Spreco alimentare, in Europa un panino su cinque finisce nella spazzatura
Cinque milioni di tonnellate di prodotti da forno, per un valore di 12,5 miliardi euro, finiscono ogni anno direttamente nella spazzatura in Europa, per la tendenza ad acquistare prevalentemente prodotti freschi. Questi alcuni numeri di una ricerca rilanciata dal magazine di settore Food Ingredients Global Insights, presentata all’ultima edizione del Food Tech Congress.
Secondo questo studio infatti, in una Europa che consuma oltre la metà dell’intero globo ed esattamente il 53,6% di tutto il pane prodotto a livello planetario, quasi un panino prodotto ogni cinque, viene sprecato. Uno spreco immenso ma che varia in maniera importante da paese a paese. Si passa da un ventesimo di quanto prodotto in Spagna a oltre un quarto in Norvegia. Un problema che secondo la stessa ricerca, sarebbe da collegare alla tendenza dei consumatori a richiedere il pane più fresco possibile. Così, a causa della breve durata di conservazione, delle filiere corte e dell’alto grado di sovrapproduzione si arriva a una sovrabbondanza dello spreco. Spreco che non vede comunque il Vecchio Continente tutto solo.
Anche negli Stati Uniti, ad esempio, secondo quanto riportato da Future Market Insights, si stima che vengano prodotte oltre 500 mila tonnellate di prodotti da forno in eccesso ogni anno. In base a un rapporto pubblicato dalla stessa testata però, il mercato dei panificati sta progressivamente raggiungendo una maggiore consapevolezza verso le pratiche di sostenibilità, anche grazie alle nuove opportunità offerte nell’ambito della nutrizione animale. Un prodotto da forno infatti, comprende numerosi ingredienti che, anche quando lo stesso prodotto non è più vendibile per alimentazione umana, possono essere trasformati in componenti nutritivi per mangimi, in particolare quelli destinati al bestiame da allevamento come bovini, ovini e suini.
In Italia, Regardia, fondata nel 1981 a Marene (Cuneo) con l’idea di valorizzare gli ex prodotti dell’industria alimentare preparati per l’uomo ma non più ad esso destinati per motivi estetici e di logistica è oggi leader nella circular economy applicata alla produzione d’ingredienti per mangimi per animali da reddito e di matrici per le bioenergie. “Il nostro ruolo di pionieri del settore” illustra Carlo Goretti, ceo di Regardia “ci impone anche delle responsabilità, soprattutto in un momento storico in cui, finalmente l’attenzione alle prassi di circolarità sta diventando centrale nel dibattito economico. Basti pensare che in Italia, secondo recenti stime, il 33% del pane prodotto solo dalla Gdo, pari a 13 mila quintali l’anno, non viene consumato”. Davanti a questi dati e con la core mission nella lotta allo spreco alimentare, “da pochi giorni” continua Goretti, “abbiamo deciso di mettere online sul nostro sito web una apposita sezione attraverso la quale qualunque azienda può diventare nostro fornitore, venendo in questo passaggio accompagnata dai nostri esperti”. Non si tratta di effettuare delle donazioni sottolinea il ceo di Regardia, “noi acquistiamo i prodotti da forno di qualunque tipo, anche quelli destinati all’industria dolciaria, che ci vengono conferiti. In questo modo, da sfridi di produzione che finirebbero semplicemente persi, creiamo valore per tutta la filiera, dai fornitori fino agli allevatori che sono l’acquirente finale del prodotto, all’interno del quale si trovano i nostri ingredienti”.
Secondo Future Market Insights, il valore nutrizionale di questi scarti di panificazione costituisce una fonte dall’8 al 15% di proteina grezza, dal 5 al 10% di estratto etereo e di amido con un volume superiore al 40%. Non si sono dubbi quindi su opportunità e sicurezza del recupero di questi alimenti. Anche perché, quando si parla di scarti della produzione nell’ambito dei prodotti da forno, specifica Goretti, si tratta di quelli che “vengono scartati durante il processo di fabbricazione stessa, perché non perfetti nella forma, nell’impacchettamento, nella ricetta o nella cottura. Prodotti ancora edibili, ma che non si possono più recuperare per la vendita agli esseri umani. Noi abbiamo i nostri cassoni a valle del processo industriale che vengono riempiti progressivamente con questi sfridi e, attraverso un processo di raccolta continuo, portiamo tutto nei nostri stabilimenti e lo facciamo diventare mangime per animali con i nostri ingredienti. Ingredienti che sono sempre almeno isonutrienti e isoenergetici. Si tratta di prodotti di qualità, tracciabili, altamente digeribili e tipicamente privi di sostanze Ogm”.
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