Reti strategiche tra guerre e climate change

Guerre e cambiamento climatico stanno mettendo a dura prova la resistenza delle infrastrutture europee del gas e dell’energia elettrica, costringendo governi e aziende a pensare e investire di più sulla sicurezza di opere considerate strategiche. Nel settembre 2022, per esempio, sono stati sabotati i gasdotti che collegano la Russia alla Germania, North Stream 1 e 2, acuendo le tensioni geopolitiche già in atto in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. Ora si sta parlando di riattivare il North Stream 2 anche con il contributo di capitali americani.

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Il cambiamento climatico, invece, sta testando la resilienza delle reti elettriche. Ondate di calore, nubifragi e raffiche di vento superiori alle medie stagionali con impatti idrogeologici estesi hanno creato gravi danni alle infrastrutture elettriche. E l’Italia è il paese più esposto, figurando in testa nella speciale classifica tra i 27 paesi della Ue per perdite economiche legate al clima (284 euro di perdite pro-capite nel 2022).

Come si combattono questi fenomeni imprevedibili? Pianificando e investendo di più per cercare di rendere le reti elettriche e del gas più resilienti e affidabili nel tempo. Ma il cammino non è semplice e lineare poiché a quello della sicurezza si associano altre tematiche che riguardano la produzione e la distribuzione di energia e il difficile equilibrio da raggiungere.

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L’Europa ha fissato come obbiettivo il raggiungimento della neutralità climatica al 2050. Con l’alimentazione a carbone in fase di dismissione, i consumi di gas sono visti in diminuzione a vantaggio dell’energia elettrica per arrivare a un 50/50 di un’ipotetica suddivisione tra l’energia da molecole e quella da elettroni. Se questo è lo scenario, è chiaro che le installazioni di fonti energetiche rinnovabili dovranno raddoppiare rispetto agli ultimi 5 anni per permettere al vettore elettrico di coprire il 60% dei consumi finali europei. In Italia, nel 2024, sono stati installati 7 gw di Fer (Fonti energetiche rinnovabili), nel 2030 si dovrà arrivare a 12 gw. Parallelamente dovrà scendere la produzione delle centrali a gas che però non andrà a scomparire del tutto e non renderà obsolete le infrastrutture di trasporto del gas. I gasdotti potranno infatti essere adattati per essere utilizzati diversamente, trasportando biometano, idrogeno e gas decarbonizzato.

«Siamo in mezzo a una trasformazione importante del sistema energetico – spiega Lorenzo Tavazzi, senior partner di The European House – Ambrosetti, che lo scorso settembre ha presentato lo studio sul “Ruolo della distribuzione elettrica per una trasformazione energetica sicura” – Le reti sono sempre più strategiche e devono essere adattate ai tempi. Sempre più rinnovabili distribuite sul territorio legate all’autoconsumo e all’autoproduzione impongono alle reti di adattarsi a un flusso bidirezionale».

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Si sta parlando del passaggio da “consumer” a “prosumer”. In pratica chiunque voglia installarsi un pannello solare in una sua proprietà per integrare la produzione di energia elettrica e abbassare la bolletta, ha anche la possibilità di riversare l’energia prodotta in eccedenza nella rete. Guadagnandoci.

A chi tocca l’implementazione delle reti? Il tema riguarda principalmente le aziende private, seppure in concessione dallo Stato. In Italia la rete di trasmissione ad alta tensione è gestita da Terna che ha appena presentato il suo piano decennale di sviluppo della rete che prevede 23 miliardi di investimenti nel periodo. A fronte di un quadro geopolitico in ebollizione è evidente la necessità di aumentare il numero di interconnessioni con altri paesi per aumentare l’indipendenza energetica del Paese. Ad oggi sono 30 i progetti con l’estero in esercizio a cui si aggiungeranno il progetto di interconnessione tra Italia e Tunisia nell’ambito del Piano Mattei e l’ammodernamento e potenziamento dell’attuale interconnessione tra Sardegna, Corsica e Toscana. Mentre all’interno del territorio italiano sono stati avviati il Tyrrhenian link, un cavo sottomarino che unirà la Sicilia alla Campania e alla Sardegna, e l’Adriatic Link, un collegamento tra Abruzzo e Marche di 250 km, di cui 210 km sottomarini.

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Quando si scende a livello di distribuzione, i cavi a media bassa tensione che portano l’energia a 30 milioni di utenti domestici e 7 milioni di imprese, il discorso si fa ancora più impegnativo. Negli ultimi 5-6 anni l’investimento in Italia sulle reti elettriche è stato di 4,7 miliardi all’anno, che dovranno salire a 6 miliardi per mantenere la performance, evitare il più possibile le interruzioni e accompagnare il sistema che ha visto moltiplicarsi per 7 il numero degli allacci dal 2014 al 2023.

Il piano industriale di Enel prevede 26 miliardi di investimenti nel periodo 2025-2027 di cui 16 miliardi sull’evoluzione e il rafforzamento della rete italiana, con l’obbiettivo di incrementare la digitalizzazione dell’infrastruttura, aumentare la capacità di accogliere sempre più produzione di energia da fonti rinnovabili e migliorare la resilienza.

Le reti italiane non partono da una situazione di inferiorità, anzi. Sono le migliori per numero di perdite, hanno gli oneri di distribuzione più bassi, sono prime per quota di prosumer e seconde nell’elettrificazione dei consumi. E all’avanguardia nell’innovazione avendo introdotto gli “smart meter” prima di qualsiasi altro paese europeo. L’Italia possiede una filiera di competenze tecnologiche importanti e di alta qualità che la colloca davanti anche agli Stati Uniti. Per digitalizzate e rendere intelligenti le reti società come Cesi, nata nel 1956 e oggi partecipata da Enel e Terna, con un respiro internazionale in quanto consulente delle principali utilities mondiali, rappresentano un asset per il Paese.

Sul fronte del gas lo scoppio della guerra in Ucrania e la crisi energetica che ne è derivata ha portato alla ribalta il tema dell’indipendenza dalla materia prima, non ancora raggiunta ma per la quale Snam si è impegnata a fondo con buoni risultati. L’intenzione è di proseguire sulla strada del potenziamento delle infrastrutture di stoccaggio, trasporto e rigassificazione e costruire, in parallelo, un sistema compatibile al trasporto di biometano e idrogeno. Con 12,4 miliardi di investimenti previsti al 2029, la Snam cercherà in primo luogo di invertire i flussi prevalenti di gas via tubo, facendoli arrivare da Sud per risalire verso Nord. A questo serve il potenziamento della Linea Adriatica, 425 km di nuove condotte che entro il 2027 incrementeranno di 10 miliardi di metri cubi all’anno il trasporto del gas.

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