Spagna, la ministra del lavoro vuol far chiudere ristoranti e bar alle 22. E nella terra delle tapas h24 è il finimondo
Spagna, niente più tapas h24. L’attuale governo Sanchez, e in particolare la ministra del Lavoro, Yolanda Díaz, che con il suo movimento Sumar costituisce l’ala radicale dell’esecutivo, vuole porre un limite agli orari di apertura di bar, ristoranti ed esercizi commerciali. Una peculiarità del Paese iberico, che va ben oltre quella – vacanziera – che, limitatamente all’alta stagione di riferimento, investe qualunque stazione balneare o sciistica del pianeta. Chiunque abbia una minima frequentazione della Gran Via madrilena o dei quartieri della movida di Barcellona, ma bastano gli equivalenti delle città minori, non fatica a ricordare ristoranti e bar dove i flussi di consumo si dipanano senza sosta dalla mattina sino a ben oltre la fatidica mezzanotte. Il tutto è talmente usuale da essere considerato da molti un tratto emblematico della cultura locale.
I rischi per la salute oltre le 22
Ora però l’iniziativa di Díaz ha aperto un dibattito da che quella tradizione vuole difendere e chi invece vuole fissare delle regole, a tutela della salute stessa dei lavoratori. La proposta della ministra mira a lottare contro certe derive del fenomeno a suo avviso divenute ormai “irragionevoli” e va incontro alle persistenti critiche delle organizzazioni sindacali degli spagnoli sulla struttura degli orari di lavoro in Spagna. “Non ha senso che un Paese apra i suoi ristoranti fino all’una del mattino – ha detto una prima volta Díaz martedì scorso –. aggiungendo che ritiene “follia” continuare ad estendere gli orari di apertura. La leader della sinistra radicale – un’avvocata specializzata in diritto del lavoro – ha riproposto nei giorni successivi il suo punto di vista, con ulteriori sfumature. “È evidente che gli orari nel nostro Paese sono molto diversi rispetto al resto d’Europa – ha spiegato –, ma a partire dalle 22, le ore di lavoro sono da considerare notturne, il che presenta quindi certi rischi, che sono rischi per la salute mentale” dei salariati.
Lo scherno della destra
Dichiarazioni che hanno provocato una vera e propria levata di scudi sul fronte della destra parlamentare. Diaz desidera che “tutti stiano a casa a leggere il Manifesto comunista con una lampada e una tazza di tè”, ha scherzato il segretario generale del Partito Popolare di Madrid, Alfonso Serrano. “La Spagna ha la migliore vita notturna del mondo, con strade piene di vita e di libertà (…) Vogliono renderci puritani, socialisti, senza anima, senza luci e senza ristoranti”, ha aggiunto la presidente regionale di Madrid, nonché importante figura nello stesso PP, Isabel Díaz Ayuso. Un punto di vista condiviso dalle organizzazioni del settore. “Respingiamo qualsiasi proposta che metta in discussione lo stile di vita spagnolo, che ci distingue e ci differenzia nel mercato del turismo”, ha affermato España de Noche, federazione del mondo dello spettacolo e del tempo libero dal nome emblematico.
Secondo Eurostat, il numero di ore settimanali lavorate in Spagna è nella media dei Paesi europei. Ma i turni sono più scaglionati nell’arco della giornata e si finisce più tardi. Ed è proprio ta terra di Goya e Gaudí il Paese del Vecchio Continente in cui si lavora di più dopo le 19. “Il problema è che le giornate lavorative sono spesso molto frammentate”, con lunghe pause a mezzogiorno e l’obbligo di rientrare tardi, il che “non permette di organizzare adeguatamente la propria vita personale”, spiega Miguel Basterra, professore di Diritto del lavoro all’Università di Alicante. Un’organizzazione legata, secondo lui, allo stile di vita spagnolo. “In Spagna si è abituati a cenare tardi”, spesso alle 22, e a uscire “anche più tardi”: “questo ha un effetto a catena” su molti settori, in particolare sui “negozi”, che chiudono a orari indebiti”, spiega.
Lo studio del 2022
Díaz, che come Seconda vicepresidente del governo è la numero 3 dell’esecutivo iberico, aveva già lanciato una riflessione sul fenomeno nel 2022, nel quadro di un progetto di legge sull””uso dell’orario di lavoro”. Un rapporto commissionato a un gruppo di 60 esperti aveva concluso con la raccomandazione specifica di compattare le giornate lavorative e di chiudere prima le attività. Il dibattito è stato accantonato a causa delle elezioni legislative anticipate del luglio 2023. Ora la ministra ha indicato di volerla rilanciare, nel quadro delle discussioni sulla riduzione da 40 a 37,5 ore settimanali lavorative, prevista dall’accordo di governo siglato tra Sumar e i socialisti.
Esercizio delicato, in un Paese dove la vita notturna è motivo di orgoglio. Dove quello che viene prospettato già ora è il rischio di diventare “più noiosi dei paesi nordici, dove si torna a casa alle 18, perché non c’è più nulla di aperto”, ha avvertito questa settimana il presidente dell’Hostellería de España, la principale federazione di albergatori del paese, José Luis Yzuel. Per Miguel Basterra, che ha contribuito alla relazione presentata all’esecutivo, bar e ristoranti “rispondono alla domanda del mercato”, il che rende il tema complesso. Ma – lo studioso ne è convinto – gli sviluppi sono “possibili”, in particolare per applicare meglio i contratti collettivi, aggirati da alcune istituzioni.
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