Un piano ad hoc per accelerare la crescita italiana con il contributo dei risparmi
Trasformare quote importanti di risparmio privato in un volano per l’economia italiana, sostenendo la competitività delle imprese e rafforzando il mercato dei capitali. È un tema di cui si parla da tempo, ma senza che fin qui si siano fatti passi in avanti consistenti. Con il risultato che le imprese del nostro Paese sono zavorrate nel confronto con le altre grandi economie occidentali.
Di questi temi si è parlato nel corso del convegno “Private Banking: il ruolo del risparmio privato per la crescita del Paese”, con la presenza degli analisti che hanno curato uno studio ad hoc, Intermonte e Politecnico di Milano.
Pesa la difficoltà di pianificare nel medio e lungo periodo
Come evidenziato da Giancarlo Giudici, professore Ordinario al Politecnico di Milano School of Management, oggi per le imprese italiane è difficile crescere. Gli ultimi anni – contraddistinti da pandemia, tensioni geopolitiche e rialzo dei tassi – hanno lasciato il segno: di qui ai prossimi 36 mesi solo l’8% degli imprenditori vede prospettive di forte sviluppo, mentre la fiducia del settore manifatturiero rimane debole.
La pianificazione è spesso limitata al breve periodo (annuale per due imprenditori su tre) e i fattori di crescita restano prevalentemente organici – buona gestione delle risorse e controllo dei costi (50%) – mentre ricerca, innovazione (22%) e operazioni societarie straordinarie (6%) contribuiscono in misura marginale.
Accelerazione degli investimenti in private markets
L’Ottavo Quaderno di Intermonte evidenzia come lo scorso anno il private banking abbia incrementato del 39% gli investimenti nell’economia reale nazionale, raggiungendo a fine 2024 uno stock di 168 miliardi di euro. Quest’ultimo dato è la somma tra 51 miliardi di investimenti diretti e 117 miliardi indiretti, con una prevalenza di quote azionarie e strumenti legati al finanziamento delle imprese.
La propensione del settore a sostenere le aziende è evidente: dei circa 40 miliardi di azioni quotate detenute dalle famiglie italiane, 33 miliardi si trovano nei portafogli private. Nei mercati non quotati, il peso è ancora maggiore: degli undici miliardi di euro investiti complessivamente in private markets italiani, quasi la totalità è presente nei portafogli della clientela Private.
Le proposte per avvicinare risparmio privato e bisogni delle imprese
Per consolidare questo ruolo e renderlo ancora più incisivo, Aipb (Associazione Italiana Private Bankin) ha avanzato alcune proposte. In primo luogo, orientare una quota crescente di risparmio verso equity e private market, facendo leva su servizi di consulenza evoluta. In secondo luogo, facilitare l’incontro tra famiglie e imprese, così da superare la dipendenza dal credito bancario e dall’autofinanziamento, canali oggi predominanti ma insufficienti per progetti di innovazione e crescita dimensionale.
Terzo pilastro, lo sviluppo del mercato dei capitali: più ampio, liquido e attrattivo, in grado di offrire alle famiglie nuove opportunità di diversificazione e alle imprese capitali pazienti e di lungo periodo. Per raggiungere questi obiettivi sarà cruciale un quadro normativo e fiscale favorevole, capace di incentivare gli investimenti di lungo termine e premiare strumenti innovativi come Pir alternativi ed Eltif.
Le sfide per recuperare competitività
“L’Italia deve affrontare una sfida decisiva: trasformare il risparmio privato in leva di sviluppo per l’economia”, ha sottolineato Andrea Ragaini, presidente di Aipb. “Farlo significa generare ritorni per le famiglie e favorire la crescita delle imprese, traendo benefici da politiche industriali e riforme fiscali che agevolino l’utilizzo di strumenti innovativi di finanziamento di lungo periodo e investimenti in economia reale”.
La sfida principale, secondo i relatori, è rafforzare il mercato dei capitali e ampliarne la funzione di volano per l’innovazione e la crescita. “Un mercato dei capitali funzionante è la condizione necessaria per trasformare il risparmio privato in sviluppo economico”, ha ricordato Guglielmo Manetti, amministratore delegato di Intermonte. “Le aziende hanno bisogno di diversificare le fonti di finanziamento, superando la dipendenza dal solo canale bancario: serve un accesso più diffuso a canali alternativi, in primis ai mercati pubblici tramite quotazione, in grado di garantire capitali pazienti e di lungo periodo”.
Condividi questo contenuto: