Che cosa significa “genocidio”? E perché sempre più intellettuali accusano Israele

LONDRA – “Mi spezza il cuore dirlo, ma a Gaza è in corso un genocidio”, ha dichiarato David Grossman nell’intervista di stamani a Repubblica. Il maggiore scrittore israeliano vivente non è l’unico ad affermarlo: “Mi addolora ammetterlo, ma quello di Gaza è un genocidio”, ha detto nei giorni scorsi Gershon Baskin, ex-negoziatore israeliano per la liberazione di un soldato preso in ostaggio da Hamas. “Sono un accademico del genocidio e lo riconosco quando lo vedo”, concorda il professor Omer Bartov, docente di Olocausto e genocidio alla Brown University, una delle più prestigiose università americane, in un articolo sul New York Times che ha suscitato vaste reazioni positive e negative. Accuse simili nei confronti di Israele riecheggiano in molte manifestazioni di protesta in tutto l’Occidente. E poi c’è il processo per genocidio contro Israele in corso presso la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, il tribunale delle Nazioni Unite, mentre in parallelo la Corte Penale Internazionale, un altro tribunale con sede all’Aia, ha incriminato il primo ministro israeliano Netanyahu per crimini di guerra. Ma cos’è esattamente il genocidio? A quali casi è stata applicata in passato questa definizione? Che cosa comporta? Ecco una scheda storica per capirlo.

L’origine del termine

A coniare la parola fu Raphael Lemkin, un giurista polacco di origine ebraica, che nel 1944 vide la necessità di creare un neologismo per descrivere l’Olocausto e i fenomeni analoghi di persecuzione e distruzione di gruppi nazionali e religiosi. Derivato dal greco “ghenos” (razza, stirpe) e dal latino “caedo” (uccidere), il termine significa letteralmente uccidere una stirpe, sterminare una razza umana.

Il processo di Norimberga

Il primo uso pubblico del termine genocidio risale al Tribunale Militare Internazionale, subito dopo la Seconda guerra mondiale, chiamato a giudicare i crimini commessi dalla Germania nazista, in quello che viene ricordato come il “processo di Norimberga”, dal nome della città tedesca in cui si svolse. “Gli imputati hanno condotto un sistematico genocidio, vale a dire lo sterminio di gruppi razziali e nazionali, contro le popolazioni civili di determinati territori, al fine di distruggere razze e gruppi nazionali o religiosi, in particolare gli ebrei”, si legge negli atti del processo. In precedenza, il primo ministro britannico Winston Churchill aveva descritto le azioni commesse dal nazismo come “un crimine senza nome”. Il processo di Norimberga si concluse nel 1946 con la condanna a morte di Goering, Von Ribbentrop, Bormann e altri capi nazisti, oltre che con numerose condanne all’ergastolo.

La definizione dell’Onu

Dopo Norimberga, l’Onu ha approvato la Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Delitto di Genocidio, facendone un crimine da giudicare attraverso speciali tribunali internazionali. Per genocidio, secondo la definizione più recente che ne danno le Nazioni Unite, si intendono “atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.

I primi genocidi

In seguito, vari organismi e studiosi hanno stabilito che il primo genocidio della storia sia stato antecedente ai crimini nazisti della Seconda guerra mondiale: si tratta della persecuzione degli armeni da parte dell’Impero ottomano, avvenuta tra il 1915 e il 1916, con deportazioni e uccisioni di massa che secondo varie stime causarono la morte di un milione e mezzo di persone. Nel 1987 il parlamento europeo ha riconosciuto formalmente il prolungato sterminio degli armeni come un “genocidio”, esortando la Turchia a “fare i conti con il proprio passato”. Nel 2000 il parlamento italiano ha approvato una risoluzione analoga. Numerosi accademici descrivono inoltre come un genocidio la distruzione dei nativi americani da parte dei colonizzatori bianchi negli Stati Uniti nel corso dell’Ottocento, un massacro di massa le cui stime variano da uno a quattro milioni di vittime.

Il genocidio ebraico

L’espressione “genocidio ebraico”, usata anche come sinonimo di Olocausto e Shoah (sterminio, catastrofe, distruzione), è entrata nel dibattito pubblico con il processo ad Adolf Eichmann, uno dei maggiori responsabili della “soluzione finale”, come la chiamava Hitler. Rapito da un commando del Mossad in Argentina, dove era andato a nascondersi sotto falso nome, nel 1961 Eichmann fu trasportato in Israele, processato e condannato a morte per impiccagione: l’unica pena capitale eseguita nell’intera storia dello Stato ebraico. L’Olocausto è stato riconosciuto dagli storici come il più ampio genocidio a livello internazionale: è consistito nell’eliminazione sistematica attraverso le camere a gas, le brutalità nei campi di sterminio e altri metodi, di circa sei milioni di ebrei, pari ai due terzi degli ebrei residenti in tutta Europa prima della Seconda guerra mondiale, portato a termine dalla Germania nazista su ordine di Hitler e dei massimi dirigenti del Terzo Reich.

Dalla Cambogia a Gaza

Ci sono state accuse e definizioni di genocidio più recenti, fra le quali le vittime dei Khmer rossi in Cambogia tra il 1975 e il 1979, che sotto la dittatura comunista di Pol Pot portarono avanti un processo di epurazione ideologica facendo da 800 mila a tre milioni di morti fra esecuzioni e carestie. Si è parlato di genocidio per le guerre nella ex-Jugoslavia, in particolare nella repubblica serba di Bosnia tra il 1992 e il 1996, con campagne di pulizia etnica che uccisero più di 8 mila musulmani bosniaci. Se ne è parlato in Ruanda, nel 1994, quando da centinaia di migliaia a un milione di persone appartenenti alla minoranza etnica tutsi vennero massacrate dalla maggioranza di etnia hutu.

I tribunali internazionali dell’Onu hanno emesso condanne per genocidio o crimini di guerra sia per la pulizia etnica in Bosnia, incriminando fra l’altro l’ex-presidente serbo Milosevic e l’ex-presidente bosniaco Karadzic, sia per i massacri in Ruanda, mentre le epurazioni cambogiane sono state condannate per crimini contro l’umanità. Il concetto di genocidio è stato inoltre chiamato in causa nel corso di conflitti a Timor Est, nel Kosovo, in Sierra Leone, in Etiopia, nel Darfur, nei confronti del popolo curdo, contro l’Isis (il sedicente Stato islamico) per lo sterminio di minoranze religiose durante la guerra civile in Siria, e nell’odierno conflitto in Ucraina, in cui la Russia è stata accusata di crimini di guerra e contro l’umanità per i massacri di civili, gli abusi dei diritti umani, i bombardamenti a tappeto delle città.

Un’accusa postuma di genocidio è stata rivolta nel 2003 da una risoluzione dell’Onu anche all’Urss di Stalin (così come, in precedenza, da vari storici) per la grande carestia deliberatamente orchestrata in Ucraina contro le resistenze alla sua politica di collettivizzazione agricola e più in generale contro i moti indipendentisti ucraini che si erano manifestati durante la guerra civile del 1918-’20 dopo la rivoluzione bolscevica: uno sterminio, passato alla storia con la denominazione di Holodomor (alla lettera “morte per fame”), nel quale persero la vita da tre a cinque milioni di persone. E adesso si parla di genocidio a Gaza, dopo la morte di almeno 60 mila palestinesi, centinaia di migliaia di feriti, centinaia di vittime per denutrizione, accuse di affamare deliberatamente la popolazione, la distruzione di ospedali, scuole, moschee e dell’80 per cento degli edifici della Striscia.

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