Araghchi da Putin a Mosca, ma non coinvolge il Cremlino nella guerra
Non è andata come sperava il regime teocratico di Teheran: la missione diplomatica iraniana in Russia raccoglie solidarietà e appoggio a “trovare insieme una via d’uscita”, ma la speranza di ottenere un coinvolgimento del Cremlino in propria difesa sembra rimanere lettera morta, a giudicare dai primi esiti ufficiali.
Diverse fonti iraniane sostengono che il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, sia volato oggi a Mosca con in tasca una lettera della Guida suprema, Ali Khamenei, per chiedere al presidente Vladimir Putin un maggiore e diretto impegno a difendere l’Iran. Se è così, le prime dichiarazioni ufficiali del Cremlino sono assai caute e deludenti per l’Iran, al di là di una generica “condanna” dell’attacco americano definito “un’aggressione assolutamente non provocata”.
“Non c’è alcuna base o giustificazione per i bombardamenti statunitensi”, ha detto Putin ad Araghchi esprimendo una solidarietà troppo generica per soddisfare Teheran: “Stiamo cercando di assistere il popolo iraniano”, dice Putin, dopo “l’aggressione assolutamente non provocata contro l’Iran, che non ha alcuna base né giustificazione”. L’approccio è amichevole e ribadisce i legami diretti tra i due Paesi, entrambi membri dei Brics; ma la sostanza non è fatta dei missili S400 che Teheran avrebbe voluto ottenere da Mosca per difendere i suoi cieli, dopo che Mosca ha usato migliaia di droni Shahed iraniani per la guerra in Ucraina prima ricevendoli come fornitura e poi costruendoli in proprio, su licenza, aggiornati.
Araghchi ribadisce il diritto a una “legittima autodifesa” e ringrazia la Russia che “è oggi dalla parte giusta della storia e del diritto internazionale”. Ma la risposta russa, confermando le previsioni, sembra essere un sostegno diplomatico e di mediazione, non di tutela armata: “Sono molto contento che lei sia a Mosca oggi – dice Putin al ministro – questo ci darà l’opportunità di discutere di tutte queste questioni urgenti e di pensare insieme a come uscire dalla situazione odierna”.
In cosa si traduca il lavoro reciproco per uscire dalla crisi resta un argomento riservato. Mosca ha già ribadito di essere pronta ad aiutare Teheran a trovare il modo di tutelare il suo diritto a produrre energia nucleare civile senza che ciò costituisca una minaccia per Israele e una violazione dei trattati. Mosca è pronta a mediare, ma l’aiuto non sembra spingersi dove vorrebbe Teheran: il trattato di cooperazione strategica firmato a gennaio non prevedeva, d’altronde, un intervento in reciproca difesa militare, non c’è nulla di simile all’articolo 5 della Nato per garantire un appoggio militare difensivo al regime degli ayatollah. E quando i giornalisti chiedono al portavoce del Cremlino Dmitry Peskov di chiarire cosa sia pronta a fare la Russia per aiutare Teheran la risposta è sibillina: “Tutto dipende da ciò di cui l’Iran ha bisogno”.
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