Protocollo contro il caldo. Accordo governo-parti sociali. Non tutti i rider sono coperti
ROMA – Imprese e sindacati hanno firmato il protocollo quadro contro i rischi climatici: caldo, freddo, alluvioni e tutti gli eventi meteo estremi. La prima intesa tra le parti sociali dai tempi del Covid. Sarà recepito in un decreto ministeriale, assicura la ministra del Lavoro Marina Calderone. Dovrà poi essere attuato in accordi di territorio e di settore. E verrà accompagnato da una norma di legge – un emendamento al decreto Ilva, con ogni probabilità – per rifinanziare la cassa integrazione con causale “eventi meteo”.
Si parla di almeno 30 milioni, il doppio dell’anno scorso. Inclusi anche gli stagionali dell’agricoltura, per la prima volta, e anche solo per mezza giornata. Una cassa esclusa dal tetto massimo delle settimane a disposizione delle aziende, come chiedevano i sindacati. I rider sono fuori, al pari di tutti gli autonomi. A meno che non siano dipendenti. Il protocollo si riferisce a tutti i lavoratori perché la loro salute e sicurezza sia garantita. Ma i freelance, si sa, hanno scarse tutele se non nulle.
Dagli abiti agli orari. Il protocollo sul caldo tra imprese e sindacati: “Priorità alla sicurezza”
Le buone prassi da tradurre
Il testo del protocollo di cinque pagine è volutamente generico. Una cornice di «buone prassi», frutto di un compromesso obbligato dopo uno stallo durato due anni. Confindustria da una parte a dire che bastava la legge sulla sicurezza, l’81 del 2008. Cgil, Cisl e Uil a ripetere che bisognava declinare quelle norme per filiera e azienda: dai dispositivi di sicurezza come gli indumenti, l’acqua, i sali minerali, la crema solare, i ripari per il freddo o il caldo, le pause, il menù dei pasti, i turni e gli orari. Dettagli che nel protocollo “quadro” firmato ieri non ci sono. Ci sono però i titoli generali, compresa l’informazione e la formazione. E l’obbligo dei datori di lavoro a consultare i bollettini meteo ufficiali prima di organizzare il lavoro.
Le reazioni di imprese e sindacati
Il presidente di Confindustria Emanuele Orsini si rallegra per «la reazione rapida» e per la «giusta direzione» intrapresa: «La prima cosa a cui teniamo sono i lavoratori». In realtà proprio gli industriali dieci giorni fa al tavolo tecnico organizzato dalla ministra Calderone si erano messi di traverso. Il successivo incontro di Orsini con i leader di Cgil, Cisl e Uil ha sciolto le tensioni. Anche se la Cgil, con la segretaria confederale Francesca Re David, e la Uil, con l’omologa Ivana Veronese, auspicano una «soluzione strutturale, non emergenziale».
Bisognerebbe stabilire «un valore soglia per legge» di temperature (alte o basse) a partire dal quale le tutele e la cassa integrazione diventano «obbligatori per tutti». C’è comunque «soddisfazione», come dice anche Mattia Pirulli (Cisl). La presidente dei costruttori di Ance, Federica Brancaccio, si rallegra. Ma chiede di «stabilizzare le regole per legge, il caldo arriva ogni anno». E di dare alle imprese la possibilità di «derogare alle ordinanze di Comuni e Regioni sugli orari, così da anticiparli per evitare le ore più calde».
Primo maggio, l’annuncio di Meloni: “Per la sicurezza sul lavoro stanziati 1,2 miliardi dall’Inail”
I nodi aperti: la sicurezza sul lavoro
Un clima nuovo, insomma. Di ieri anche l’annuncio della trattativa sul contratto dei metalmeccanici che si è sbloccata dopo cinque scioperi generali di settore. Federmeccanica e Assistal tornano al tavolo il prossimo 15 luglio. Notizie positive. Manca un pezzo: la sicurezza sul lavoro, di cui il caldo è solo l’ennesima emergenza irrisolta. Dall’annuncio di Meloni del primo maggio sui soldi Inail a disposizione – 1,2 miliardi tra vecchi e nuovi stanziamenti – niente si è più mosso. Non si sa ancora come spenderli. Ieri è stato ricordato alla ministra Calderone. Si continua intanto a morire di lavoro. Oltre che di caldo, mentre si lavora.
Condividi questo contenuto: