Israele all’attacco su Marah: “Leucemia, non fame”. I medici di Pisa: è falso
PISA – Da cinque mesi Marah poteva mangiare ogni giorno solo tè e qualche biscotto. Abbiamo perso tutto. La nostra casa distrutta. La mia famiglia vive in una tenda davanti al mare». È un racconto di silenzi e patimento quello che Nibila, la madre di Marah Abu Zuri, la ragazza palestinese di 19 anni morta giovedì a Pisa, ha fatto in questi giorni a chi l’ha incontrata.
Assieme alla figlia era arrivata mercoledì sera con un volo umanitario del governo italiano dalla Striscia di Gaza, sperando di trovare in Italia cure e sostegno. Ma le condizioni della ragazza erano ormai irreversibili. E adesso sul decesso adesso scoppia il caso, la corsa a dare letture — e verità — differenti. «Soffriva di leucemia» afferma il Cogat, l’ente israeliano per il coordinamento delle questioni umanitarie nella Striscia, nonché unità del ministero della Difesa.
La leucemia acuta era effettivamente un’ipotesi dei medici di Gaza quando l’hanno visitata, tanto da indicare in una breve diagnosi del 9 agosto valori del sangue potenzialmente in linea con il cancro. Ma non ci sarebbe mai stata certezza. E anzi in Italia i referti hanno dato esito negativo. «Le analisi che abbiamo svolto fino ad ora hanno escluso la leucemia, ma non sono state rilevate neppure altre cause» ha spiegato Sara Galimberti, direttrice dell’Unità operativa di ematologia dell’Aou Pisana che aveva in cura la giovane. Non si sa se Marah avesse un’altra malattia. Per scoprirlo servirebbe l’autopsia, che però la madre ha chiesto di non svolgere per motivi religiosi. La ragazza aveva però un «profondo deperimento organico», ha spiegato l’azienda sanitaria. Una fragilità che quantomeno «potrebbe essere stata concausa del decesso» ha detto Galimberti.
Secondo la madre, Marah era sempre stata bene prima della guerra. Poi ha perso circa venti chili in pochi mesi, arrivando a pesare attorno ai 35. «Frequentava l’ultimo anno di liceo classico. La sua scuola è stata distrutta e ha dovuto smettere. Era una ragazza solare che viveva alla giornata. Sognava una vita libera. La guerra distrugge tutti i sogni» ha raccontato Nabila in questi giorni. Marah era la sua figlia più piccola. Il padre, le sei sorelle e il fratello «sono ancora accampati sulla Striscia. Siamo partiti perché lei era quella in condizioni più gravi. In Italia speravo di salvarla. Abbiamo dovuto camminare per giorni, da mattina a sera». Dopo che Marah sarà seppellita, «voglio tornare dalla mia famiglia e riabbracciarli» ha detto Nabila. Il padre gestiva un distributore di benzina, la madre un negozio di vestiti. Poi tutto è stato raso al suolo.
Il Cogat scrive su X: «Le autorità italiane contattarono Israele chiedendo l’evacuazione di Marah a causa della sua malattia, e Israele acconsentì. L’evacuazione sarebbe potuta avvenire prima, poiché Israele aveva proposto diverse possibili date per il trasferimento». Poi l’ente si difende e accusa: «Israele facilita il trasferimento medico dei pazienti, con particolare attenzione ai bambini, e incoraggia i Paesi di tutto il mondo a presentare richieste di questo tipo». Ma la storia di Marah racconta una realtà diversa.
Il Comune di San Giuliano Terme, vicino Pisa, si è offerto di ospitare in un proprio cimitero il corpo della diciannovenne. La madre ha chiesto di poter trovare un’area dedicata alla fede musulmana, dove possano essere seppellite in futuro altre persone, «così che mia figlia non sia sola». Il sindaco Matteo Cecchelli, oltre ad aver individuato lo spazio e accolto la madre di Marah, spiega: «Organizzeremo anche un presidio per la pace, perché la sua memoria non sia solo dolore, ma anche impegno». Poi aggiunge: «Marah è una delle migliaia di ragazze e bambini palestinesi che ogni giorno muoiono a Gaza, nel silenzio assordante del mondo. Solo numeri, spesso senza un nome, senza una storia. Questa volta, però, un nome c’è».
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