Gaza, la denuncia del Pchr: “Atti deliberati per negare il presente e il futuro dei palestinesi”
Milleduecentoventicinque testimonianze raccolte in tutta la Striscia, dal Nord alle macerie di Rafah. I dati inequivocabili che arrivano da agenzie Onu, associazioni, enti e organizzazioni internazionali come Msf, Save the children, World Central Kitchen ancora attive a Gaza. Una conclusione: “Lo Stato di Israele, attraverso le sue istituzioni ufficiali e qualsiasi individuo o entità che agisca sotto la sua direzione, il suo supporto o il suo controllo, ha violato i propri obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio”. È questo il dato che emerge dall’ultimo rapporto del Palestinian Centre for Human Rights, una delle più solide e accreditate ong palestinesi presieduta dal noto avvocato Raji Sourani, che con i suoi legali assiste le vittime di Gaza e i loro familiari nel procedimento presso la Cpi. “Nulla è comparabile con quanto sta succedendo – sottolinea Sourani nell’introduzione – In venti mesi i palestinesi hanno dovuto affrontare atrocità che non hanno precedenti nella storia moderna”.
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Metodo scientifico e criteri giuridici
Non si tratta di un’affermazione generica o basata su impressioni personali. La definizione è scientifica, parte dalla definizione giuridica di “genocidio” e spunta caso per caso gli elementi che a livello internazionale portano all’individuazione del reato. Il risultato è che ci sono tutti.
Dalla distruzione del patrimonio archeologico, artistico e culturale a quella delle infrastrutture strategiche essenziali – scuole, ospedali, ponti, strade – dagli omicidi mirati di civili alla fame usata chirurgicamente come arma, fino alle dichiarazioni pubbliche di esponenti del governo israeliano, come dei massimi vertici militari “si riscontra – si legge nel rapporto – un intento di cancellazione della popolazione di Gaza”. Nel presente e nel futuro.
La maggior parte delle vittime sono civili
Nei venti mesi di offensiva nella Striscia, la maggior parte delle 63mila vittime (il dato è di giugno, dunque da aggiornare) sono civili. Numeri approssimati per difetto che non tengono conto delle migliaia di scomparsi, presumibilmente ancora sotto le macerie o letteralmente polverizzati dalle bombe. “L’Idf ha colpito senza preavviso case e rifugi, in cui hanno trovato riparo migliaia di sfollati, tra cui ospedali, scuole, università, tende e chiese. Persino i punti di distribuzione alimentare, dove palestinesi disperati e affamati si erano radunati nella speranza di ricevere aiuti, sono stati attaccati, provocando vittime di massa e scene di devastazione”, si legge nel rapporto. Nessuna categoria è stata risparmiata: anche giornalisti, medici, paramedici e sanitari, operatori umanitari e personale delle Nazioni Unite sono stati ammazzati mentre lavoravano.
Cancellate intere famiglie e distrutte generazioni
Ma dalle testimonianza emerge un trend “ancora più orribile”, sottolineano dal Pchr. È “il sistematico attacco” a intere famiglie, in particolare bambini e donne, che ha portato alla “completa cancellazione delle linee familiari e alla distruzione di intere generazioni”. Osama Mohammed Ammar ha dovuto disseppellire dalle macerie della loro casa i corpi senza vita della madre, di due fratelli, di una cognata e di cinque nipoti: Malak (17), Osama (15), Sarah (16), Aya (10), Rafeef (8) e Anas (2). “I vicini ci hanno raccontato che l’Idf ha abbattuto la loro casa, sapendo che loro erano dentro. Li si sentiva urlare: “Vergognatevi, noi siamo dentro”. Ma il bulldozer l’ha spianata, poi ci ha scaricato sopra sabbia e sassi. E non si è sentita più nessuna voce”. Mohammed Ahmed Mohammed Anan è l’unico sopravvissuto al massacro di 12 persone, fra cui un disabile, uccise a colpi di arma da fuoco dall’esercito israeliano che ha fatto irruzione nell’edificio in cui avevano trovato rifugio. Ad ogni piano del palazzo ha trovato membri della sua famiglia. Chi non è stato ucciso da un proiettile, ha perso la vita per il colpo sparato da un tank sull’edificio poco dopo. “Fra i sopravvissuti c’era una bambina di nove mesi, ma non ce l’ha fatta”. Neanche i più piccoli, come la tragica agonia di Hind Rajab ha mostrato al mondo, sono stati risparmiati. La sua storia non è un’eccezione.
Bambini nel mirino
Muhammad Adel Barbakh ha visto morire il figlio di tredici anni davanti ai suoi occhi. C’era stato un ordine di evacuazione e lui era uscito di casa tenendo in mano una borsa di farina vuota per usarla come bandiera bianca. “Ho sentito il suono di uno sparo che arrivava da est, dove erano acquartierate le truppe israeliane. Il proiettile lo ha colpito al piede e lui è caduto con la faccia a terra, ha provato ad alzarsi e trascinarsi su gomiti e ginocchia, ma sono arrivati altri due spari. Ho visto con i miei occhi un proiettile colpirlo alla schiena e uno alla nuca”.
Armi vietate e fosforo bianco
E anche quando non si uccide, documenta il Pchr, si colpisce “per infliggere il massimo danno” usando “armi progettate per disperdere ampie schegge e l’impiego di gas al fosforo bianco”. A confermarlo sono anche diversi medici stranieri che hanno lavorato da volontari nella Striscia, secondo cui molte delle amputazioni e delle ferite invalidanti, in particolare tra i bambini, sono il risultato di missili e proiettili pieni di metallo progettato per frammentarsi in minuscoli pezzi difficili da individuare. “Le radiografie – afferma Il dottor Mark Perlmutter, chirurgo ortopedico della Carolina del Nord – mostravano ossa frantumate in corrispondenza di una ferita a foro di spillo su un lato e una sull’altro. Sull’osso sembrava ci fosse passato un trattore”. E non è neanche scontato che tutti i feriti ricevano cure.
Distruzione del sistema sanitario
Metà degli ospedali della Striscia è stato distrutto, solo alcuni sono parzialmente operativi, tutti sono stati colpiti da raid o assaltati e centinaia di medici e paramedici sono stati uccisi o arrestati e portati via. I pochi che siano riusciti a uscire dalle carceri israeliane, denunciano inenarrabili torture. “L’offensiva militare israeliana ha scatenato una catastrofica crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, creando condizioni mortali, in particolare per i malati e i feriti, così come per le donne incinte, i neonati e i bambini. Israele – denunciano dal Pchr – ha ripetutamente ignorato tutti gli avvertimenti delle Nazioni Unite e ha deliberatamente progettato questa situazione catastrofica”.
Madri e neonati trasformati in target
E uno dei target – confermano gli esperti delle Nazioni Unite – sono donne incinte, neomamme e neonati. “Il trattamento – si legge in uno degli ultimi report Onu – continua a essere spaventoso, con il bombardamento diretto degli ospedali e il deliberato diniego di accesso alle strutture sanitarie da parte dei cecchini israeliani, insieme alla mancanza di posti letto e risorse mediche che mettono a rischio inimmaginabile circa 50.000 donne palestinesi incinte e 20.000 neonati. Oltre 183 donne al giorno partoriscono senza antidolorifici, mentre centinaia di bambini muoiono a causa della mancanza di elettricità per alimentare le incubatrici”. A Gaza oggi di parto si muore, gli aborti spontanei sono aumentati del 300 per cento, così come i casi di bambini nati morti e parti prematuri.
Aumento di malformazioni, aborti e morti in culla
L’esposizione a sostanze pericolose,come il fosforo bianco, “ha contribuito a un aumento di malformazioni alla nascita e in alcuni casi, i medici sono stati costretti a eseguire isterectomie non necessarie a causa della mancanza di risorse, privando le donne della possibilità di avere figli in futuro”. Anche la mortalità neonatale è aumentata, con molti bambini che si spengono per cause prevenibili come malnutrizione, ipotermia e diarrea, a causa della mancanza di cibo, attrezzature mediche ed elettricità per alimentare le incubatrici. Alcuni neonati – emerge dal rapporto – sono stati persino lasciati morire intenzionalmente dalle forze israeliane negli ospedali assediati. Non è un caso, ma una deliberata politica espressione anche del cosiddetto “incubo demografico” di cui da tempo si discute in Israele, che vede anche nel semplice aumento della popolazione palestinese una minaccia alla propria sicurezza.
“Condizioni di vita mirate alla distruzione del popolo palestinese”
Sono questi solo alcuni degli esempi riportati nel dettagliato rapporto del Palestinian centre for human rights. In sintesi, si spiega nel rapporto, Israele ha creato “condizioni di vita mirate alla distruzione fisica del gruppo palestinese a Gaza”, con individui e comunità deliberatamente costretti a vivere in condizioni insicure e insalubri, a sperimentare la perdita dei propri cari, delle loro case e città, le difficoltà dello sfollamento, la costante ansia di vivere sotto assedio, occupazione e attacco, nonché la continua privazione, tra cui la fame e la cronica carenza di beni di prima necessità. Una situazione che avrà conseguenze catastrofiche a lungo termine. “Questa immensa sofferenza fisica e psicologica – mette nero su bianco il Pchr – ostacolerà la capacità della popolazione palestinese di riprendersi e ricostruirsi a lungo termine, ed è stata quindi di natura così grave da contribuire o tendere a contribuire alla distruzione di tutto o parte del gruppo palestinese”.
Danno deliberato e provocato con consapevolezza
Non si tratta di un esito imprevedibile, né qualcosa di non immaginabile. Per il Pchr “il danno causato ai civili di Gaza dalle azioni israeliane è stato deliberato, eseguito con piena consapevolezza del suo impatto devastante. L’uso da parte di Israele di armi progettate per causare danni significativi ai civili e il suo persistente disprezzo per i ripetuti ordini della Corte Internazionale di Giustizia, insieme agli avvertimenti delle Nazioni Unite e di altri organismi internazionali, dimostrano l’intenzione di continuare a infliggere danni ai civili”. Internazionali e permanenti.
Violati tutti gli articoli della Convenzione contro il genocidio
Per il Pchr sono tutte prove che Israele sta commettendo un genocidio. Per quindici mesi ha palesemente violato gli articoli della Convenzione che vietano di uccidere, causare gravi danni fisici o mentali, infliggere deliberatamente ai palestinesi di Gaza condizioni di vita volte a provocare la loro distruzione fisica, totale o parziale, e impedire le nascite. “Questi atti sono stati commessi con l’intento specifico di distruggere i palestinesi di Gaza, in quanto tali”, affermano dall’ong. E dopo la violazione unilaterale del cessate il fuoco da parte di Tel Aviv, sono stati anche negato o limitato l’ingresso di rifornimenti essenziali nella Striscia. “Questo palese disprezzo per la vita dei palestinesi dimostra la continua intenzione di Israele di distruggere la popolazione palestinese a Gaza attraverso una combinazione di violenza militare, privazioni e negazione dei diritti fondamentali”. E sono conclusioni che verranno formalizzate nelle sedi giuridiche competenti.
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