Salute mentale, un convegno sul futuro delle Rems per migliorare condizione e dignità dei pazienti
Dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, l’accoglienza degli autori di reato affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi è stata affidata alle Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza). La legge 81 del 2014, norma fondante del cambiamento, ha però negli anni mostrato alcuni limiti che è necessario superare per migliorare la condizione e la dignità delle persone in cura. Di questo, e di molto altro, si è parlato al convegno “Azione e resistenza nell’epoca delle complessità. Ripensare l’imputabilità – proposte di riforma e futuro delle Rems”, tenutosi il 3-4 ottobre a Genova.
L’evento si è dipanato attraverso una molteplicità di interventi, spesso differenti ma sempre complementari, e ha toccato temi complessi: la giustizia, le misure di sicurezza, il ruolo della magistratura, le proposte di legge in corso, le trasformazioni politiche e culturali che si intrecciano con la psichiatria e i diritti delle persone. Si sono confrontate le esperienze di alcune Rems su aspetti clinici, strutturali, lavorativi e di impostazione, facendo emergere il bisogno di un continuo confronto su temi di pratica clinica ed organizzativa. Ampio spazio è stato anche dato ad organizzazioni, associazioni e utenti esperti, oltre che ad alcune esperienze personali. Ad emergere sono state due domande fondamentali: quale direzione stiamo prendendo, e quale vogliamo davvero prendere?
Uno dei temi cruciali è quello relativo all’impianto legislativo sul tema, soprattutto relativamente alla legge 81/2014, responsabile della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. “La Legge 81 ha rappresentato, e rappresenta tuttora, un punto di svolta nel modo in cui il nostro Paese ha scelto di coniugare cura, responsabilità e giustizia”, commenta uno degli organizzatori del convegno, Norberto Miletto, psichiatra e presidente dei giovani della Società Italiana di Psichiatria Ligure. “Come ogni processo riformatore, porta con sé luci e ombre, conquiste importanti e questioni ancora aperte. Più che individuare ciò che ‘va bene’ o ciò che ‘va superato’, credo sia necessario osservare la legge nel suo contesto, nella sua genesi e nelle sue finalità, senza mai dimenticare che essa nasce dentro una storia più ampia: quella della psichiatria italiana dopo la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e della necessità di coniugare sicurezza e diritti, tutela della collettività e dignità della persona”.

Al momento sono sul tavolo alcune proposte di riforma che vanno in direzioni molto diverse. Secondo Miletto, questa pluralità di prospettive è sintomo di un dibattito molto vivace. “Alcune proposte pongono l’accento sulla responsabilità penale e sulla revisione del concetto di imputabilità; altre cercano di ripensare l’organizzazione delle Rems e dei percorsi di cura; altre ancora sottolineano il rischio di tornare, anche inconsapevolmente, a logiche custodialistiche. È un confronto necessario, purché resti aperto, fondato sull’ascolto reciproco e sulla volontà di costruire, non di contrapporre”.
La legislazione deve quindi procedere di pari passo con un dibattito continuo finalizzato a trovare un terreno comune che coniughi la teoria con le esperienze quotidiane delle Rems. Un percorso complesso di cui il congresso di Genova ha rappresentato un passaggio importante. “Più che di riforme immediate, parlerei della necessità di continuare un lavoro condiviso, multidisciplinare, capace di coinvolgere magistrati, psichiatri, psicologi, operatori sociali, avvocati, garanti, amministratori, e soprattutto le persone che vivono in prima persona queste misure”, conclude Miletto. “È in questa rete di dialogo e di responsabilità comune che si può trovare la strada per migliorare davvero ciò che esiste, senza rinunciare ai principi che hanno reso la nostra esperienza un unicum nel panorama europeo: il rispetto dei diritti, della dignità e dell’umanità di ciascuno”.
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