda di Parma partecipa in minoranza con il general contractor tricolore WeBuild, e secondo il presidente Paolo Pizzarotti, il gruppo non avrebbe potuto avere accesso a «oltre 300 milioni di euro di liquidità aggiuntiva».

Fatto sta che le ambizioni del presidente di creare il secondo polo italiano delle costruzione e di quotarsi in Borsa a partire dal 2026, paiono naufragate di fronte a una nuova realtà che dovrà scendere a patti con i creditori, e dove l’assetto azionario potrebbe mutare con un passo indietro della famiglia che da 114 anni gestisce l’azienda.

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