Bavaglio ai giornalisti al Pentagono

PHOENIX (ARIZONA) – La crociata dell’amministrazione Trump contro il dissenso travolge pure i giornalisti accreditati al Pentagono: un memorandum pubblicato ieri impone infatti nuove restrizioni alla stampa per non perdere l’accredito a quello che ormai si chiama Dipartimento della Guerra. Basta girare fra gli uffici, tesserino in bella vista e soprattutto divieto di pubblicare informazioni non autorizzate. Un modo per impedire la circolazione di informazioni riservate e soffiate da “gole profonde” dell’amministrazione.

«Non è la stampa a gestire il Pentagono, ma il popolo», ha tuonato il ministro Pete Hegseth su X. «O si seguono le regole o si va a casa». Mike Balsamo, presidente del National Press Club di Washington, ha chiesto al Pentagono di revocarle: «Se le notizie sui militari devono essere approvate dal governo, il pubblico vedrà solo ciò che i funzionari vogliono e questo ci allarma tutti». Ma intanto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ieri ha sparato su altre voci libere. Dopo aver preteso e ottenuto — previo minacce economiche — il licenziamento dei comici Stephen Colbert e Jimmy Kimmel, ieri ha infatti attaccato pure il maestro dei talk show satirici televisivi David Letterman, “colpevole” di aver definito «ridicola» la cacciata dei colleghi durante un colloquio con la rivista The Atlantic: «Non si può licenziare qualcuno perché si ha paura di quel che dice o perché si sta cercando di adulare un’amministrazione criminale autoritaria». Apriti cielo: Trump ha subito messo inserito pure lui, che pure ha lasciato la tv da 10 anni, nella lista dei «sopravvalutati perdenti i cui ascolti non sono mai stati un granché».

Poco dopo è stata la sua portavoce ad alzare ancora più il tiro, attaccando l’ex presidente Barack Obama, che sempre sul caso Kimmel aveva denunciato una «coercizione governativa» esortando le aziende a «non capitolare». «Non c’è stata alcuna pressione», dice lei. Sarà. Ma intanto ieri Trump si è voluto attestare pure le dimissioni del procuratore federale della Virginia Erik Siebert: arrivate invece per non perseguire l’ex direttore dell’Fbi James B. Comey né la procuratrice di New York Letitia James: «Non ci sono prove», ha scritto nella sua lettera. «L’ho licenziato, è un incapace», dice invece The Donald.

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