Una nuova via tra digitale e Smr
“Triplicare la capacità installata al 2050 è un obiettivo enorme, ma possibile”. Ne è convinto Fausto Torri, responsabile Energy & Utilities di Accenture. “Abbiamo 440 reattori nel mondo e circa 80 progetti in corso: è una rivoluzione sia tecnologica che di metodo”. Una rivoluzione, avverte Torri, che rischia però di restare imbrigliata nella burocrazia: “Spesso due anni e mezzo su dieci si perdono nei processi autorizzativi. Digitalizzare workflow e pratiche con l’IA può ridurre i tempi di permitting di almeno il 90%. Ma serve ripensare i processi, non solo ottimizzarli con una spruzzatina di intelligenza artificiale: bisogna reinventarli. Il futuro passa dal modo in cui cambiamo il nostro modo di fare le cose”. Una visione coerente con lo studio Powered for Change 2025, dove Accenture propone di superare la logica dei progetti “su misura” per costruire modelli industriali replicabili. “Dobbiamo passare da un approccio artigianale a uno industriale – spiega – Ogni impianto non deve essere un prototipo, ma un’evoluzione del precedente. Come nell’industria navale, dove la quinta nave costa la metà della prima perché l’esperienza cresce. È la logica del Project Lifecycle Management: moduli standard, dati condivisi, gestione a portfolio”.
Un cambio di paradigma che trova negli Smr (Small Modular Reactors) il punto di svolta. “La ‘M’ di modular è la chiave. Significa costruire moduli replicabili, sicuri, scalabili. È la via per rendere realistica la crescita prevista al 2050. Ma servono istituzioni che favoriscano la condivisione di conoscenze e standard comuni: senza collaborazione, la sfida si ferma”. Accenture è già coinvolta in alcuni dei progetti più avanzati al mondo. “Con Edf – racconta Torri – stiamo lavorando nel Regno Unito su Hinkley Point C, la prima power station di nuova generazione interamente digital-first, capace di generare 3.260 MW per 60-80 anni. E in Canada collaboriamo al progetto Darlington, il più importante programma Smr in costruzione”.
Il digital core è la base: “Infrastruttura, dati e applicazioni devono essere progettati insieme – spiega – L’intelligenza artificiale può ridurre del 90% i tempi di permitting e i digital twin consentono di simulare la gestione dell’impianto in tempo reale. Ma per condividere queste informazioni serve un’infrastruttura digitale interoperabile, un cloud europeo che renda i dati leggibili da tutti: dallo svedese al polacco. Solo così il digitale diventa il cemento armato del nuovo nucleare”. C’è poi il nodo della finanza. “Fino a due terzi del costo dell’elettricità nucleare dipendono dal capitale – ricorda Torri – Se lasciamo tutto al mercato privato, i tassi di rischio restano troppo alti. Strumenti come i contratti per differenza (CfD), il regulated asset base (Rab) britannico o solide partnership pubblico-privato possono abbassare il weighted average cost of capital dal 10 al 2-3%. In questo scenario, l’energia può costare 60-70 euro a megawattora, un livello competitivo anche per l’Italia. Ma serve una visione d’insieme: non possiamo negoziare ogni impianto come un caso a sé”.
Le competenze, sottolinea, restano decisive. “L’Italia ha inventato la fissione con Enrico Fermi e ha università eccellenti. Molti tecnici italiani lavorano oggi in Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Ma oltre a ingegneri e fisici servono anche profili finanziari, esperti di modelli sostenibili come CfD e Rab o di cybersecurity. È un ecosistema di competenze, non una sola specializzazione”. Accenture punta a diventare leader globale nell’applicazione dell’IA alla progettazione, costruzione e gestione di impianti nucleari. “In Italia – aggiunge Torri – stiamo ampliando l’utilizzo dei tool del Mixic, il centro di eccellenza per l’intelligenza artificiale applicata all’ingegneria, e sviluppando soluzioni AI per individuare gli strumenti finanziari più adatti ai nuovi progetti”.
Torri è ottimista sull’Italia: “Abbiamo un patrimonio di competenze straordinario – afferma – L’11% del nostro Pil è legato all’ingegneria impiantistica contro il 4-5% di food e fashion: ingegneri, saldatori, project manager, controllori di costo. È un settore che può tornare trainante se riusciamo a mettere a sistema istituzioni, finanza e imprese. Non per inseguire, ma per primeggiare”. Sullo sfondo, resta la prospettiva più concreta: il primo Smr in Italia entro il 2035. “È un obiettivo realistico – conclude Torri – Abbiamo aziende già protagoniste nelle filiere internazionali, da Enel e Ansaldo a Leonardo, Edison, Walter Tosto e molte Pmi specializzate. Le istituzioni stanno accelerando, ma la vera sfida è la collaborazione. Se ognuno pensa al proprio obiettivo, i tempi si dilatano. Solo con una visione condivisa potremo davvero riportare l’Italia al centro della nuova era dell’energia”.
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