Greta Thunberg lascia il direttivo della Flotilla ma continua nella missione. Barche verso Gaza
Ritardi, false partenze, intoppi burocratici e resistenze amministrative. Dopo giorni di attesa, mentre Gaza City viene progressivamente invasa dall’esercito israeliano e un fiume di persone cerca disperatamente di sottrarsi a bombe e raid, la Global Sumud Flotilla è finalmente riuscita a lasciare i porti tunisini per fare rotta verso il Mediterraneo centrale. Nel giro di un giorno o poco più dovrebbe riunirsi con la delegazione italiana, dopo la partenza da Augusta rimasta a Porto Palo in attesa delle altre navi.
La delegazione salpata da Barcellona e rimasta per più di dieci giorni impantanata fra Sidi Bou Said e Bizerte, anche a causa delle due granate incendiarie sganciate su due diverse barche da droni non identificati, arriva in parte modificata in numeri e assetti. Per questioni di sicurezza, alcuni membri dell’equipaggio hanno dovuto rinunciare alla missione, alcune barche si sono dimostrate troppo fragili per la traversata e anche il direttivo è parzialmente cambiato.
Stress, attacchi e dibattiti, ma la missione prosegue
L’ecoattivista svedese Greta Thunberg ha deciso di rinunciare al proprio ruolo nell’ambito della missione, pur rimanendo nel comitato organizzativo e a bordo delle barche che puntano a raggiungere Gaza. Alla base, differenze sulla comunicazione, secondo alcuni così incentrata sulla Flotilla stessa da finire per distogliere l’attenzione da quanto avvenga nella Striscia.
In realtà, commentano alcuni, la spiegazione è più semplice: quella della Global Sumud Flotilla non è certo una crociera, da quasi venti giorni ci si divide fra la consapevolezza di un possibile attacco e l’urgenza di fare presto perché la situazione a Gaza diventa di giorno in giorno peggiore. E poi, le minacce all’incolumità della flotilla sono concrete, suggeriscono, “sono parte della strategia israeliana di assedio alla Striscia e della complicità internazionale che la permette”.
Venti aerei israeliani hanno monitorato le barche italiane
A dimostrarlo c’è un dossier messo insieme dagli attivisti, che dimostra con tanto di tracciati un’inusuale iperattività di una ventina di aerei israeliani, in volo sulla Sicilia orientale proprio nelle settimane in cui lì si armavano le barche dirette a Gaza. Alcuni dei velivoli, atterrati a Sigonella, sono specializzati nel trasporto droni, uno è esattamente identico a quello atterrato a Malta a maggio poco prima che venisse colpita la Conscience. “Non sono chiari gli obiettivi di queste operazioni. E soprattutto non è chiaro da dove partono gli ordini – segnala il deputato Pd Arturo Scotto, a bordo di una delle imbarcazioni dirette a Gaza – Trasparenza vorrebbe che il ministero della Difesa spiegasse qualcosa. Ma non siamo certi che accadrà”. Previsione azzeccata.
I tentativi di infiltrazione dei libici. “Non sono dei nostri”
E poi c’è il problema delle “infiltrazioni”. La Global Sumud Flotilla ha destato entusiasmi in tutto il mondo, in tanti – più di 36mila, hanno spiegato alla partenza gli organizzatori – hanno chiesto di salire a bordo. Alcuni gruppi, estranei al movimento e ai comitati che hanno organizzato la missione, hanno provato a unirsi, senza alcun invito, con proprie barche e equipaggi. L’ultima in ordine di tempo è la Omar al Mukhtar, barca libica con a bordo Omar Al-Hassi, l’ex autoproclamato primo ministro del “governo di liberazione nazionale” sponsorizzato da islamisti e milizie di Misurata. Una presenza ingombrante e sgradita tanto da meritarsi un disconoscimento con tanto di nota ufficiale della Global Sumud Flotilla. “Partiamo non solo carichi di aiuti umanitari ma anche di una visione: un Mediterraneo in cui a nessuno è vietato il diritto a migrare, tornare e vivere dignitosamente”.
Nella Flotilla 40 barche e codice di condotta basato su solidarietà e non violenza
Il perimetro della missione viene stabilito con precisione: al momento si tratta di 40 barche partite o in partenza da Spagna, Tunisia e Italia, altre si aggiungeranno dalla Grecia e qualche ritardatario potrebbe arrivare da Bizerte, sono tutte identificate e identificabili sul tracker pubblico – incluse quelle di supporto legale e sanitario. “Tutti i nostri equipaggi hanno aderito ad un codice di condotta basato su non violenza, solidarietà con la popolazione palestinese e difesa di sfollati e rifugiati in ogni parte del mondo. Ai palestinesi viene negata la libertà di movimento e sono continuamente costretti a lasciare le loro case e noi rifiutiamo un mondo in cui terra e mare diventino un luogo di deprivazione e morte”.
“Il mare deve essere spazio di libertà e diritti, non una fossa comune”
Un riferimento per nulla velato al ruolo delle milizie nel business del traffico di esseri umani che da anni fiorisce sulle strategie di cosiddetto contenimento delle partenze. “Vogliamo che il Mediterraneo sia uno spazio di giustizia e opportunità per tutti. Il mare non può essere una fossa comune per le persone in movimento, ma uno spazio in cui libertà di spostarsi e accesso umanitario siano difesi e dove i diritti di rifugiati e palestinesi siano protetti”.
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